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Venti corpi nella neve

Non so come sono finito qui, seduto sull’asfalto caldo.
La strada punta dritta verso il sole basso sull’orizzonte. L’auto dei miei genitori è schiantata contro il pilone del cartello del mare. Non ci sono più i finestrini. Non c’è più il parabrezza. Gli sportelli sono spalancati e pieni di buchi.
Un braccio esce dal lato destro. Un filo di sangue scende dalla mano e forma una pozza sulla linea bianca. Appartiene a mia madre. Mio padre è accasciato addosso a lei. È stato il primo a morire, credo. Fino a un certo punto, ricordo tutto. Mia madre che dice che, una volta arrivati, avrebbe cucinato qualcosa di speciale per ricompensarci della levataccia. Mio padre che ribatte che partire prima dell’alba era l’unico modo per trovare poco traffico, poi fissa lo specchietto retrovisore.
Un rombo sempre più vicino. Una moto. Mio padre che commenta: «Quei due pazzi si ammazzeranno se continuano ad andare così forte.»
Mamma che scuote la testa. «Smettila di fare il poliziotto. Siamo in vacanza» dice, poi si gira verso di me e mi strizza l’occhio.
È stata l’ultima volta che ho visto la vita nel suo sguardo.
La moto ci ha superato. Nera come i giubbotti di quelli che ci stavano sopra. Nera come i loro caschi. Nera come qualcosa che uno dei due – quello dietro – teneva in mano. Un mitra.
Ha cominciato a sparare.
La testa di papà è esplosa assieme al parabrezza. La mamma si è piegata in avanti. Mi è piovuto addosso di tutto. Sangue. Vetro. Ho urlato. Mi sono rannicchiato. Ho cercato di scomparire.
Siamo andati a sbattere. Il mondo è scomparso. Credo di essere svenuto. Quando ho riaperto gli occhi c’era silenzio. Assurdo, dopo il rumore dei colpi.
Mi sono alzato e ho visto.
Il sole riempiva lo spazio lasciato dal parabrezza. La mamma aveva gli occhi aperti. Perdeva sangue da un buco nella testa e da tanti altri nel petto. Papà non riuscivo a riconoscerlo. Al posto della sua faccia c’era un ammasso informe.
Mi sono sporto tra i sedili e li ho abbracciati. Volevo trattenere il loro calore. Avevano un odore normale, vivo. Anche se ce n’erano altri. Amaro quello degli spari, dolce quello del sangue.
Poi ho sentito un odore diverso, vegetale, malato. Come se ci fossero dei fiori marci intorno a me. Mi sembrava di essere nel cimitero dove sono sepolti i nonni. D’istinto, ho cercato i fiori. Non li ho visti, ma l’odore è diventato sempre più forte.
Non so cosa sia successo, dopo. Le braccia. Le gambe. La pancia. La faccia. Dolori dappertutto. Mi sono messo a tremare. Poi si è spenta la luce. È stato come se qualcuno svuotasse la mia testa, me la portasse via. E al suo posto ci mettesse qualcos’altro.

Venti corpi nella neve, Giuliano Pasini, TimeCrime, p. 333 (7,70 euro)

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Chiara Beretta Mazzotta

8 comments

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Agnese 23/01/2012 at 13:26

Oddio… ma è autobiografico?
Mi accenni la trama?
Mi è venuta la pelle d’oca Chiara!

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Chiara Beretta Mazzotta 23/01/2012 at 13:38

Ciao, Agnese, se clicchi “play” puoi sentire la recensione. A presto!

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Tina 25/01/2012 at 18:32

Davvero bravo Pasini, uno dei trenta, come le avevo detto, complimenti è la prima volta che leggo il suo blog. Tina

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Chiara Beretta Mazzotta 26/01/2012 at 19:03

Ben arrivata, Tina! E, spero, a presto. Chiara

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Martina 26/01/2012 at 10:30

Ciao Chiara, sto leggendo «Venti corpi nella neve», e devo dire che mi piace davvero. Ben scritto, personaggi e ambiente ben trattaggiati, avvincente quanto basta. Pasini mi sembra un autore da tenere d’occhio. Grazie per la segnalazione!
un abbraccio
Martina

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Chiara Beretta Mazzotta 26/01/2012 at 19:02

Ciao, Martina, sono felice ti piaccia. Anche per me è un ottimo esordio.

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Anonimo 13/07/2013 at 13:30

Ciao Chiara…. Vada subito a comprarlooooooo

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Chiara Beretta Mazzotta 15/07/2013 at 10:17

Ne vale la pena! 😉

Chiara

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