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Incipit

La colpa

blankMatite: rossa, gialla, verde, blu, viola. Matita nera. Greta afferra la prima e graffia sopra un Fabriano ruvido un arco insanguinato. Poi, in successione, usa le altre tracciando archi su archi, appiccicati, ammassati. Greta fissa l’arcobaleno sul foglio.
È il turno della matita nera, ora. Le manine premono la sua punta sul Fabriano spingendola avanti e indietro, sbriciolandola. Il nero mangia il bianco, linee spesse e grasse, sotto l’arcobaleno.
Greta si ferma, osserva. E nota che qualcosa manca, qualcosa di molto, molto importante. Qualcosa che solo la matita nera può mostrare. In basso a destra, sotto le linee spesse e grasse, la matita nera traccia due cerchi, e sotto uno più grande. In quello più grande disegna due macchioline nere: occhi. Sotto gli occhi un triangolo nero: naso. Dal naso linee nere: baffi. Sotto il cerchio grande, Greta ne traccia uno più ampio definendo il corpo, e in fondo al corpo stilizza una coda. Nera. Il risultato è un topo nascosto nel buio, muto.
Sopra il topo, sopra l’arcobaleno, sopra tutto il micromondo, c’è solo un cielo bianco, secco, ruvido. Un bianco che paralizza il cervello e lo risucchia. Un bianco cannibale in cui è irresistibile perdersi.
«Greta!».
È la voce strozzata di nonno. La strappa al bianco. Greta abbandona la matita sul tavolo e scende le scale.
Scricchiolano. Nonno non le sistema mai, la colpa è della schiena. Brucia, dice.
Sul tavolo, nonno dispone due piatti, due piatti per due persone. Il profumo di vitello è solido, copre le cose e s’aggrappa ai tessuti. Nonno sa cucinare, ha imparato da nonna.
«Siediti, Greta».
Greta si siede. Nonno riempie i piatti e li fa fumare, poi si siede a sua volta di fronte alla nipote.
«Buon appetito».
«Buon appetito».
Silenzio.
«Hai fatto i compiti?»
«Sì, nonno».
«Brava».
Nel silenzio che segue, Greta pensa al topo. Pensa che sul Fabriano ruvido, ora, ride. 

2
Davanti al bar Nizzi, gli ultimi giorni di scuola sono sempre così: un assembramento infernale di motorinitruccati e un far casino per niente, per il branco e la gloria. Ai vecchi è toccato retrocedere sotto il dehor, al riparo dalla perturbante gioventù e dall’asfalto cocente, mentre attendono fiduciosi la morte dell’estate, la riapertura delle scuole, e che tutto torni, per otto mesi almeno o quelli che deciderà il Signore, quieto e silente. Nel frattempo, l’abitudine aiuta, pertanto distribuiscono le carte confidando nell’asso di briscola.
Ma alla perturbante gioventù l’abitudine non piace. Tantomeno l’indifferenza. Così, senza ragioni apparenti, prende a dar gas ai motorini fermi sui cavalletti. I vecchi, caparbiamente, mantengono la concentrazione sulle carte. Martino, diciott’anni asciutti e nevrili, li guarda con malcelato ribrezzo. Ha occhi da bestia braccata e ferita, Martino. E si è già rotto i coglioni di sentir cianciare Fabio e quello smilzo di Sergio sullo stile Serve & Volley di Pete Sampras. Ok, magari vincerà il torneo di Wimbledon. Ma chissenefrega.
Martino butta via la cicca della quinta Marlboro rossa fumata nell’ultima mezz’ora. Il culo, appiccicato alla sua Vespa bianca, suda. Si è rotto dei vecchi, degli amici, di ammazzare il tempo, ma soprattutto non si scorda che nella sua vita, adesso, ci sono cose più importanti.
«Dove cazzo è Estefan?».
Un vecchio bofonchia qualcosa.
«Problemi, nonno?», latra Martino al vecchio che non è suo nonno.
Il vecchio ritorna muto: una statua d’ossa con le carte in mano.
Fabio, intanto, scatta in piedi abbandonando la sella del suo Phantom, l’indice puntato contro una Ford Puma grigia da cui viene pompata a tutto volume Tommy Gun dei Clash. «C’è Gianni».
È a questo punto che Martino alza il culo dalla Vespa bianca. Ed è a questo punto che, mentre gli sale in corpo un sangue rettile che puzza di tempesta, Martino smette di sudare. Fabio e Sergio si guardano per un istante e abbassano gli occhi: loro sanno quello che Gianni ancora non sa.
La Ford Puma grigia accosta, Gianni non ha un capello fuori posto, profuma di pulito, ha la maglietta dei Clash stirata, i jeans Levi’s 501 acquistati intonsi e lacerati di fresco e i Ranger neri con la punta scassata a forza di calciare contro il muro del garage; perché la punta nuova non fa vissuto. Sorride. E spara la sua voce in stile dolby surround 5.1.

La colpa, Lorenza Ghinelli, Newton Compton, p. 241 (9,90 euro)

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7 comments

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Daniela 16/06/2012 at 12:33

Sai Chiara che mi ispira molto? Lo comprerò…mi sa che li comprerò tutti e 5 ma aspetto di leggere i tuoi articoli prima.

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Chiara Beretta Mazzotta 18/06/2012 at 10:46

Poi sappimi dire, Daniela. Alla prossima!

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Tales Teller 16/06/2012 at 12:52

Mi piace questo stile descrittivo, non propriamente il mio genere ma è efficace e molto evocativo.

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Chiara Beretta Mazzotta 18/06/2012 at 10:49

Se ti capita di leggerla, son curiosa di sapere cosa ne pensi.

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Tales Teller 19/06/2012 at 03:19

Ho una bella pila di libercoli in lista, ma mi sono preso nota del titolo e se nel vagare per librerie me lo trovassi davanti … al destino non si comanda.

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Aldo Costa 16/06/2012 at 15:53

9,90. ma come fanno?

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Chiara Beretta Mazzotta 18/06/2012 at 10:46

Eh lo so. Ma al momento pare una tattica vincente…

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