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6.41 – Jean Philippe Blondel

E riecco il nostro Aldo Costa recensore atipico che, stavolta, treno, ascolta i pensieri di due passeggeri i treno…

Jean Philippe Blondel è il capotreno e ci assegna un posto esattamente dietro la nuca dei due protagonisti, seduti uno di fianco all’altro, di modo che ne possiamo sentire tutti i pensieri durante il breve viaggio verso la Gare de l’Est, a Parigi.
Non so voi, ma se mi invitano a essere voyeur, io non mi tiro indietro. Per cui scopro presto che i due – che ora fingono di non conoscersi – 27 anni fa stavano insieme.

Però, poche frasi dell’uno e dell’altra e viene voglia di tirar giù il trolley dal portabagagli e scendere alla prima fermata, perché i pensieri dei due non funzionano: le persone vere non parlano in quel modo e non pensano nemmeno così! È come se voi pensaste: “Oh, ieri ho acceso la tv e ho sentito Renzi che prometteva 80 euro a tutti meno che a me, che rabbia! poi sono uscito, non prima di essermi lavato i denti e aver passato il filo”. Voi pensate così? Io no. Nemmeno mi ricordo cosa ha detto ieri Renzi perché non gli do retta.
Cecile e Philippe, invece, poiché sanno che li ascoltiamo, si esprimono in modo da informarci sugli eventi del passato. E’ lo scopo del libro, naturalmente ma, caro capotreno, c’è modo e modo di farci sapere le cose. Perché non hai tentato una strada un po’ meno diretta?

Resisto alla tentazione di tirare il freno di emergenza perché tutto sommato il viaggio è breve, appena 82 pagine di Kobo. Di più non ne sopporterei, anche perché siamo in seconda classe e ci dobbiamo accontentare del servizio che ci danno. Per esempio, nessuno si sogna di avvertirci quando finisce il pensiero di lei e inizia quello di lui e viceversa. Bisogna arrivarci da soli, facendo attenzione al contesto e agli aggettivi utilizzati al maschile o al femminile. Dei pensieri di seconda classe abbiamo già detto, ma lo spessore morale dei personaggi equivale a quello di un merci. Lui si è comportato da vera merda in passato e lei (giustamente) non glielo ha perdonato. Una storia così torbida da risultare verosimile e che in fondo riscatta libro e scomodità dei sedili, perché restituisce un frammento di umanità autentica, malgrado gli sforzi dell’autore per raccontarla male.

Siamo di fronte a due persone reali, squallidamente credibili, nelle quali, se ci si sofferma troppo, si rischia di trovare un po’ di se stessi.

Se potete, vi consiglio di prendere il treno successivo. Se proprio capitate su quello delle 6.41, almeno cercate di non pagare il biglietto, perché 9,99 euro per un viaggio da Santhià a Milano così come per un ebook lungo 82 pagine sono un vero furto.

6.41, Jean Philippe Blondel, traduzione di Fabio Montrasi, Einaudi, p. 131, ebook

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4 comments

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sandra 29/10/2014 at 09:37

Il rincaro dei treni in effetti è roba nota. Ciao Aldo, ti auguro un sacco di viaggi migliori di questo. Immaginami sventagliare il fazzoletto dal finestrino.

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tuqiri73 29/10/2014 at 09:54

Aldo scrive benissimo e mi fa scompisciare dalle risate! Bravo. E lo dico mentre sono qui, che sto per andare al lavoro, appena dopo aver mangiato fette biscottate con marmellata di albicocca. che bello, domani aprirò quella ai miritlli.
bè, che c’è, ho forse scritto qualcosa che non interessa?! ;-))))
Tomas

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Chiara Beretta Mazzotta 29/10/2014 at 10:20

No, no, no, io salvo sempre i commenti alimentar-gastronomici! Il cibo mi interessa sempre 😉

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tuqiri73 29/10/2014 at 10:33

eheheheh anche a me!
Però non è giusto, quando penso di aver scritto un racconto senza fronzoli, ai corsi di scrittura me ne tagliano metà; quando scrivo apposta un qualcosa che penso sia insulso, mi dici che ti interessa! :-/
Lascio perdere la scrittura e mi do alla caccia al tartufo col porcello, per rimanere in tema.
Tomas

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