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Sharon Tate
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Tutta colpa di un rifiuto

L’8 e il 9 agosto del 1969 Charles Manson insieme con quattro membri della sua “famiglia” uccide sei persone, tra cui l’attrice Sharon Tate, la giovane moglie di Roman Polanski.

Lei ha 26 anni, è bellissima ed è incinta di otto mesi. Non è sola in casa. Con lei ci sono Jay Sebring, il suo parrucchiere, Omicidio Sharon TateWojciech Frykowski, un aspirante scrittore e la sua fidanzata, Abigail Folger (la figlia dell’imprenditore del caffè Folgers).

È quasi mezzanotte dell’8 agosto del 1969, quando Charles Watson, Susan Atkins, Patricia Krenwinkel e Linda Kasabian si avvicinano alla villa, al 10050 di Cielo Drive, nella zona nord di Beverly Hills. Oltre ai 13 metri di filo di nylon, sono armati di coltelli e hanno una pistola, una revolver calibro 22.
Watson taglia i cavi del telefono, poi scavalca la recinzione insieme con la Atkins e laLa-strage-di-Cielo-Drive-1969 Sharon Tate Krenwinkel. Linda Kasabian rimane fuori, di guardia. Sul vialetto i tre si imbattono in Steven Parent, è un pessimo giorno per fare il venditore porta a porta: Watson gli spara, quattro volte, uccidendolo.

Dentro la casa dormono tutti. Watson toglie un vetro dalla finestra e i tre entrano in casa. Gli occupanti vengono svegliati,  trascinati in soggiorno e legati. Il primo a morire è Sebring, seguito da Frykowski e dalla fidanzata. L’ultima uccisa, con sedici colpi di coltello è lei: Sharon Tate, attrice e moglie di Roman Polanski.

Gli assassini hanno avuto l’ordine di uccidere “crudelmente” e così fanno. La notte successiva, il gruppo insieme con il loro capo, Charles Manson, aggredisce e uccide un’altra coppia: l’imprenditore Leno LaBianca e sua moglie Rosemary nella loro casa di Los Angeles.

charles_mansonLe indagini porteranno presto la polizia a collegare i due delitti, ad accusare per omicidio di primo grado i colpevoli, ad arrestarli (Manson in realtà è già in carcere al momento della sentenza) e condannarli a morte nel marzo 1971. La pena verrà però commutata in ergastolo perché, nel 1972, la Corte Suprema della California abolirà la pena di morte.
Una storia che molti conoscono ma il movente? Perché quel folle di Manson avrebbe ordinato ai suoi adepti un tale massacro? Le ipotesi si sono sprecate. Alcuni, sbagliando, pensano che la vicenda sia legata al film che Polanski ha appena finito di girare, Rosemary’s Baby (la storia di un uomo che vende l’anima la diavolo per il successo e la moglie scopre di aver messo al mondo il figlio del demonio). E non sono mancate pure le illazioni: la povera Tate viene definita “regina delle orge di Hollywood” o “dilettante di arti sataniche” ma il satanismo qui non c’entra.

La villa in cui vivono Tate e Roman è di proprietà di Terry Melcher, il figlio di Doris Day. Lui è un artista e produttore musicale ed è proprio lui che si è interessato ad alcuni brani che poi ha deciso di rifiutare, facendo saltare una scrittura per la Columbia Productions. Indovinate un po’ chi è il compositore scartato? Esatto, il giovane Manson. Insomma, sarebbe tutta colpa di un rifiuto e dell’ossessione di diventare musicista e dell’odio per tutti quelli che, invece, ce l’avrebbero fatta.

Di diabolico qui c’è solo il destino. Per il povero Steven Parent di sicuro è stato così. Il giovane venditore della JonasSteven Parent Miller Stereo (il suo secondo lavoro, quello serale, ché di giorno lavora per la ditta di consegne Valley City Plumbing Company) si trova nella villa per vendere un orologio a William Garretson, il custode della villa. E si trova lì perché tempo prima ha dato un passaggio a Garretson e questi lo ha invitato a fermarsi per una birra, in caso gli fosse capitato di passare dalle parti di Cielo Drive. Un pessimo tempismo non c’è che dire.

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“Bella, simpatica e ho il sospetto che sia persino intelligente” così parlava di lei Vittorio Gassman suo partner in Una su tredici. Se vi interessa conoscere la vita, la carriera e le amicizie illustri di Sharon Tate, a giugno del 2014  è uscita la biografia scritta da Debra Tate, la sorella dell’attrice con prefazione di Roman Polanski: si intitola Sharon Tate: Recollection (non è stata tradotta in Italia) ed è pubblicata da Running Pr (qui trovate l’ebook).

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10 comments

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Aldo Costa 05/02/2015 at 17:47

Sai Chiara, che questa che per te è una storia, per me che ho più primavere di te è un ricordo? Ricordo vagamente la notizia, ma non conoscevo i dettagli e proprio non rammentavo che ci fosse stato un replay la notte successiva.

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Chiara Beretta Mazzotta 05/02/2015 at 17:57

A me era stata raccontata nella versione di Manson satanista ossessionato dal film. Ho pure scoperto che Manson era amico di Dennis Carl Wilson, il batterista dei Beach Boys che lo ha aiutato a registrare dei pezzi e gli ha presentato Terry Melcher (il proprietario della casa degli orrori). E, nell’album 20/20, la canzone “Never Learn Not To Love” è in realtà di Manson (in origine si chiamava “Cease To Exist”). Il buon Dennis se ne è appropriato senza dare un nichelino a Charlie.

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Marco Amato 05/02/2015 at 18:53

Quindi ieri la voce del verbo fare, oggi tutta colpa di un rifiuto… Seguendo la linea rossa psicologica dei post si evince che chi prima l’aspirante (vedendo il successo di chi spicca il Volo) si impegna a fare, poi viene rifiutato… e a quel punto a chi tocca tocca… caspiterina che stragi nel mondo dell’editoria… Si potrebbe suggerire a Tarantino questo settore per ambientare la prossima carneficina… 😉

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Chiara Beretta Mazzotta 05/02/2015 at 18:58

Diabolico, e parlo di te! Ma in effetti in questi giorni sto ragionando (eh, lo so, son dolori) sul successo, sul talento, sulle aspirazioni… il post è nato per caso però. Stavo cercando delle foto di attrici ed è saltata fiori lei. Non (ri)conoscendola ho approfondito. Ed ecco qui…
Però le carneficine avvengono tutti i giorni. Alcune silenziose, altre meno 😉

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Marco Amato 05/02/2015 at 19:23

Ahah diabolico io… che sembro un angelo… l’ultima cosa più violenta che ho fatto è stato far morire la mia protagonista e mentre pigiavo i tasti piangevo pure… ahah. Per scrivere un thriller avrei bisogno di supporto psicologico. 🙂

Però questo filotto di post è stimolante. Quello sul talento lo aspetto. Ieri stavo commentando sul verbo fare, ma mi son accorto che m’ero buttato a parlare del talento dello scrittore… In questo periodo sul senso del talento ci ragiono un po’. Alla fine ero così fuori tema che ho rinunciato a ticchettare e mi son messo a… fare.

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Chiara Beretta Mazzotta 05/02/2015 at 19:33

Ottima chiusa! Era il succo del post, in effetti.
E per il talento: non è facile definire, proprio no. Vediamo quale sarà la notizia che mi ispirerà!
E per la tua vena diabolica: tocca nutrirla, i narratori cattivi con i propri personaggi son quelli che amo di più 😉

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Marco Amato 05/02/2015 at 22:00

Narratori cattivi…
Eh lo so, lo so, hai ragione. Però a me piace molto essere autoironico. Nella mia personalissima teoria del romanzo, termini come cattiveria, irriverenza, arroganza, irrazionalità, disperazione e graffi di vita, fanno parte dei personaggi. A volte bisogna precipitare nell’anima oscura, per poter riemergere (non belli e lindi) ma consapevoli, rotti e ammaccati, paurosamente vivi.
Ma tutto con moderazione, ironia e qualche risata. 🙂

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sandraellery 05/02/2015 at 20:01

Riassumendo i due post: ho appena ricevuto un rifiuto, ma di quelli belli, tempo di attesa meno di una settimana, ben motivato, dei signori via. (Sempre perché la storia di un’editoria migliore è possibile e già esiste, basta trovarla, fosse facile) potrei fare una strage, invece il verbo è “fare” senza strage. Mi sono data da fare e ho inviato il testo altrove. Certo Sharon Tate era super bella. Hai notato? 2 Sharon nella stessa settimana.
Dobbiamo tenerlo presente come nome da gnocca.

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Chiara Beretta Mazzotta 05/02/2015 at 20:15

Mamma mia tieniti! Ma direi che con te non c’è da preoccuparsi 😉
Le due Sharon! Hai ragione. No, non me ne ero accorta. Sono nel balordone… non mi accorgerei di postare lo stesso post, figurati! Però concordo, nome da gnocca perfetto. 😉

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sandraellery 05/02/2015 at 20:23

Tengo d’occhio io il buon andamento di Bookblister 😀 che tu sia nel balordone non si nota, hai sempre il timone ben saldo nelle tue mani. In effetti però, una maggior frequenza di post, la dice lunga. E’ una strategia anti balordone.

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