Gratis ovvero la tomba del desiderio

Gratis ovvero la tomba del desiderio

I dati di lettura sono in preoccupante calo, il nostro Paese nell’ultimo anno ha perso 820mila lettori. L’editoria rilancia con #ioleggoperché e prevede di distribuire 420mila titoli. Ma regalare libri è una risposta sensata?

Il desiderio muove il mondo. Per sentirci meno sciocchi, quando vogliamo qualcosa, lo chiamiamo bisogno. Tutte cose che gli psicologi del consumo sanno bene e che fanno sfregare le mani a chi si occupa di strategie di marketing.
Mi viene in mente quello che un mio professore chiamava “effetto cucciolo”: se dai al consumatore un prodotto, con diritto di recesso, il possesso genera presto attaccamento e il soggetto è meno propenso a liberarsi di quello che ha ricevuto (pure a criticarlo il prodotto, ché se è suo, mica può fare schifo!).
Anche qui tutto ci porta al “valore”. Se ritieni che qualcosa abbia valore, molto probabilmente la desidererai.

IoLeggoPerchéDa qualche giorno si parla di #ioleggoperché iniziativa editoriale che vede coinvolti lettori, librai editori nella creazione di una collana di 24 titoli che verranno stampati e regalati per incentivare la lettura. 240mila copie gratis. Per quanto generoso possa sembrare, è l’esecuzione del condannato a morte e il condannato è il libro. Una cosa gratis ha valore? No, ché se è gratis, se non costa, non è di qualità (altrimenti chi te la dà si farebbe pagare) ed è superflua (altrimenti chi ce l’ha la terrebbe per sé).

Da buona ottimista ritengo che fare qualcosa sia sempre meglio che star fermi a lamentarsi; e se pure incidentalmente da questa trovata arrivassero anche mille lettori, sarà meglio che niente. La parte razionale mi dice però che i libri stampati esimmetrica disperazione venduti a costo zero, gli autori che rinunciano alle proprie royalty (e che accada il 23 aprile, il giorno del libro e del diritto d’autore è un po’ comico), i librai che regalano testi, i messaggeri che li consigliano gratis, rappresenti la filiera della disgrazia. E tutta questa gratuità non si traduce con qualità, perché per quella bisogna pagare. O no?

Il problema è davvero il prezzo dei libri? Abbiamo perso 820mila lettori perché i libri costano troppo? Eppure compriamo tecnologia e, appena possibile, viaggiamo o andiamo fuori a ristorante. Perché? Perché questi prodotti/scelte per gli italiani hanno maggiore valore dei libri che, al confronto, sono sacrificabili.

Grazie a Radio 24 apprendo dalla voce di Cristina Giussani, Presidente del Sil, l’organizzazione dei librai di Confesercenti, che “InCristina Giussani Germania una legge simile alla Legge Levi impone uno sconto sui libri dello zero per cento, eppure l’84 per cento della popolazione legge almeno un libro all’anno; in Francia dove lo sconto è del 5 per cento dal 1981 e il 75 per cento dei francesi legge almeno un libro l’anno”.  Da noi la legge Levi fissa uno sconto massimo del 15 per cento eppure legge solo il 40 per cento della popolazione.

Quanto costano i libri fuori dal nostro Paese? Prendo ad esempio un noto bestsellerone: Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini. Qui da noi l’hardcover (cioè la copertina rigida, l’edizione di pregio, diciamo così) costa 17,50 euro e il paperback  (la brossura, la copertina morbida) 11,90. The Kite Runner in America costa: 17.55 dollari e 10.67 il paperback. In Francia Les cerfs-volants de Kaboul costa 17.95 e 8.80 il paperback. In Germania Drachenläufer costa 15 euro e il paperback 9,99. Delle piccole variazioni che in sé non dicono molto, ovvio, perché vanno confrontate con il costo della vita e con le retribuzioni.

Stando ai numeri siamo messi maluccio. Stiamo dopo gli spagnoli – che non sono certo dei re Mida – mentre tedeschi,coda iPhone inglesi e francesi possono contare su retribuzioni molto più elevate e un costo della vita più basso. Questi dati e la crisi di certo fanno la differenza ma anche in questo caso, torniamo al valore: se hai poco, quel poco lo investi in ciò che per te conta. In Italia un iPhone conta, un libro non conta. C’è poi anche da dire che leggere non significa sempre acquistare: ci sono le biblioteche, per esempio. Se non ti importa, però, in biblioteca non ci entri neppure.

Cosa manca da noi? Forse l’attitudine, siamo un popolo che con la lettura non ha una grande affinità (noi ce la caviamo più con la chiacchiera). Di sicuro da noi manca la politica, in generale, e nello specifico una politica della lettura: qualcosa che favorisca la genesi del “valore libro”. In Italia devi leggere non èlinus loser ioleggoperché necessario leggere. Il lettore non è manco un nerd (in quel caso i gesto della la L come lettore/loser avrebbe pure avuto un senso, alla stregua di Glee), non è un antieroe in cui ti riconosci, è solo un palloso parruccone, ingessato, dalla vita desertificata. Uno che non se la spassa per questo i soldi li butta in costosissimi libri.

Chissà se un manipolo di ragazzini a caccia di crediti universitari (anche così vengono ripagati iLibri-al-macero messaggeri), sarà tanto bravo da convincere qualche lettore assonnato, pardon, “sopito” a uscire dal torpore. Speriamo solo che le 420mila (facciamo due euro a copia, fate voi i conti) non si trasformino in pattume, ché da noi al macero di “roba” ne finisce già molta.

Articoli suggeriti

19 Comments

  • Interessante, volevo fare un commentone, ma oggi ho esaurito le parole con Sandra. Concordo su tutto, tranne su una cosa.
    Per esser seri…
    Il gratis ovvero la tomba del desiderio…
    Effettivamente se a un uomo concedono un libro gratis, magari lo schifa, ma quando a darla gratis sono le donne, l’uomo apprezza sempre…

    Dopo ciò, mi dileguo, ché se passa qualche femminista, dopo aver trucidato le 50 follie sfumate al cinema, trucida anche me… 🙂

  • Eh ma dipende se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto.
    Ahia, due dita amputate per l’uso del cliché.
    Riprovo: Mi sa che hai ragione. (Così vado sul sicuro)
    Rilancio: Ma dipende dal citrullo lui e dalla splendida lei.
    Mi stoppo: Son stanco e sproloquio.
    Però sul post hai ragione, come si può prendere a simbolo della campagna il loser. Bah, si saranno fatti il conto, perso perso, mettiamo il simbolo che ci rappresenta.

    • Ahahahah mi piace vedere che qualcuno arriva a sera stanco e stracotto come me! Ma almeno tu riesci a esprimerti 😉 E per il gesto… mah. Se lo scegli consapevolmente allora ci giochi sopra. Se non lo fai uno crede che tu sia così —- (completate voi con la parola che ritenete più adatta) da non saperlo!

  • No, no, scusate, la + cotta ieri ero io, che manco sono passata di qui. Ieri mamma mia, un cliente è arrivato a dirmi “lei non sa chi sono io!” oddio ma si dice ancora? Ciò che valore ha sta frase? Sono sicura che si tratta di una persona che non legge 😀 Una frase di un film dice “non sempre ciò che è grati fa schifo” è implicito il dubbio. Farà schifo? Forse sì. Trovo che questa campagna sia un tentativo mal riuscito di fare qualcosa. Siamo alle solite: chiedessero a me un’idea. E siamo alle solite again, perchè in Italia non si legge? Per me fa nerd. Leggi perchè nessuno ti si fila, non ti invitano alle feste, NON HAI DI MEGLIO DA FARE. Senza capire che il meglio sta proprio nel libro, cose già dette, ma ci esco matta. Guardiamoci in giro: Nmila blog di aspiranti autori e nessuno legge. Ma che cavolo di equazione è? Bacio a Chiara, che sta facendo nascere amicizie, anvedi oh prima Aldo, ora pure Marco. Qui si cucca alla grande 😀

  • E allora? Se leggere è “sacrificabile”, di che stiamo a parlare? Se i grandi numeri si fanno con i Carofiglio e i Volo, che senso ha lamentarsi se non si riesce ad allargare la platea di chi legge? (Lamento con doppia contraddizione carpiata: storcere il naso per certi titoli e storcerlo ancora constatando che la grande scrittura è cosa per pochi intimi). Vi ricordate la battuta di Grillo sui socialisti in Cina? Ecco, parafrasandola potrei ribattere: ma se poi tutti leggono, chi si occupa di rubare vita alla vita?
    Gli eroi non leggono, né tanto meno scrivono; si offrono a coloro che, facendo a meno della propria vita, racconteranno quella degli altri. E oggi questo meccanismo ha più appeal se filtrato dal grande schermo, dai corti sul web, dai video musicali e dalle serie TV. Nei secoli andati la lettura era comunque cosa per pochi, ma era anche l’unico strumento utilizzabile per conoscere, aprirsi a nuove culture, viaggiare oltre i confini reali della geografia. Possiamo dire che oggi sia la stessa cosa? Possiamo sostenere senza retorici romanticismi che per una vita migliore bisogna leggere e leggere tanto? Pennac su questo la pensa come me.
    Si legge infinitamente di più, oggi. Giornali, blog, news, tweet, wiki, facebook, divulgazione, fumetti, riviste specializzate e manuali (e sì, anche questi un tempo non c’erano!). Ma non si leggono i libri, o meglio si leggono sempre meno libri di un certo “valore letterario” (che tra l’altro, non essendo scienza, vive tormentato fra i marosi dell’opinabilità). L’attenzione andrebbe posta sul “cosa” si legge, perché sul fatto che la razza umana leggerà sempre di più sono pronto a scommettere e a vincere facile.
    Il libro stampato, sfogliato, ascoltato, letto su un monitor, con l’inchiostro elettronico, su un Google Glass, a induzione, mentre si dorme, oppure con una flebo o con la telecinesi, non sono altro che modalità di fruizione sulle quali non perderei tempo: perché dibatterne è la classica battaglia di retroguardia, della locomotiva che minaccia il bufalo…
    Un panino è buono o cattivo, dipende da quello che ci metti dentro. Ed oggi la narrativa paga dazio perché scimmiotta la fiction, il cinema, il parlato, l’intrigo giudiziario e l’erotismo onanistico delle riviste patinate. Chi nel proprio panino ha voglia di metterci il pisello per spararsi una sega, secondo voi va su Youporn o va a caccia di Nabokov?
    Sono i lettori forti i primi a doversi fare delle domande, perché non c’è testimonial migliore del lettore forte capace di suggerire a chi non lo è che c’è un mondo nuovo, in un libro, che c’è una cosa a cui è in grado di dare un nome ed un cognome e che in nessun film, video o canzone potrà mai trovare. Mentre il capitano Achab andava a caccia della “sua” balena, Melville si “occupava” di fare scoprire ai lettori di allora come si cacciavano, uccidevano e squartavano i cetacei (ecco il panino)… Se oggi al potenziale lettore manca la prospettiva di trovare nel libro qualcosa di “mai visto”, allora manca lo stimolo primo, ciò che fa sentire che in quella pila di pagine c’è un valore, e che per quel valore è disposto a pagare qualcosa.
    Ha senso dedicarsi a milioni di libri che non avrebbero detto niente di nuovo già ai tempi di Erodoto? Cos’è la lettura, un esercizio ginnico? Una nevrosi diversamente declinata? Un’ansia da prestazione accumulativa? Non dovrebbe piuttosto essere, in senso lato, un esercizio creativo da fare insieme a chi il libro lo ha scritto? Se questo processo manca che senso ha trastullarsi con la parola scritta, replicando su scala diversa il gesto di chi si distrae con le note e le vallette di Sanremo?
    Morale, tra qualche anno le macchine lavoreranno per noi e non ci sarà più bisogno (ipocritamente) di vendere per vivere, fossero anche racconti e romanzi… La scrittura con la esse maiuscola diventerà talmente complessa che ognuno scriverà per se stesso. Spariranno i lettori forti, i lettori-mai e gli scrittori-sempre. Senza le fatiche del lavoro e della guerra passeremo le nostre vite a giocare, e fra i giochi figurerà la lettura di cose già scritte mille anni fa. Abbiamo appena cominciato…
    Ma Davvero si pensava di conquistare un solo nuovo lettore su tutto il pianeta, proponendo (e premiando!) testi come la “Febbre”?… Davvero i lettori forti gradivano e proponevano testi che erano vecchi non dico (bestemmia!) già ai tempi di Hemingway, ma già prima di Anderson… ma che dico!, già prima di James?!… Ora capisco perché a Houston avevano un problema! E non lo hanno risolto. 😉

    io

    • Scusa ma pure tu, in questo commento ci hai infilato di tutto…
      1. La gente legge infinitamente di più? Ma quando mai. Manco leggono tutti gli status su FB che condividono. E preciso che nel computo dei libri rientrano i “manuali” sì vale pure quello del bimby.
      2. Si legge per sapere cose nuove. Sì. Ma soprattutto si legge per vedere meglio e con occhi nuovi. Così le cose che credevi sapere, conoscere appaiono nuove. Se no saremmo fritti e la fantascienza sarebbe l’unico genere possibile.
      3. Tramando è un gioco. I cinque titoli son scelti tra ciò che c’era. Nessuno pretende di scovare Shakespeare.
      Nessuno pretende di conquistare lettori. Io condivido una passione, imperativi non ce ne sono. Ma sai, grande stima per tutti quelli che ci provano, per chi si sottopone alle critiche e ci mette la faccia e il nome. Ecco, metticelo pure tu dai ché “io” è un po’ ridicolo.

      • Ma soprattutto tu Chiara ce l’hai il Bimby? Non so perché ma ultimamente ne sento parlare ogni giorno. E dire che alla dimostrazione sono andata 20 anni fa. Io non ce l’ho, ho un frullatore da 33 euro che devi tenere premuto il tasto mentre va. Ma col prezzo del Bimby (fantastico attrezzo ne convengo) sapete quanto libri mi compro?

        • Pensa che per un attimo ho pensato al “bimby” di martoniana memoria, eheheh… Ma si chiamava poi così?

          • Ma che cavolo è la martoniana memoria 😀 tu sei troppo acculturato cugggino.

          • Quello degli sfigati che non lavorano… http://www.michelmartone.org/chi-sono

          • Il Cugino qui presente è ignorantissimo, fidati. E se non ti fidi ti dico che ho sbagliato pure citazione, perché il film cui facevo riferimento è Reality di Matteo Garrone, non M. Martone!

            io (ancora per poco)

          • Pensa tu che credevo “bimby” fosse diminutivo di bamboccioni… sto messa peggio di te.
            (Attendo)

          • No, Michel Martone, non c’entra! E il bimby è già roba seria…

          • Cara Chiara, come giudichessa (mi) fai piangere, ma a fantasia stai messa assai bene e viaggi spedita e sorprendente oltre i confini del possibile… Per un attimo (mi) sei apparsa nei panni di Amelie in ‘Una scrittura femminile azzurro pallido’, quando pochi fugaci sguardi gettati sulla calligrafia dell’altra, le aprirono un mondo così tanto fantasioso… da risultare perfettamente collimante con la realtà che il marito non aveva il coraggio di spifferare… … … Grande Chiara. Ahimè… 🙂

            io (ancora un pochino)

      • Ridicolo perché? “Io” gioco, sono già nel futuro 😉

        1 – non concordo e confermo. Su facebook la gente legge e scrive di tutto… Magari lo fa male e con sciatteria… ma “lo fanno lo fanno” (cit. Bianco Rosso e Verdone)
        2 – concordo e confermi (tu), perché è chiaro che in quel “nuovo” c’è tutto, anche il modo di sentire e vedere
        3 – Colpita e affondata 😀

        D’io

  • Secondo me in Italia si deve rivoluzionare la base di tutto, cioè chi dovrebbe insegnare a leggere non lo fa: la scuola. Esempi? In terza media ci hanno fatto leggere “I Malavoglia” e vi lascio immaginare cosa io abbia capito e quanto mi siano piaciuti. Tra la prima e la seconda liceo nel listone estivo c’erano “Il rosso e il nero” di Stendhal, “Strade di polvere” della Loi e “Il processo” di Kafka. Ho mentito dicendo che li avevo finiti, in realtà li avevo abbandonati e avevo letto un riassunto online. E così Pirandello, Foscolo, Svevo e alcuni autori stranieri nel triennio: odiavo i classici! Poi grazie a degli ottimi docenti di letteratura all’università ho riscoperto la voglia di leggerli e ora sto leggendo “Notre Dame de Paris”.
    Il risultato è che io, amante della lettura, ho archiviato i classici per leggere altro mentre i miei compagni di classe che già preferivano TV e videogiochi si sono allontanati del tutto dalla lettura. Forse il mio è un discorso vecchio e ripetitivo ma da quello che vedo è ancora così: come io lasciavo da parte Verga per la Christie, mia nipote di 15 anni lascia da parte Flaubert per Twilight; così le mie amiche in camera non avevano libri così come ora le sue.
    E correggetemi se sbaglio ma a me sembra che sia lo stesso stampo di questa iniziativa tanto lodata: se già uno non legge, io cosa dovrei proporgli? “Baricco o Pennac, un classico! O un libro che certo è alto come il mio cane ma ha venduto un bel po’ di copie e l’anno prossimo fanno il film quindi lo legge in un attimo!”

  • Se un oggetto non ha un prezzo, non vale nulla. E se non vale nulla, non è nulla. Lo zero è il segnale del suo non avere senso. Sono le imprese che assegnano un prezzo agli oggetti che producono, trasformandoli in denaro. In questa ottica, il denaro è un simbolo, la metafora del valore delle cose.
    Questa iniziativa, folle, assurda, patetica, è il simbolo delle colpe del mondo editoriale in questa voragine di lettori persi negli ultimi anni. Incolpano la crisi, la restrizione obbiettiva dei consumi, il costo eccessivo dei libri, i salari, il precariato e il nonno di Heidi che un pochino stronzo lo era, ma grande colpa è invece da attribuire alle case editrici e alle incompetenti persone che le gestiscono.
    Penso alla situazione, in picchiata da anni, della Feltrinelli, realtà imprenditoriale che conosco in prima persona, ma gli esempi potrebbero essere diversi.
    Un libro rimane un oggetto, un brand da posizionare in un mercato, per quanto atipico e complesso come quello editoriale. Regalarlo non fa altro che radicare il concetto, già molto chiaro in Italia, il paese che legge meno in Europa dopo la Grecia, che il libro è una cosa senza valore, di cui si può fare a meno.
    E pensare che tutti i poveri del mondo posseggono un iphone, un oggetto costosissimo. Conosco gente che salta i pasti, pur di avere sempre l’ultimo modello. Sentono che senza quell’aggeggio la loro vita sarebbe monca. Si chiama, come ha scritto Chiara, desiderio. Per usare una metafora in linea con San Valentino, è come pensare di eccitarsi davanti a una donna già non particolarmente avvenente di suo, che si presenta a letto con un pigiamone di flanella più grande di tre taglie e i bigodini in testa.
    Amore mio: vorrei tanto amarti, ma anche tu dammi una mano.
    Aiutami, ad aiutarti.

  • Non so.
    Io non aderisco all’iniziativa semplicemente perché non mi sono mai sentita superiore rispetto a chi non legge, né ho sentito la necessità di diffondere la “buona novella”.
    Un atteggiamento che a qualcuno potrebbe sembrare forse egoistico.
    Fatto sta che al Salone del libro di Torino c’erano file infinite per accaparrarsi il dessert o il gadget omaggio. File di persone che sembravano lì solo per quello, per farsi il giretto della domenica e se possibile guadagnarci qualcosa.
    Le tendenze della massa sono piuttosto imprevedibili, non mi stupirei se questa cosa funzionasse. Non su vasta scala ovviamente, ma su qualcuno sì.

    • Certo file di persone curiose, se va bene, o desiderose di altro. I
      libri li desiderano in pochi questo è il problema non certo il costo dei libri. Se fosse quello, le biblioteche sarebbero prese d’assalto.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *