“Chi muore in silenzio si vendica delle curiosità altrui” diceva Alda Merini. In effetti, l’assenza di comunicazione è la forma più diabolica di comunicazione.
Esiste un silenzio saggio che serve a placare e zittire il rumore inutile dell’interlocutore in malafede, quello che la voce la usa come fosse fango e con le parole prova a impantanarti. E allora tu che subisci il frastuono devi invertire l’onda sonora e il tacere diventa uno scudo, una sorta di meccanismo silenziatore.
Da difesa, però, il silenzio può diventare una raffinata strategia di offesa: se non rispondo, se non parlo, tu non sussisti e neppure i tuoi argomenti. Ti smaterializzo insieme con le tue ragioni. E così il silenzio non è il limite di chi non ha nulla da dire, ma la studiata omissione di chi dire non vuole.
Il silenzio è un gesto violento
Ed ecco che, se domandi al più noto premio letterario il perché di una serie di curiose coincidenze, ottieni silenzio. Se chiedi al concorso per esordienti più rinomato sull’italico suolo come mai non dichiari la sua attività di agenzia letteraria, ottieni silenzio (loro la chiamano “risposta meditata”).
Se chiedi a un editore come mai una pagina del libro del suo autore di punta sia identica a una di Wikipedia, ottieni silenzio. Se chiedi al centro che dovrebbe preoccuparsi della promozione e diffusione dei libri come mai non comunichi in rete alcunché, ottieni silenzio. Se fai presente che il gesto del Loser* (per una campagna per la lettura) non è ideale, ottieni silenzio.
Ciò che non dici, parla
Però, chiariamo, non-comunicare è impossibile e la strategia del silenzio veicola un messaggio preciso che fa più o meno così “m’hai beccato e mo’ cosa ti dico?”. Quindi, voi segnateveli tutti ’sti silenzi, finché non verranno contraddetti dalle parole, saranno una risposta chiara, imbarazzata e vigliacca.
*Postilla: qualcuno ha parlato di malafede, cioè siamo noi in malafede che vi facciamo notare che la “L” di loser è un epic fail per promuovere la lettura, non voi dei Mister Bean della comunicazione?! La prossima volta usate il dito medio, claim: “Chi legge è il numero uno”!
12 comments
C’è spazio per i commenti dopo tutti questi sassolini tolti dalla scarpa? 😀
Non vorrai mica stare in silenzio?! 😉
Nei manga, se non erro, esiste la parola che indica il silenzio nella situazione rappresentata in una vignetta. Ecco, adesso sappiamo che qualcosa del genere esiste anche in Italia, ma nella realtà 😀
Non credo che serva commentare troppo. In fondo hai ragione e basta. Tanta ragione. 😉
Non so. Io avevo un socio una volta, Ogni tanto partiva per la tangente e metteva in riga una serie di cazzate e non smetteva più. Guai a contraddirlo. Se lo facevi raddoppiavi i tempi del pistolotto e del monologo. In quei casi il silenzio era un’arma di difesa.
Questo silenzio lo conosco… Ed è necessario. Non alimentare le boiate è doveroso. Ne parlo infatti e sì è una difesa, ma non è il caso dei signori citati.
Ho riso tanto. Ma forse dovrei tacere…
No, no, parliamone dai 😉
Lo so che è una trappola 🙂
Ma cosa dici mai?! (cit. Topo Gigio)
Perché il silenzio va bene su tutto, fa fine, non impegna e dà quel tocco di dignità residua a chiunque. E’ indice di superiorità, di intangibilità, di grandezza, di tutto insomma.
Questo è il secondo pezzo che scrivi al quale farò riferimento un domani non troppo lontano, perché ci sono cose, in editoria, assimilabili ai corsi e i ricorsi di Giambattistiana memoria.
Buongiorno, Giovanni Turi ha intervistato sul suo blog “Vita da editor” Mario Marchetti, vicepresidente del Premio Calvino. Riteniamo che l’intervista contenga le risposte alle osservazioni apparse su Bookblister. Se non abbiamo risposto prima, è perché non ci piacciono i toni troppo alti.
Un cordiale saluto
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