La regola del successo

La regola del successo

Cosa fa di un libro un best seller? Voi, noi. Il pubblico e non qualche strano complotto. Piccolo viaggio intorno ai successi editoriali, soprattutto quelli inattesi e ai motivi che li hanno resi tali.

Son gioie e dolori per i golden boy del cinema e dell’editoria: Zalone adesso, Volo qualche tempo fa, sono sulla bacheca di tutti. Fenomeni studiati a tavolino, ghostwriter d’eccellenza, il potere dei colossi editoriali o della distribuzione nelle sale… si legge di tutto un po’, come se il successo fosse il prodotto di uno strano club del complotto o l’effetto delle scie chimiche.

Adesso vi svelerò il motivo di alcuni grandiosi trionfi: voi. Noi. Il pubblico. Tutti quelli che comperano il biglietto o una copia di un libro.Pubblico noi voi Anche di nascosto. Parecchi lo fanno di nascosto… Se fate per esempio un calcolo delle copie vendute in Italia delle Sfumature, realizzerete che, anche se le vostre amiche negano, molto probabilmente hanno acquistato l’intera trilogia. Pure il quarto titolo, Grey, ha stravenduto (è uscito a luglio scorso e ha totalizzato, nel giro di sei mesi, ben 400mila copie).

Va da sé che le teorie del compero perché tutti ne parlano o per la pubblicità a tappeto non reggono: va bene farsi abbindolare una volta, magari per pura curiosità, ma qui le volte son quattro… manco se incassaste le royalty dell’autrice! Quindi, anche se per enne lettori certi fenomeni sono una porcheria, hanno venduto perché invogliavano a farsi comprare e ricomprare

E se siamo noi il motivo della popolarità di un libro e “noi” siamo tanti e parecchio diversi, capirete che stabilire il perché e il per come di un successo non è cosa da poco.

Una volta William Somerset Maugham ha detto che le regole fondamentali per scrivere un romanzo sono tre. Sfortunatamente nessuno sa quali siano. E se fossero note, l’editoria sarebbe una industria florida.

Ma le regole per sfornare un bestseller impazzano (a questo proposito vi suggerisco il divertente Come scrivere un bestseller in 57 giorni di Luca Ricci). Se fate una ricerca nel web, più che scrivere un libro di successo, potreste scrivere un libro sullo scrivere un libro di successo, tanti sono i risultati. I più gettonati? I consigli dei grandi. Per Ken Follett per vendere servono: un grandioso conflitto nella prima scena – altrimenti fate altro –, una trama ben congegnata ed emozioni forti (soprattutto ansia e rabbia ma pure ambiguità ed eccitazione). Per Stephen King tocca andare al dunque, scrivere di getto e rivedere poi, sottrarre l’inutile, essere onesti e affidabili, dare il giusto peso alle critiche, leggere molto, scrivere molto.

Stony Brook, NY; Stony Brook University: EntranceC’è pure chi si è preso la briga di analizzare la questione scientificamente. Secondo uno studio della Stony Brook University di New York, per valutare le probabilità di successo di un libro basterebbe un algoritmo che mette in relazione le caratteristiche stilistiche di un testo con la sua popolarità, e sarebbe capace di azzeccare nell’84 per cento dei casi.

I ricercatori – Vikas Ganjigunte Ashok, Song Feng e Yejin Choi – non hanno valutato le qualità letterarie dei titoli che hanno preso a campione ma premi, vendite, numero di download (analizzando i 44.500 libri del Project Gutenberg, il database digitale creato da Micheal Hart a partire dal 1971) includendo anche i grandi classici della letteratura e persino i primi versi delle poesie più note. Quindi hanno calcolato una sorta di indice di gradimento del pubblico, non le qualità oggettive dei testi.

Ci sarebbe da analizzare anche un altro fenomeno: i libri più comprati e meno letti. Ci sono titoli che hanno vinto curiosi primati, tipo Il nome della rosa che, secondo una ricerca di qualche anno fa (se la trovate in rete, fatemelo sapere!), è stato contemporaneamente un bestseller e il titolo più abbandonato dai lettori (alle volte manco iniziato). Un conto è comprare un conto è leggere e apprezzare.

Indipendentemente dagli utilizzi pratici dell’algoritmo – a oggi non conosco nessun editor che valuti i dattiloscritti così! – alcune indicazioni sono interessanti. La prima è che la fruibilità di un testo sarebbe inversamente proporzionale al suo successo (le cose che paiono “complicate” esercitano un fascino sul pubblico). Funzionerebbero di più i verbi che illustrano i processi di pensiero di quelli che descrivono azioni ed emozioni; nei dialoghi meglio reiterare il verbo “dice” piuttosto che adoperare sinonimi, soprattutto quelli legati alle emozioni (trasalì, esultò, gridò…); conquista la scrittura giornalistica che dà informazioni al lettore; sono ben viste le preposizioni e le congiunzioni e invecekoppel-moshe i cliché, le parole trite, quelle di “largo consumo” e abusate non funzionano. Bene sostantivi e aggettivi, meno verbi e soprattutto gli avverbi.

E se pensate che una macchina non possa analizzare un testo, sappiate che Moshe Koppel, scienziato ed esperto di computer e docente della Israel’s Bar-Ilan University, ha sviluppato un programma capace di stabilire se l’autore di un libro è uomo e donna azzeccando nell’80 per cento de casi.

Tornado al nostro successo: se chiedete agli editor delle case editrici la ricetta per cucinare un bestseller vi sentirete rispondere che un autore in gamba, una buona storia, un traduttore coi fiocchi, un editor che sa il fatto suo, un ufficio stampa sul pezzo, una distribuzione capillare non bastano.

Neppure lavorare a fondo sulle leve classiche: marketing e prezzi competitivi (cioè bassi). Non sono sufficienti premi importanti (lo Strega sarà bistrattato ma le copie le muove Le regole del successoancora), passaggi tv (Fazio, Dandini, Bignardi, Vespa, Striscia…), la stampa, il passaparola di lettori e librai (è lento ma funziona), i social, l’endorsement di un critico o di un influencer (una video-recensione di Giovanotti per esempio). Tutte cose che servono, certo, ma non bastano: anche creando le migliori condizioni, un libro può essere un flop. Lo dimostrano i milioni di euro di anticipi non rientrati con cui alcuni gruppi editoriali devono oggi fare i conti. Anticipi dati a scrittori di successo, con libriLa sfera di cristallo curati e promossi a dovere che non hanno incassato quanto ci si sarebbe aspettati.

E poi ecco le sorprese. I Cento colpi di spazzola, l’Eleganza del riccio, Harry Potter (500 milioni di copie), Il codice da Vinci (50 milioni), Gomorra (5 milioni), Io uccido (4 milioni), Open (700mila copie solo sul mercato italiano), Stoner (oltre 200mila solo in Italia), Geronimo Stilton (100 milioni di copie nel mondo), il recente Sette brevi lezioni di fisica. Libri spesso rifiutati, su cui non si puntava, scritti molto tempo fa e riscoperti, che hanno fatto numeri importanti. Forse perché hanno qualcosa da dire più degli altri, sono autentici, parlano a un pubblico ben preciso, sono scritti meglio… Quello che è certo? Replicarli è una impresa.

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28 Comments

  • Uhm, a volte è vero, a volte no. Per essere più onesto: sono d’accordo su alcuni punto, meno su altri: il fatto che Simenon abbia venduto milioni di copie ti darebbe ragione ma, dopo aver letto Gomorra (una porcheria scritta con i piedi) e Il codice da Vinci (un pessimo romanzo che fa sembrare un Dio perfino Ken Follett), non mi sento di dire che i numeri corrispondano alla qualità o all’onestà. Se poi proviamo a ragionare al contrario, viene da piangere: Gomorra, di cui tutti parlano, ha venduto 1,5 milioni di copie, significa che 58 milioni di italiani NON l’hanno letto. Per tacere del resto 🙂

    • Ma, in realtà la regola è che sono tante regole che concertano per un successo. Conosco almeno dieci autori che non solo hanno adorato il codice ma hanno tentato disperatamente di trovare qualcosa di simile e hanno comperato parecchi altri codice-cloni. E forse mi son spiegata male: le vendite non sono direttamente proporzionali alla qualità e neppure all’onestà. Alle volte queste sono due ragioni. Credo l’autenticità serva. Per esempio: si vede che la James si diverte quando scrive! Come dicono gli inglesi It’s her cup of tea 😉 e i lettori lo avvertono. Certe trilogie erotiche studiate a tavolino, sono state dei flop perché l’autrice a mio avviso scriveva qualcosa che non le piaceva. E ovvio che parliamo di lettori forti e non, non di tutti gli italiani. Se non leggi, queste dinamiche difficilmente ti toccano. Toccano i lettori saltuari, quelli più sensibili ai bestseller.

      • L’unico merito di quei libri è di aver avvicinato qualcuno alla lettura, questo glielo riconosco.

  • Dimenticavo: complotti a parte (non credo ai complotti), Gomorra è stato tenuto su a colpi di minacce dei camorristi a Saviano e Il codice a colpi di minacce dal Vaticano. Un po’ di aiuto extra l’hanno avuto, dai 🙂

    • Ma tutto l’aiuto extra che vuoi! Adesso però controlla quanti autori hanno scritto libri sull’argomento e hanno avuto rogne simili e quanto meno hanno venduto.

      • Ehm, una cosa sono le rogne vere – che passano sotto silenzio – un’altra le rogne che passano al tg1 😉

        • Non basta il tg1. Garantito! 😉

          • A Saviano è bastato: Gomorra fa veramente pena 😛
            A parte le libertà che mi sono preso con le eccezioni, andando quasi off topic, non devo però omettere di dire che il tuo post è bellissimo, ben strutturato e ben argomentato.

          • È un gioco (ché guai a prendersi sul serio!) e una scusa per raccontare un po’ di curiosità. Le storie intorno alle storie mi garbano proprio.

  • Dimenticavo 2: bellissima la frase di Maugham

    • Maugham è un personaggio! Caustico al punto giusto.

      • Non lo conoscevo, ma mi hai incuriosito!

        • Probabile tu abbia visto qualche film tratto dai suoi libri.

          • Può darsi. Sai, pensavo proprio a questo, poco fa, mentre mi sono dovuto allontanare dal pc: ho letto pochissimo Dostoevski, ho ancora metà dei romanzi di Simenon da leggere, sto leggendo uno dei pochi Conrad che mi siano capitati, non ho mai letto Puskin, devo leggere quasi tutto Dickens … perché leggere Ken Follett, Saviano o Dan Brown? 🙂

          • Nessun motivo. Io li leggo perché mi pare doveroso farmi una opinione, ma è per lavoro. E quando non devo valutare un testo, lo abbandono se non mi convince.
            Però Stoner te lo consiglio e pure Guthrie (il grande cielo) e Haruf… e mi fermo! 😉

          • Io invece, cinico e furbo, mi accodo a Fruttero e Lucentini e lascio che siano gli altri a fare da setaccio fra le nuove uscite, mentre mi godo i classici 😉

  • Io di fronte a certi successi alzo le mani in segno di resa: possono non piacere a me, ma certe vendite attestano che alla maggior parte della gente sì, o almeno c’è stato un numero consistente di lettori indotto all’acquisto. Credo che certe situazioni facciano da traino, lo stesso vale per editori grossi con uffici stampa dedicati e va bene! L’effetto mediatico del tutti ne parlano, voglio dire la mia, ha il suo peso e più volte ci sono cascata! La regola del successo però è misteriosa un po’ in ogni campo, altrimenti, come detto più volte, sarebbe replicabile.

    • Guarda, il mio obiettivo sarebbe riuscire a guardare oltre. Suggerire cose che ci hanno convinti, soprattutto. Ma i complottismi e le scie chimiche no, quelle proprio non le sopporto 😉

  • Bel post. In genere evito i bestseller e li leggo anni e anni dopo.
    Dei regali che sono girati a Natale:
    – Grey letto in 3 giorni scarsi, Mousier fermo da una settimana, definito “palloso”
    – Ragione e Pentimento (ebbene sì, la nostra Sandra) divorato in una sera e pomeriggio, e continuano a dirmi “bello, bello, bello!”
    – Assassinio all’ikea, divorato anche questo, eccellente mantenimento della curiosità ma “il finale non mi dice niente, ci sono rimasta male”
    – Woody, letto personalmente in un’ora, pianto un casino, “stupendo” però è di fatto un racconto breve

    Li vedo tutti i giorni i lettori-non-lettori. E probabilmente rispetto a tutti voi, lo sono anch’io. Il codice Da Vinci m’è piaciuto, e continuo a comperare tutti i libri di Dan Brown. Perchè? E’ divertente.
    Le 150 sfumature? Sono divertenti. Lasciate perdere l’erotico, il resto è divertente. Nell’R8 a sprombatutto sulla superstrada di Seattle per sfuggire ad un inseguimento c’ero anch’io e mi sono divertita (cavolo, finalmente un’eroina che sa guidare, deo gratias!!!!)
    Mia sorella e mia cugina non se ne perdono uno di Fabio Volo! Il giorno stesso che arriva in libreria. Non leggono un cavolo tutto l’anno ma quello di Volo sì. Perchè? Perchè è divertente. Perchè è vicino alla quotidianità delle persone. Perchè parla di cose semplici in maniera semplice.
    E non stiamo parlando di persone di scolarità bassa. Anzi, stimate professionisti. Qualcuno dei lettori-non-lettori ha pure due lauree, non è un pirla qualsiasi. Non è che non sanno leggere altro. Ma probabilmente, dopo aver passato la giornata a smazzare documenti tecnici, non sono molto portati a leggere trattati filosofici. Scelgono il divertimento. Il libro vende – secondo me – quando riesce a dare lo stesso immediato divertimento di un film. Perchè questa è l’epoca.

    • Gratitudine eterna! Diccelo alla lettrice!

  • Per ricambiare a fare passaparola alla Perlana 😀 cito LA BANDA DELLA CULLA che mi è proprio piaciuto e secondo me ha qualcosa in comune col mio.

  • È quel “ricomprare” che mi incuriosisce. Si potrebbe dire, per parafrasare una celebre frase di qualcuno di cui non ricordo il nome (comincio a perdere colpi), “dimmi cosa ricompri e ti dirò chi sei”.

    • Esatto. Quando ci sono delle serie e il pubblico sceglie e poi reitera la scelta, due, tre, quattro volte, dimostra che l’acquisto è intenzionale non accidentale 😉

  • Confermo. Ho Il nome della rosa pronto, intonso e impolverato da un bel po’ di lustri. E non è il solo!… Senza contare poi le svariate doppie copie dello stesso libro acquistato in epoche diverse e di cui spesso ne ignoro il possesso (sia del primo che del secondo) e che ovviamente sono in lista d’attesa… 🙂

    PS: Le regole del successo sono tre. Ma io ricordo solo la prima. Regola numero 1: “Ricordarsi sempre della regola numero 2″… 😉

  • Bel post su un tema scottante!
    Io l’anno scorso ho tradotto dei thriller dall’inglese, che letterariamente lasciano il tempo che trovano (anche se in giro c’è di peggio eh), e infatti non avendo appoggi di sorta non è che stiamo vendendo tantissimo :'(

  • Brava, Chiara! Ho letto da qualche parte che per quanto da sempre gli scienziati del marketing si sforzino di trovare l’equazione perfetta del successo editoriale, il “logaritmo” alla fine sia personificato dal caso, il caos che governa il mondo : io che mi ammalo e tu no, io che mi rincoglionisco da vecchio e tu che invece rimani lucida fino alla fine dei tuoi giorni (e il dna, il fumo o lo stile di vita siano solo componenti accessorie, come certe regole per scrivere un libro di successo. Gli oncologi li chiamano: correlazioni) Secondo questa teoria avviene questo: in libreria ci sono due libri, uno accanto all’altro. Il primo è scritto benissimo, pubblicizzato il giusto, corretto alla perfezione, trama e plot incantevoli, mentre quello accanto è a tratti scialbo, quasi noioso, scritto sicuramente meno bene del precedente. Nessuno sa come o perché, ma arriva in libreria il DIO DEI LIBRI e prende per il mano il secondo per portarlo al successo. (Per questo è importante che i libri ci arrivino, in libreria, perché se rimangono nel cassetto o in qualche magazzino distributivo regionale Il Dio dei libri non li vede)

    Ma quel tuo, noi, voi, è la risposta che da oggi darò ogni qual volta mi chiederanno i motivi di un successo. Citandoti, ca va sans dire.

  • Eh, come la bellezza di un volto, anche i libri sono belli per dettagli non così immediati. Non è da sottovalutare nemmeno il fatto che se la tua cerchia di conoscenti ed amici l’ha letto e ne parla al caffè, ti incuriosisci oppure addirittura ti senti fuori dal club.
    Penso soprattutto ad un Harry Potter, se una classe di ragazzini lo ha comprato, TU in quella classe lo compri, lo legge tua madre, lo passa a tua sorella…
    Non capisco però il fenomeno Volo, perché mi è sempre sembrato qualcosa di poco leggibile o forse, proprio perché tende a volere che il lettore si immedesimi, a non interessarmi.
    Fatto sta che tutti vorrebbero scrivere il best seller del futuro… Ah, forse una regola è usare l’inglese?

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