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Gillo Dorfles Poesie
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Gillo Dorfles – Poesie

Gillo Dorfles per “DiVersi, solo le cose inutili sono poetiche” di Elisabetta Bucciarelli, che con la scusa della caccia a un “refuso” ci regala una riflessione sul potere dei lemmi, delle invenzioni e del… farsi piante.

Gillo Dorfles Poesie Campanotto
Autore: Gillo Dorfles
Casa editrice: Campanotto
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DIVENIRE PIANTE

Tralci nuovi germogliano
dalle mie membra, nuove
gemme dalle giunture
che parvero spente,
esili foglie lucenti,
tremule ancora di pioggia
sguarciano l’epidermide tesa,
le ascelle i gomiti l’anche
son cespugli fronzuti,
che la rugiada irrora;

domani i fringuelli
potranno nidificare
tra i miei rami fioriti.

In questa poesia c’è un refuso? Mentre sto aspettando di raggiungere un vocabolario (il web non mi basta) e nel frattempo attendo la risposta di una poeta e quella di una editor, ragiono su come una sola letterina fuori posto possa aver catalizzato la mia attenzione. Su come un inciampo mi abbia portato fuori dal percorso. E ancora, su come il desiderio di aver incontrato un lemma sconosciuto mi abbia riempito di punti di domanda, ho pronunciato a voce alta e ho persino ipotizzato che possa trattarsi di un’invenzione del grande Gillo Dorfles. Voce del verbo “sguarciare”. E se invece fosse davvero un refuso? Immagino l’autore dispiaciuto, forse arrabbiato mentre discute con l’editore, oppure fiducioso, certo il lettore sarà capace di lasciare andare ciò che non è importante e farsi pianta anche lui.

Pianta vegetale, con tralci nuovi che germogliano dalle membra e gemme che si schiuderanno a primavera. Che albero siamo? Ognuno differente. Nella nostra scelta c’è la posizione che vorremmo tenere nel mondo spesso differente da quella che ci troviamo a recitare. Essere betulla o faggio o quercia fa una certa differenza, a partire dall’ombra che gettiamo sulla terra per arrivare alla capacità di rinnovamento che possediamo. Alcune fronde sempreverdi altre caducifoglie, ma capaci di stagionali fioriture. Abbiamo capito che dobbiamo guardare ai vegetali per ritrovare ispirazione. Gillo Dorfles lo faceva nel 1942, data in cui ha scritto questi versi, sotto la terra molti uomini e donne che avevano perso la vita trasformandosi in erba, fiori, cespugli e alberi.

(P.S. La editor di “sguarcio, sguarciare” non era convinta, forse un arcaismo?, allora è andata a cercare ed è risalita al settimo tomo di un dizionario degli Accademici della Crusca – pubblicato a Verona nel 1804 – che lo annovera tra i sinonimi di “discindere”. La poeta ha preso tempo… Domanderò a Campanotto. Quel che è certo: nei libri di poesie il peso specifico di un editing è colossale, assurge esso stesso a motivo poetico, “fa suono”.)

Il libro di Gillo Dorfles me l’ha regalato un amico architetto, il titolo è Poesie, l’editore Campanotto.

Gillo Dorfles, nato a Trieste nel 1910 da padre goriziano (la famiglia è residente in Friuli sin dal 700) e da madre genovese, ha vissuto da protagonista la vicenda artistica del 900. Libero docente e poi ordinario di estetica presso le università di Milano, Trieste, Cagliari, a partire dagli anni Trenta svolge intensa attività di critica d’arte e saggistica. Nel primo dopoguerra riprende a dipingere e fonda – con Munari, Soldati e Monnet – il MAC (Movimento Arte Concreta) e fino allo scioglimento partecipa a tutte le attività del movimento. Vince numerosi premi, tra i quali: Compasso d’oro, Medaglia d’oro della Triennale, Premio della critica internazionale di Girona, Matchette Award for Aesthetics, Travel Grant for Leader and Specialists dello State Department (1954). Del Dorfles pittore si perdono le tracce fino al 1986, data della mostra personale allo Studio Marconi di Milano. Da questo momento Dorfles non ha più abbandonato l’attività pittorica senza tuttavia rallentare quella critica: per citare soltanto alcune delle pubblicazioni più importanti apparse negli ultimi anni, si ricordano “Elogio della disarmonia” (Garzanti, 1986), “Il feticcio quotidiano” (Feltrinelli, 1990), “Fatti e mattoidi” (Neri & Pozza, 1997), “Conformisti” (Donzelli, 1997). La bio è tratta dal sito dell’Università degli Studi di Udine.

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