Tornano i Libri a Colacione, la rubrica di Tutto Esaurito su Radio 105! Questa settimana: Barre di Francesco “Kento” Carlo e Tante care cose di Chiara Alessi.
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BARRE
di Francesco “Kento” Carlo, Minimum Fax, pagine 192, anche in ebook
Cosa succede dietro le sbarre? Spesso abbiamo una idea strana, fantasiosa del carcere. Una idea che si modella sulle serie e sui film americani. Poi quando qualcuno che ci è entrato ce lo spiega quello che succede capiamo che no, non ne sapevamo niente.
Ed è ancora più difficile immaginare la vita dietro le sbarre quando si tratta di minorenni. Ragazzi che sono dentro per spaccio, piccoli furti e sono gli ultimi degli ultimi. Perché qui ci finiscono non tanto i più colpevoli, ma quelli che partono dalle situazioni più difficili e svantaggiate.
Ce lo racconta un insegnante, uno speciale, uno che tutti gli anni passa dietro le sbarre e insegna scrittura rap in un carcere di una grande città. Stavolta gli è toccato il 323, i “piccoli” dai quattordici ai diciassette anni. Le sue classi sono volontarie, se non hai voglia, non scendi e non ti fai vedere nelle ore settimanali del suo laboratorio. Se hai voglia, la prima cosa che senti dal maestro è “non voglio cazzate” tanto per mettere le cose in chiaro.
E poi ci comincia quattro barre a testa. Cioè si inizia a fare rap, a fare le rime. E c’è chi ha talento, come Sam che quando fa ascoltare le sue barre poi senti il boato della classe, un’ovazione che lo incorona, è un leader ma lui fa finta di essere sempre un po’ insoddisfatto. C’è chi legge e non parla, c’è chi scrive poesie. C’è chi non si toglie mai le cuffiette dalle orecchie.
Ma non è certo tutto rime e musica e poetry slam il carcere. Ci sono le botte dei detenuti per chi è passato dalla parte del nemico, le guardie. C’è chi spacca neon e si ingoia i pezzi, chi dorme con le coperte di carta perché hanno paura che proverebbe a uccidersi usando quelle di stoffa per impiccarsi. E c’è chi evade.
Se sei in carcere, tutto quello che hai è fuori e te lo puoi ricordare solo chiudendo gli occhi o guardando una vecchia fotografia, magari della tua ragazza. Qui le ragazze non le vedi, con loro ti scrivi, usando un muro come bacheca dei messaggi.
Ma per fortuna c’è chi in carcere ci va e porta parole, musica, rime e prova a dialogare con questi ragazzi che hanno parecchio da raccontare sulla solitudine, l’abbandono, la rabbia, il senso di colpa, l’inadeguatezza… perché a voce certe cose non le diresti mai, ma se le metti in rima, se le canti, allora puoi dire tutto ciò che provi. Ed esisti, anche dietro alle sbarre.
TANTE CARE COSE
di Chiara Alessi, Longanesi, pagine 264, anche in ebook
Siamo quello che facciamo ma siamo anche gli oggetti che usiamo e che svelano di noi qualcosa. Stavolta a raccontarsi però sono loro, le cose, e sono ben 74.
Si comincia da un oggetto di cui non si conosce l’ideatore. La palla da biliardo. Sì, perché nel 1999 la rivista Domus fece un numero speciale dedicato ai progetti anonimi. Chiesero, tra gli altri, a Ettore Sotsass quale fosse il suo oggetto preferito di cui non conosceva l’inventore, disegnò una sfera con il numero 8, cioè la palla da biliardo, l’unica nera. A pensarci bene la sfera è il simbolo perfetto del gioco. Dal calcio, alle bocce – che pare esistessero già in epoca egizia – al ping pong, fino al mio amatissimo tennis. Cose pallose, si chiama il capitolo, tanto per chiarire che si parla seriamente ma se non giochi con parole ti diverti la metà.
E si finisce con l’oggetto di design più grande che viene in mente all’autrice. Parliamo del pilastro dell’alta tensione disegnato da Michele De Lucchi e Achille Castiglioni per un bando indetto da Enel. Partecipano nomi come Giugiaro e Foster. Alla fine il duo vince con un progetto semplice, elegante che ha un nome perfetto: Sostegno per l’ambiente. Il guaio è che c’è un ex equo, vince anche Foster. E oggi, per una serie di casi, quando incrociate un pilastro in autostrada sappiate che è il suo. Ma l’altro val la pena di vedere che forma bella ha.
Nel mezzo lettere, loghi, la più bella spillatrice del mondo, il televisore che scodinzola, i chiodini Quercetti (altro che Lego, sotto al piede quelli sì che erano una tortura!), la mia lampada preferita che si chiama come un segno di interpunzione, la mia seconda lampada preferita (la Tizio) senza cavo elettrico perché la corrente continua passa nei bracci metallici (ma niente scossa eh!), l’orologio che scatta e fa tac (chi lo ha sentito quel suono lo riconoscerebbe tra mille)… e potrei elencarveli tutti perché tutti meritano attenzione e cura.
Chiara Alessi le ha entrambe e crea un meraviglioso oggetto libro, utile, pieno di idee, che i lettori potranno amare e mentre lo fa ha tutta l’aria di divertirsi parecchio. E noi con lei.