Licenza di uccidere: per quale motivo si dovrebbe criticare un libro?

Licenza di uccidere: per quale motivo si dovrebbe criticare un libro?

Molti ne scrivono solo, se ne possono scrivere male. Altri invece preferiscono dedicarsi soltanto ai buoni libri. Ma criticare un libro serve davvero?

Perché parlar male di un libro? La risposta più gettonata è che non si dovrebbe, si dà così poco spazio alla lettura che farlo sarebbe uno spreco.

In verità dire male non conviene.
Ti fai dei nemici.
Ti fai parecchi nemici.
Ti fai molti nemici.

Rischi di essere considerato snob, se critichi il best seller del momento. Idiota, se attacchi lo scrittore incensato dalla critica.

Attaccherai, è inevitabile, storie che per diversi lettori funzionano. Passerai per furbetto, perché scagliare pietre è un’attività che richiama pubblico.

In effetti vedere i propri simili sulla graticola è una morbosità tutta umana. Perché? Be’ essendoci più aspiranti scrittori che lettori, l’esecuzione della concorrenza è una spettacolo che ha un certo seguito. O forse siamo solo attratti dai “contro”. Tanto che “critica” è diventata sinonimo di “stroncatura”, non di valutazione attenta e dettagliata.

Quello che so è che dai brutti libri si impara parecchio. Perché in una storia che non gira le magagne si fanno evidenti e se le analizzi puoi imparare a evitarle. Mentre nei capolavori – come nella danza – si vede la perfezione del risultato e non lo sforzo che c’è dietro (trucchi del mestiere compresi).

Oggi chiunque ha la “licenza di uccidere”, non serve un porto d’armi, basta uno spazio in cui scrivere le proprie opinioni. Senza rendersi conto che dietro a un libro si nasconde una moltitudine di esistenze, prima tra tutte l’autore, che ha il diritto a essere trattata con rispetto. Una lettura attenta, opinioni argomentate e dettagliate. Così che “dire male” sia uno spunto per riflettere.

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2 Comments

  • Ti ringrazio per queste righe dense di… verità.
    La critica – che non equivale alla stroncatura, spesso immotivata e mossa da chi preferisce non far fatica – è tanto utile quanto necessaria. Per chi si accontenta di poco sarà indizio di petulanza, per una persona un po’ più seria sarà sinonimo di valore, di impegno.
    E l’impegno, la responsabilità, ti porta di solito a pensarci due tre volte, pensarci bene; ma una volta pensato ad agire la critica senza remore. Al contempo rispettando il lavoro, lo sforzo, la fatica altrui; quali che ne siano i risultati.
    Son cose che si imparano scrivendo, stando “dall’altra parte”, certo molto più che leggendo e seguendo dibattiti ed umori del pubblico.

  • Grazie a te, Denise.
    Il rispetto ti permette proprio di trovare la giusta misura. Per non apparire spocchiosi o, peggio, leggeri.
    Rimane una faticaccia, però! Molto più facile dire bene 😉

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