Un soldino per i tuoi sogni (uno o, magari, due…)

Un soldino per i tuoi sogni (uno o, magari, due…)

Soldino si fa per dire. Ché spesso si tratta di parecchi euro. Ma fossero anche pochi, mi domando: perché si dovrebbe pagare per partecipare a un concorso di scrittura?
Lo so, anche per acquistare la pettorina per una maratona spesso tocca sborsare qualcosa. Non so se sia giusto, quello che so è che una occasione non dovrebbe “costare” in termini economici ma dovrebbe richiedere tempo ed energie a chi si cimenta. Trovereste normale pagare per partecipare a un colloquio di lavoro?
E poi, detto tra noi: corre forse l’obbligo di indire un concorso letterario? Perciò o gli organizzatori sono dei mecenati intenzionati a dedicare il proprio tempo e denaro in questa impresa, oppure dovrebbero – come fanno i più – andare a caccia di finanziamenti e sponsorizzazioni. Caccia dura, si sa, ma in molti ci riescono.
Il problema, comunque, spesso arriva dopo aver sborsato soldi per partecipare a un concorso.
Alle volte, tanto per dire, si batte cassa ma poi ai vincenti non si dà un bel niente, pacca sulle spalle a parte. In realtà trovo di pessimo gusto pure racimolare soldi con le iscrizioni per “pagare” chi sale sul podio. Se l’organizzazione non ha euro da offrire a chicchessia, è un problema dell’organizzazione non certo di chi il podio non lo ha meritato.
Ma in certi casi i concorsi si spingono oltre.

Chiedono soldi specificando però che: nel caso la giuria (il cui giudizio è – ovvio – insindacabile) non riuscisse a designare un vincitore, il concorso verrebbe annullato. Ecco, per esempio, l’articolo dieci del concorso indetto dalla Leone editore: “Qualora la Giuria di qualità ravvisi che nessuna delle opere in concorso sia meritevole del primo premio, esso può non essere assegnato.” E i denari versati (30 euro per un racconto, 50 per un romanzo) dove finirebbero? Sempre a giudizio insindacabile della giuria, sia chiaro…

Chiedono soldi offrendo una pubblicazione (non entriamo nel merito del come e del dove, per carità) con un contratto capestro che, inutile dirlo, non prevede alcuna royalty per l’autore. Ma come, uno sgancia, partecipa, vince e poi il suo lavoro non viene pagato? (Sono troppi i sostenitori del lavoro per passione, improbo mettere i link).

Chiedono soldi offrendo una pubblicazione e altre amenità. Tipo Concorso letterario Gutenberg#Lab che chiede un piccolo contributo (10 euro) per leggere un racconto di 16mila caratteri e offre una pubblicazione per la quale l’autore non vedrà un euro (niente royalty, non sia mai) e deve sorbirsi – sempre a insindacabile giudizio della giuria – una revisione da parte dei partecipanti al corso “l’editoria e i suoi protagonisti” (chissà se i partecipanti avranno vinto, a fine lezioni, il privilegio di cimentarsi in un editing per un autore di Gutenberg#Lab).

Non chiedono soldi, subito, ma te ne chiedono – e parecchi – poi. Ma tanti eh! Tipo l’editore Aletti che con la rivista Orizzonti indice questo bel concorso per selezionare opere inedite. Tu spedisci il tuo testo e dopo quaranta giorni ricevi un grazioso contratto in cui ti viene chiesto di partecipare all’impresa con la modica cifra di 840 euro. Questo succedeva nel 2011 ma pare che l’edizione del 2012 sia identica alla precedente.

Secondo me, oggi, il Gatto e la Volpe non avrebbero dubbi su dove investire qualche moneta d’oro (altrui, ci mancherebbe). Settore sogni, ramo esordienti.

* Grazie a Daniela Veneri, sempre la prima a informarmi in modo serio e documentato sulle iniziative per gli esordienti.

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20 Comments

  • Coma haspirante (la h ci sta bene perché il respiro spesso lo devo trattenere) scribacchina è un piacere, ma che goduria pura, leggere di bande bassotto sgominate. Grazie a te che metti il tuo tempo a disposizione di chi voce ne ha poca o nulla!

    • Mah, in realtà sgominate non credo… sarebbe già una gran cosa se gli haspiranti (quest’acca ci sta proprio!) prendessero decisioni consapevoli. Informati dei fatti, insomma. Ai tempi di internet è più facile far girare le notizie. Grazie al cielo!

  • scandalosi!!! stavo proprio buttando un occhio al guttenberg, e, grazie alla tua considerazione sull’editing da parte dei poveri corsisti, rinuncerò! grazie Chiara, continua così!

    • Non conosco bene la sorte dei corsisti… ma non capisco perché un autore che fa un lavoro – cioè scrive – e vince una pubblicazione non dovrebbe ricevere nulla in cambio. In più il suo testo – a insindacabile giudizio – viene manipolato da tizi che non conosce. Lo trovo un tantino complicato e pure irriguardoso. Ciao, Tomas!

  • Guarda io arrivo a capire che un aspirante scrittore possa anche rinunciare al compenso pur di vedere pubblicata e distribuita in maniera valida (cosa non da poco e il più delle volte sottostimata) la sua opera prima, però che debba addirittura mettere mano al portafogli è pazzesco. Purtroppo l’ego (o igo, alla Briatore..) delle persone è enorme.

    • Igo igo igo!
      Tonino 75, sei fuori!
      Occhei, riprendo un certo contegno. Io ammetto pure che uno metta mano al portafoglio, ben consapevole però di quello che otterrà e di quello che, di per certo, non otterrà.

  • Ho partecipato a moltissimi concorsi, sai le solite antologie spesso introvabili, i più seri in effetti erano gratis. Ne ricordo uno del quotidiano free press Metro patrocinato dall’Università la Sapienza di Roma, gratuito e poi con somma gioia trovai il libro in una bella libreria milanese ormai chiusa senza che lo stessi cercando. Per il resto facciamo 4 conti della serva e vediamo quanto incassano con 10 euro di partecipazione, considerando che poi chi viene pubblicato minimo una copia la comprerà, no? Senza royalties. Ti dico anche che io ho molti amici aspiranti scrittori e i concorsi anche quelli a pagamento vanno per la maggiore come formula per tentare di farsi conoscere. Per me è pura illusione, ma di questo nutrito gruppo io sono l’unica a essersi affidata a una (ottima) agenzia. L’agenzia viene ancora vista come qualcosa di oscuro. Concludo dicendo che mi è giunta voce che il celebre premio Calvino, direi il n. 1, costa 120 euro.

    • Sandra prezioso il tuo intervento anche perchéi sento meno sola. Concordo che buone e serie agenzie e ci metto alcune scuole di scrittura siano strumenti migliori di tanti concorsi. Nell’era digitale poi ci sono tante modalità di farsi leggere e a fagiolo trovo interessante questo link http://blog.ebookfest.it/

    • Cara Sandra,
      come hai ragione. Credo che il Calvino sia sui sessanta, ma forse è solo il “giovani” a costare meno.
      Disapprovo, anche se lì si ha almeno a che fare con gente seria che invia una valutazione puntuale (ne ho lette diverse) dell’opera.
      Rimane il fatto che, a mio avviso, i concorsi servono per mettersi alla prova, per trovare lo sprone di scrivere, per scoprire lacune, per entare in contatto con persone del settore… ma per farsi conoscere bisogna puntare solo a quelli davvero seri e validi.
      Un bacione!

  • Cari tutti,
    il bello della rete è che le notizie girano più facilmente; il brutto invece è che nessuno le controlla, queste notizie, percui spesso capita che voci buttate lì con leggerezza crescano fastidiose (la calunnia è un venticello, diceva Basilio nel Barbiere di Siviglia…). Sappiamo bene che ciò accade anche perché il mercato editoriale sembra una giungla, specie agli occhi degli autori esordienti e che spesso – per colpa di alcuni sciacalli – ogni iniziativa presa da una casa editrice venga passata al vaglio da migliaia di lenti d’ingrandimento cariche di rancore. Non per questo bisogna generalizzare e appiccicare scomode etichette che dal punto di vista della visibilità e della reputazione possono bruciare anni di impegno, fatica e lavoro certosino. Quindi ci sembra il caso di intervenire qui, come del resto abbiamo già fatto su Writer’s Dream (qui il post su cui si è ampiamente dibattuto del nostro concorso http://www.writersdream.org/forum/topic/13399-premio-del-leone/. Superfluo segnalare che la discussione l’abbiamo aperta noi, proprio nell’ottica della trasparenza e della disponibilità al dialogo).
    La partecipazione al nostro concorso costa, è vero. Tanto? Poco? A noi pare in linea col mercato, ma questo può giudicarlo chiunque di voi, scegliendo di partecipare o meno. A cosa servono quei soldi? Bandire un concorso costa, e non stiamo parlando semplicemente del budget stanziato per il premio, che è di 1000 € per il miglior romanzo e 500 € per il miglior racconto: ci sono persone che si occupano dell’organizzazione, della comunicazione, della segreteria, della pubblicità. E noi non crediamo nel lavoro gratuito. Crediamo invece nel nostro catalogo: è per questo che ci riserviamo il diritto di non designare un venditore, qualora il materiale ricevuto non sia all’altezza. Ci sembra doveroso, e indice di serietà: ogni editore ha una piccola responsabilità per evitare di peggiorare il panorama letterario nazionale. Così come ci sembra serio investire sui titoli che veramente meritano: il nostro concorso non mette in palio solo vile denaro, ma un vero e proprio contratto editoriale (con tanto di royalties, senza capestri, con la certezza di una promozione e distribuzione a livello nazionale), che garantisce all’autore una collaborazione continuativa e non una tantum. Perché questo è quanto ci interessa veramente: non estorcere due lire al povero esordiente di turno vittima del perverso mondo dell’editoria, ma investire sul lungo periodo. Il nostro bando è preciso e articolato, citare un articolo così fuori contesto è fuorviante. Quindi vi invitiamo a dargli un bello sguardo, da cima a fondo. Lo trovate qui: http://www.leoneeditore.it/premio/regolamento/.
    Se ci fosse ancora qualcosa di poco chiaro, o di discutibile ai vostri occhi, siamo aperti ad ogni tipo di confronto.
    A presto,

    Leone Editore

    • Non partiamo subito con il piede sbagliato.
      Una comunicazione pubblica, divulgata sul web, viene fatta perché ci sia un dialogo. Io metto nomi e cognomi ma ci metto anche la mia faccia. La calunnia poi è una cosa, riportare una informazione, in questo caso un punto del vostro bando, mi sembra tutt’altro. Mi pareva e mi pare tuttora una clausola curiosa, la vostra, e il punto interrogativo a fine periodo del mio post non è casuale: di domanda si trattava.
      Leggo la vostra risposta (accolgo l’invito a leggere da cima a fondo il bando, ma di solito leggo sempre da cima a fondo; e leggerò con piacere anche la discussione di Writer’s Dream, ho la massima stima per Linda Rando) e vi ringrazio molto per essere passati di qui e aver avuto voglia di confrontarvi e di scrivere questa lunga risposta. Però rimango dell’idea che se il concorso viene annullato causa scarso livello del materiale ricevuto, il fatto di aver chiesto dei denari vi mette in una posizione scomoda, diciamo così. Ecco perché non chiedere soldi sarebbe doppiamente una ottima idea!
      Per favore, però, non scivoliamo nel furbesco citando la difesa del lavoro retribuito. Le posso assicurare che ho fatto la giurata di diversi premi e sono sempre stata retribuita (ma nessun autore ha dovuto sborsare alcunché) per il mio lavoro. E non è affatto fuori contesto estrapolare un punto, a mio avviso controverso, di un bando. Il punto l’avete scritto voi, io l’ho solo riportato.
      E nel massimo rispetto delle vostre opinioni, esprimo la mia.
      Un caro saluto,

      Chiara

  • Quelli che non chiedono soldi non valutano esordienti, chi valuta esordienti chiede soldi…buffo settore…

    • Be’ un editore non dovrebbe mai chiedere soldi. Lui i soldi, dovrebbe, farli vendendo i libri.
      Poi ci sono le agenzie e quelle chiedono soldi per forza, visto che guadagno sui servizi che offrono (ma mica è obbligatorio rivolgersi a loro).
      Ci sono anche, è vero, agenti che non chiedono soldi per la valutazione ma non accettano esordienti perché hanno un portafoglio di scrittori già ben avviati.
      Quello che conta è scegliere, conoscendo costi e benefici. Certo informarsi alle volte è un lavoro!
      Ciao!

      • Mi si perdoni ma, da un punto di osservazione un po’ – forse – accovacciato, mi viene da domandare: la capacità di intendere e volere è ancora patrimonio del genere umano? Mi chiedo, anche solo a voler intavolare un discorso di superficie, quali difficoltà si avrebbero nel non partecipare al concorso in parola ritenendo i 50 euro un’indebita richiesta? Cioè, che l’editore NON DOVREBBE MAI CHIEDERE SOLDI, mi pare un po’ affermare, caso contrario, che la richiesta sia anche solo moralmente indebita e, per miei limiti, non capisco proprio il perché. Altrettanto lecito è, invece, non darglieli e il gioco di domanda e offerta è bell’e fatto! O no?

      • Vincenzo, che strano commento il suo… Cosa c’entrerebbe la capacità di intendere e volere?
        Premettendo che: partecipare un concorso non è obbligatorio ma neppure indirlo. Sì, credo che un editore dovrebbe fare l’editore e se desidera fare concorsi, in rispetto e in relazione al suo ruolo, non dovrebbe chiedere un euro.
        E certo che è indebita la richiesta di soldi da parte di un editore! Perché mai uno che guadagna sui libri venduti dovrebbe chiedere soldi? E magari chiederli proprio all’autore, cioè quello che gli fornisce il prodotto da vendere?
        Se le hanno detto il contrario, le hanno detto male. Si fidi!
        Un caro saluto,
        Chiara

  • Se qualcuno fosse così gentile da indicarmi quale modulo si debba riempire per entrare a far parte della lista degli “autori affermati” …

  • Gentilissima, in effetti i miei dubbi si accrescono… Forse mi sono spiegato male nella precedente. Ci riprovo: c’è un editore, cioè un imprenditore, cioè uno che, come lei stessa dice, guadagna nel vendere i libri. Dunque, non un benefattore, o un filantropo. Questo malsano individuo decide di indire un concorso e decide che, per pagare un altro soggetto che lavora per lui, che magari quei racconti li deve leggere e valutare, vuole chiedere 50 euro a chi intende partecipare a detto concorso. Ovviamente, non nasconde questo suo intendimento, ossia non dice che il concorso è gratis per poi sottrarre, nottetempo, la carta di credito del giovane e sprovveduto autore, ma richiede formalmente la losca dazione di danaro. Chi legge il bando, con capacità di giudizio, decide liberamente di non aderire a detto bando e di non destinare al malfattore in esame neanche un centesimo.
    Ambo i comportamenti, a mio giudizio, si sottraggono al biasimo universale.
    Speranzoso di aver schiarito il mio punto di vista e altrettanto umilmente conscio di non voler in alcun modo imporlo, la saluto caramente.

    • Vincenzo,
      io trovo molto poco astuto che un editore, serio, rischi di essere scambiato per un Eap (un editore a pagamento) andando a chiedere soldi ai partecipanti del concorso che indice. Tenga poi presente che un concorso non è di default a pagamento, anzi. Di solito si ricorre alle sponsorizzazioni e ai patrocini che dovrebbero risolvere i costi di segreteria eccetera.
      Perché poi un editore dovrebbe indire un concorso? Se lo fa per il privilegio di dar vita a una bella iniziativa culturale, il “fee” è proprio fuori luogo. Se lo fa per procacciarsi nuovi probabili autori, il chiedere soldi lo trasformerebbe immediatamente in un Eap.
      Voglio dire, per esempio, Io scrittore è un ottimo torneo letterario indetto dall’immenso gruppo Gems e non costa alcunché.
      Poi, chiaro, se uno vuole chiedere soldi è libero di farlo! Se uno vuole buttarne pure!
      E come lei anche io mi limito a dire la mia.
      Buona serata!

      Chiara

      P.S. Spesso, ahimè, chi chiede soldi per i concorsi fa il furbetto anche per la questione “pubblicazione a pagamento”. Cioè si fa pagare per pubblicare, per editare i testi, per correggere le bozze… O, che ne so, magari propone a qualche sprovveduto esordiente un contratto di “consulenza” per dieci anni al costo di parecchie migliaia di euro. Insomma, cose tristi.

  • La quota per partecipare al Calvino è di 80 euro. Ogni concorrente (circa 600 all’anno) riceve la scheda di valutazione. Molti testi ricevono più di una lettura. I lettori del Calvino sono 25.
    I 120 euro sono la quota prevista per i (pochi) testi la cui lunghezza supera le 600.000 battute.
    Il bando in cui è indicata la quota di partecipazione viene pubblicato sul sito ogni anno a metà maggio.

    • Ciao Giorgia,
      grazie per le precisazioni. Come detto, disapprovo i premi a pagamento, ma almeno il Calvino era ed è una ottima vetrina per un esordiente.
      E per la scheda: ne ho lette di ottime e di pessime. Ma non credo che questo debba giustificare alcun costo. I lettori, i giurati, insomma tutta l’equipe che sostiene la manifestazione non dovrebbe essere pagata da chi partecipa alla manifestazione. Questo in un mondo ideale, ovvio.
      Alla prossima!

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