Paghi… ma non se hai pagato

Paghi… ma non se hai pagato

Perché gli amici della Zero91 – i creatori dell’amato logo NoEap – si son fatti lo sgambetto da soli?
Propongono infatti un concorso letterario. A pagamento: quota di iscrizione 30 euro.
Quota che comporta “oltre alla valutazione tecnica da parte del comitato di lettura, una scheda di valutazione”. Trenta euro per una scheda è poco, ma da un editore non mi aspetto la scheda, mi aspetto una proposta editoriale o un “no” (se motivato è meglio).
Il tutto di norma è gratis.
L’obiettivo è trovare tre romanzi da premiare e pubblicare. Strano, di solito una casa editrice ha il problema opposto: arginare lo tsunami di dattiloscritti che reclama attenzione.
E poi c’è una questione ovvia: se tra i testi pervenuti non ci fosse nulla di valido, la Zero91 si riserverebbe il diritto di non premiare alcuno. Scelta logica – pubblicare brutture è autolesionista – ma che diventa sgradevole a causa della richiesta di denaro.
Non che 30 euro siano una cifra spaventosa… E allora perché chiederla?
E poi c’è il sine qua non del punto 2 del regolamento. Il concorso è aperto a “tutti gli scrittori di lingua italiana, che non abbiano mai pubblicato con una casa editrice a pagamento”.
Perché?
Un conto è non fare pubblicità agli Eap, ma aver pubblicato a pagamento non dovrebbe essere, a priori, un marchio infamante. Spesso è un “incidente di percorso” dovuto a cattiva informazione.
Per i megalomani illetterati che esigono (e pagano) la pubblicazione non v’è salvezza. Escluderli da un concorso non li guarirà (anche se “non pagherai perché hai pagato” è un curioso contrappasso). E tutti gli altri autori, quelli con ego normodotato a caccia di una occasione? Che senso ha tagliarli fuori?

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27 Comments

  • Ti quoto in toto. Sempre lucida Chiara: perchè escludere a priori qualcuno che abbia avuto l’incidente di percorso dell’Eap, e poi si sia ravveduto? Molti ci cadono per ingenuità. E poi, da chi inserisce una clausola del genere, non mi aspetto chieda ben 30 euro, oltre al fatto, come ben sottolinei, che normalmente agli editori arriva una marea montante di testi da analizzare.
    un saluto
    Tomas

    • Io li chiamo “amici” perché davvero li considero tali. Si sono sempre fatti un gran mazzo per evitare tristezze Eap e compagnia cantante. E sta cosa non me la spiego.

  • Il bando di concorso, effettivamente, non è quel trionfo di coerenza. Forse si spiega se lo vedi come espediente pubblicitario. Il concorso in genere innesca un passaparola gratuito e virale, Il marchio si diffonde e con esso i titoli in catalogo. Anche il limite tra le 80.000 e le 200.000 battute è un po’ castrante. Se hai scritto un romanzo da 500.000 battute che fai? Gliene mandi solo metà? 😉

    • Come dice (sotto) Sandra, anche il limite di 80mila fa un po’ acqua.
      Devo ammettere che apprezzo non si tratti di racconti. Le raccolte sono sempre un modo per fare cassa. Prendi quindici autori, esordienti, stai certo che ciascuno comprerà una quindicina di copie a testa… e i conti sono fatti.
      La richiesta di romanzi è quindi tutta un’altra storia. Però l’operazione rimane claudicante.

    • Beh, oggi nessuno pubblica più oltre le 120’000 battute. Molti lasciano passare racconti per romanzi brevi. Direi che ci sta. Non piace (nemmeno a me), ma la tendenza è quella.

  • Tra l’altro 80 mila battute è quasi un racconto. Piove anche sugli editori che pensavo immuni da tali scivoloni, quelli che avevo messo nel mio personale olimpo. Peccato. A furia di tirare righe sui nomi rimane pochino, ma rimane rimane. Io non mi stanco di sondare il mercato. Eap detector. Love all’ennesima potenza Chiara.

    • La potenza, è l’Eap-Sandra-detector. Tutto merito tuo, insomma, che sei sempre tanto attenta.
      Grazie!

    • Beata te. Io ho smesso di cercare editori 2-3 anni fa, quando mi sono imbattuto nelle storie più assurde e pazzesce e più si va avanti e più si scopre di tutto e di più.

  • 30 euro sono molti, invece.

    • Ovviamente Giovanni intendevo “pochi” se paragonati a quanto di solito si chiede per – schede, editing, Eap – e altre diavolerie del settore “spennamenti e affini”.

      • Sì, questo lo avevo capito, ma per un concorso con selezione per una piccola casa editrice 30 euro sono proprio tanti. Chiunque chiedesse anche un solo euro io non vi parteciperei. Escludo dai concorsi a pagamento il Premio Italo Calvino senza remore. Dove partecipo volentieri.

        • Qui da qualche parte si parlava proprio del Calvino e dei concorsi a pagamento. Concordo su tutta la linea, Giovanni.

  • concorsi puliti ce n’è: http://www.kultural.eu/i-edizione-premio-letterario-linguaggi-neokulturali

    basta cercare bene e boicottare quelli così. brava Chiara!!

  • Io ho trovato un editore in contro tendenza che pubblica solo da 100 mila parole (occhio parole non battute) in su. Mi riservo di metterlo nell’olimpo, tanto si è liberato il posto di zero91, più avanti, per ora è ancora sotto la lente d’ingrandimento.

    • Ah, vedi che da fare… sposta qui, metti là… in Olimpo è sempre tempo di pulizie ;-)!

    • un libro “breve”, stando in quei numeri di battute, è a mio avviso un libro da “ombrellone”, o da “weekend” come amo chiamarli. Naturale che qualche editore lo fa per limitare i costi di stampa e poter recuperare velocemente le spese.
      Ma devi anche proporlo poi a prezzo basso… non mi prendo un “libretto” (con tutti il rispetto) se costa 16 euro.

      Comunque chi cerca ancora “libri” e non racconti lunghi, esiste ancora 😀

  • Buongiorno cari lettori di Bookblister
    Rispondo in qualità di direttore editoriale della Zero91, casa editrice chiamata in causa per tanto, anzi troppo fumo, a mio modo di vedere.
    Il concorso indetto dalla nostra casa editrice ha il limite delle 200.000 battute massimo perché il racconto/romanzo verrà pubblicato nella collana LSM, cioè quella il cui formato dei libri è piccolo (stile Marsilio, per capirci) e consta di non più di 200 pagine. Un esempio, su tutti, è il romanzo di Stefano Ceccarelli “La mia fine del mondo”.
    Ovviamente siete liberi di pensarla come volete sulle 30 euro richieste per spese di segreteria e scheda di valutazione (alla quale facciamo lavorare degli stagisti che per questo servizio vengono pagati; provate a chiedere alle agenzie letterarie à la page, quelle tanto di “sinistra” per capirci, che piacciono al mondo letterario che conta, se danno compensi ai loro stagisti)
    Un fatto rimane. Noi per pubblicare non facciamo pagare i nostri autori. Chi pubblica con noi lo fa perché, secondo noi, è meritevole. Non riteniamo di aver fatto alcuno scivolone, perché la battaglia NOEAP è non solo viva e vegeta ma, vi ricordo, creata dalla Zero91. La cosa che mi stupisce è che non si parla dei premi letterari indetti dai vari premi Calvino, Nottetempo etc, forse perché non fa comodo inimicarsi i pezzi grossi. Sapete che per partecipare al Calvino si pagano 80 euro e che il vostro manoscritto non lo rivedrete mai più e nemmeno si degneranno di dirvi se gli sia piaciuto o meno?
    Chi contesta queste iniziative, soprattutto chi prende di mira noi, non sa nulla del mercato e del mondo editoriale, del suo funzionamento, di come le piccole case editrici vengano quotidianamente penalizzate e di come facciano una fatica mostruosa a sopravvivere. Chi contesta queste iniziative sa soltanto condurre battaglie da tastiera di PC, mai sporcarsi le mani in trincea, per carità; sa soltanto basarsi su dei principi vuoti e spesso ideologici. Far pagare 30 euro (appunto, 30 euro) per spese di segreteria in un concorso letterario in cui vengono impegnate altre persone è sacrosanto e come Zero91 rivendichiamo questa iniziativa. Chi non vuole partecipare, libero di non farlo. Lì fuori di case editrici a pagamento, vere, ce ne sono tante, vi aspettano a c/c bancario aperto.
    Buona giornata
    Adriano Angelini Sut

    • Che brutta risposta!
      Direi una occasione mancata per comunicare e chiarire una scelta editoriale, diciamo così, tutt’altro che condivisibile.
      Buon weekend,

      Chiara Beretta Mazzotta

  • Sono quella dello scivolone e molti post fa sono stata la prima ,o tra i primi, a citare il Calvino dicendo che mi sembrava costoso. Mi piacerebbe conoscere la motivazione della decisione di escludere a priori dal concorso chi in passato ha pagato per pubblicare. E poi perchè tirare in ballo la “sinistra” e buttarla sempre in politica? Il problema non sono solo i 30 euro, ma il fatto che potrebbe non esserci un vincitore.
    Grazie!

  • Ovviamente quella della sinistra era una battuta. Al solito non recepita.
    Il vincitore potrebbe non esserci se i testi che arrivano sono, secondo il nostro parere, di livello non adeguato. A differenza di altri premi, tuttavia, si viene ricompensati dei 30 euro spesi dagli aspiranti scrittori con una scheda di valutazione dell’opera. Ricordo che per avere una scheda di valutazione dell’opera in genere sono necessari dai 250 ai 300 euro, in qualsiasi agenzia letteraria o presunta tale. Schede che, nella maggioranza dei casi, vengono redatte da stagisti non pagati.
    Personalmente continuo a ritenere molto diverso un concorso letterario dove si paga una quota minima e si ha la possibilità di vincere una pubblicazione e andare in libreria, da un libro che si è costretti a pagare per pubblicare e non vedere mai in libreria.
    Ma magari mi sbaglio
    Buon fine settimana

    • Visto il tono, sì, direi che la possibilità di sbagliare si è fatta, da potenza, atto.
      Comunque.
      Possiamo stare qui a discutere annoiando le folle (senza far ridere alcuno, ahimè) ma io devo ancora capire da quando in qua gli editori hanno il dovere di indire concorsi a pagamento per trovate autori da pubblicare.
      Leggende urbane narrano di editori che leggono i dattiloscritti ricevuti in casa editrice o suggeriti da agenti letterari (grazie alla manovalanza di frotte di stagisti, ovvio).
      E visto che i vostri lettori non sono stagisti ma professionisti ben pagati: fornite nomi e CV, così i poveri idioti che affollano l’Eap saranno lieti di correre ai ripari da voi (ah, no, è vero, loro non possono).

  • Sandra, mi scuso dovevo rispondere alla prima domanda.
    Riteniamo che chi ha pubblicato a pagamento sia disposto a tutto pur di avere un suo testo, anche a farsi umiliare. Capisco che i marchi d’infamia non sono belli, e infatti non vogliamo farli. Facciamo così, se qualcuno invia un bel racconto inedito per il concorso e magari scopriamo che ha pubblicato a pagamento in passato, ci riuniremo e decideremo se derogare a questa regola; magari ci sbagliamo noi e l’autore era talmente bravo e sfortunato che era stato ignorato da tutti e costretto a rivolgersi alle case editrici a pagamento. Chissà

    • mi ero persa questo pezzo. scusate. Magari è solo uno che ha pagato perchè in quel momento gli andava ma non lo rifarebbe manco morto e gradirebbe un appello tanto per. Grazie

  • Io ne ho spesi 150 + Iva e il lavoro non è stato fatto da uno stagista. Io non recepisco le battute, evabbe’ pazienza il senso dell’umorismo è assai soggettivo, ma voi continuate a non dire perchè chi ha pagato in passato non può partecipare.
    Dai sì buon weekend. Chiudo altrimenti diventa un botta e risposta tra me e voi e mi tocca pagare l’affitto a Chiara : )

  • Non si tratta di non voler dire perché chi in passato ha pagato non può pubblicare con noi. L’ho spiegato, siamo convinti che chi è disposto a pagare (anche cifre assurde) per pubblicare il suo libro non solo non sia ben consapevole delle sue capacità, ma sia in cerca di una scappatoia privilegiata che nella maggior parte dei casi è dovuta ad assenza di talento; un comportamento che alimenta l’assurdo meccanismo dello sfruttamento editoriale da parte di case editrici spregiudicate. Poi esistono le eccezioni, coloro che sono incappati in questo meccanismo per sbaglio, i pentiti, ecc. Non lo metto in dubbio. Per quanto riguarda il nostro concorso LSM, mi ripeto, valutiamo il racconto, se poi dovessimo accorgerci che è bellissimo e che l’autore in passato ha pubblicato con una casa editrice a pagamento valuteremo sul momento cosa fare. Anche noi non siamo contrari a dare appelli a chi merita.

  • Gentile direttore della zero91, è vero quello che tutti i commenti sostengono: gli indirizzi delle case editrici ( reali o virtuali) straripano di manoscritti che attendono di essere giudicati e, nella migliore delle ipotesi, pubblicati. Perché allora indire il vostro concorso? Per pagare i lettori? Cari genitori del NO EAP, siete magari in buona fede, ma anche questa è una forma di editoria a pagamento (anche se poco remunerativa.)
    Ci siete cascati…e per soli 30 euro. Le case editrici veramente virtuose non addebitano alcun costo di lettura all’aspirante scrittore e, se questo è il vostro primo tentativo di concorso, allora vuol dire che “fino a ieri” anche da voi non era richiesto alcun obolo. Che cosa è cambiato?
    Preferisco pensare che la casa editrice che lei dirige sia stata costretta a cedere alla tentazione di una modesta competizione, (non solo nel prezzo di adesione ma anche nel premio per il vincitore,) come conseguenza della necessità di denaro che scarseggia nelle casse di tutti gli editori. Un peccato veniale dato dalla necessità ma nessuno vuole mai ammetterlo.
    Mi permetta però una rettifica importante anche in merito al Premio Calvino che, da amante dei libri, seguo da diversi anni. Gentile direttore, mi creda, il Pic è ancora l’unico concorso serio presente nel triste panorama di questo paese. Intanto, c’è una premessa necessaria che lo differenzia anche dal suo: non è indetto da nessuna casa editrice ma da un’associazione. Inoltre, è vero che la quota di partecipazione richiesta oscilla tra gli 80 e i 120 euro ma il Premio fa da volano tra l’autore e i più prestigiosi editori presenti sul mercato. I finalisti PIC hanno spesso la possibilità di scegliere il marchio a cui affidarsi: un esito molto diverso dal vincitore di una competizione ristretta all’interno di una singola casa editrice sia essa la zero91 o Nottetempo ecc ecc…
    Chiudo, caro direttore, con un’ ultima precisazione dovuta – questo sì che è uno scivolone – alla trascuratezza che lei addebita al Calvino che,a suo dire, non fa sapere ai candidati l’esito della valutazione. Lo scrivo con cognizione da ex partecipante: niente di più inesatto e questo, mi scusi, un direttore editoriale dovrebbe saperlo!
    Il PIC manda a tutti i candidati una scheda analitica molto dettagliata: uno strumento importante per migliorare la propria storia o per archiviarla e affrontarne una nuova con una maggiore maturità. Detto questo, auguro ogni fortuna al vostro concorso anche se rimarrà un interrogativo: per pubblicare con voi, i 30 euro offriranno l’unica strada?
    Se la risposta è Sì, allora anche la zero91 è ascrivibile alla black list degli editori a pagamento.
    Se la risposta è No, allora basta lasciar decorrere i termini della gara, ignorare il concorso e inviare il proprio manoscritto come ai bei vecchi tempi.

  • Torno nuovamente a rispondere e a cercare di fare ulteriore chiarezza.
    Intanto ringrazio Chiara per l’ospitalità che ci sta dimostrando, forse ho avuto un atteggiamento che può essere sembrato “brusco” ma è il difetto del web e soprattutto dei forum, dove le “discussioni” non sono faccia a faccia ma con uno schermo e delle parole scritte.
    Forse è anche “”colpa”” dell’animo di chi veramente lotta ogni giorno nel mondo editoriale, tra mille difficoltà di ogni genere e lo fa tenendo fede al concetto di editoria pura (sempre stata fiore all’occhiello di questa casa editrice: dalla sua nascita fino al mio ingresso e sempre nel futuro), senza nessuna necessità di impegno economico o altro da parte dell’autore, che mi ha fatto rispondere così “di pancia”.
    Questo per delucidare, laddove ce ne fosse bisogno e per chi ne avesse bisogno, sulle mie precedenti risposte, non per giustificarmi in qualche modo.

    Per arrivare al punto su cui ci stiamo confrontando: semplicemente nel momento in cui abbiamo fissato una quota d’iscrizione (i 30 euro sono questo e basta, non il pagamento di altro o di servizi editoriali) abbiamo pensato anche di “offrire” e non di “farci pagare”, una scheda dettagliata di lettura. Ripeto, “offrire”. Forse se non avessimo messo per iscritto questa nostra volontà e avessimo semplicemente indicato “Quota di iscrizione:30 euro” non si sarebbe verificato questo misunderstanding. O forse è spiegato male. O forse nel corso del dibattito è andata persa questa informazione.
    Se ne può discutere e prendere accorgimenti su questo punto.
    Ma la nostra volontà era ed è offrire una scheda, non farla pagare. E ribadisco, ancora, i 30 euro sono una quota d’iscrizione.
    E quindi voglia mandare il suo manoscritto in lettura al di fuori del concorso può farlo tranquillamente e non dovrà pagare niente. Quindi sinceramente, non saprei come si possa giudicare la casa editrice “A Pagamento” o presa da uno scivolone, viste queste intenzioni. Che a noi sembravano chiare, ma evidentemente non è così.
    L’accostamento al Calvino (con cui si collabora e che stimiamo, e mi spiace di aver detto che il Calvino non fa schede, quando in realtà le fa, ma io mi riferivo al fatto che in generale i concorsi letterari difficilmente fanno schede di valutazione.) non era un paragone negativo, voleva essere un esempio di come si paghi una quota per partecipare a un concorso. Niente di più. E una risposta al fatto che 30 euro fossero un’enormità. Anche qui, sembrerebbe che la “pancia” abbia fatto credere altro.
    La casa editrice valuta assolutamente tutto. Quindi chi vuole partecipare può farlo, chi non vuole farlo e inviare comunque il suo manoscritto può farlo.Abbiamo il nostro form apposito sul sito.
    Non obblighiamo a partecipare e tantomeno ci sognamo di non valutare manoscritti che potrebbero avere le caratteristiche per partecipare al concorso e che arrivino sul form… ci mancherebbe altro. Quello che vogliamo è realizzare bei libri e offrire belle storie.
    Per il discorso di esclusione dei NO EAP (scrittori che sono incappati) mi sono spiegato dicendo che ovviamente tendiamo una mano, ma a chi magari è incappato una volta (non 30). Non siamo dei cerberi che non sanno guardare ad altro e possiamo anche “comprendere” alcune decisioni prese all’inizio di un percorso di scrittura da un esordiente. Poi sta all’intelligenza però capire le reali motivazioni e se ci sono dei vizi.
    Altro tema è se una casa editrice possa o non possa indire un concorso. Qui ci sarebbe molto da discutere. Ognuno credo la possa vedere a suo modo, ma ci vuole semplicemente un confronto costruttivo e non una “gogna pubblica” (prendetelo con più virgolette di quelle che sto utilizzando) per mettere (forse) d’accordo tutti.
    A questo punto, credo di aver detto tutto. Credo che non ci sia motivo alcuno di parlare della realtà di Zero91 come di una casa editrice a pagamento, visto che siamo quanto di più lontano da ciò e di più antitetico si possa avere in tal senso (e anche sul concetto di DOPPIO BINARIO, che ci repelle come il pagamento, allo stesso modo) e credo di aver detto tutto il possibile circa il chiarimento necessario a rasserenare gli animi sul nostro lavoro.
    Se così non fosse, non saprei cos’altro dire, dato che più chiaro di così non so se riuscirei ad esserlo.
    Ringrazio per i commenti, ringrazio per il confronto e per i suggerimenti (perché anche di questo si è potuto, sottotraccia, parlare su questo blog) e resto a disposizione.
    Insieme alla casa editrice. Che è un porto davvero sicuro – e i molti scrittori che hanno pubblicato con noi lo possono dimostrare – per chi non vuole vedere svenduto o parcellizzato il proprio lavoro.
    Un saluto

    Adriano Angelini Sut

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