#OgginLibreria 1

#OgginLibreria 1

I primi effetti devastanti del caldo? Basta dare un occhio alle alterazioni comportamentali in rete. Litigate minime&mortificanti, conflitto di interessi, polemiche sterili…

In tutto questo bailamme, ieri hanno assegnato il Premio Strega giovani. Lo ha vinto Giuseppe Catozzella (Non dirmi che hai paura, Feltrinelli).

Sì, lo so, io la settimana scorsa ho battuto la fiacca, ma domani mi farò perdonare: mega post con gli ultimi sei candidati e mia personale cinquina. Per quello che vale… Visto che certi premi ormai scricchiolano sotto il peso dell’indifferenze e inciampano in clamorosi passi falsi (date un occhio a quello che scrive Pippo Russo sul romanzo di Antonio Scurati).

Comunque non mi scompongo e – dopo abbondanti dosi di Maalox – galleggio, anzi veleggio il mare in tempesta e rilancio con #ogginlibreria. Vaneggiamenti accaldati sull’editoria, a partire da un dato che mi provoca sempre un certo sconcerto: il numero di titoli pubblicati ogni giorno. Oggi ci sarebbe da festeggiare, non sono usciti libri. Ieri erano solo 19, un bel numero naturale e pure un numero felice.

Di solito le cose però non vanno così. Per darvi una idea della mole di proposte vomitata, pardon, immessa sul mercato: il 4 giugno i libri usciti erano 94, il 29 maggio 203… e il dato si colloca spesso sopra il centinaio.

Insomma oltre a stampare libri, bisognerebbe clonare lettori.

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11 Comments

  • Dicono che pubblicare un libro è difficile, perseverare no?

    • Pubblicare è “difficilerrimo”. Se dai un occhio alle uscite, gli italiani sono il fanalino (ino) di coda.
      Dall’estero ne arrivano parecchi, insomma 😉

      • Invece pubblicare è semplicissimo. Le regole che fin qui hanno regolato il mondo dell’editoria sono al capolinea. Non conosco il mondo degli editori se non dall’esterno, ma quel che ne filtra è un’evidente viale del tramonto. Il self-publishing, quello di qualità, presto inizierà a farsi strada anche in Italia. Noi come periferia dell’impero siamo tardi ai cambiamenti, ma cambieremo. Le nuove generazioni di autori, per quanto lo stagno dell’italiano sia limitato, appartengono a un mondo globale. E così come in ogni ciclicità i dinosauri scompaiono, degli editori resterà chi saprà rimodellarsi alla modernità. Figure come gli spazzacamini, i cocchieri e i tanto bramati alchimisti non troveranno posto, come sempre, se non come alone romantico, sotto i teli che la storia adagia, solo per preservarli dalla polvere.

        • Marco,
          sono in disaccordo.
          Prima di tutto che sia difficile pubblicare è sano e saggio. Per le cose di qualità ci vuole tempo, impegno. E il talento per la scrittura, o più semplicemente, il mestiere di chi scrive non è per tutti. Sarebbe ridicolo il contrario (a me la democratizzazione della scrittura fa orrore, anzi come direbbe il buon Fantozzi è una cagata pazzesca).
          La filiera editoriale è composta anche da validissime competenze. E a un autore servono. Serve qualcuno che lo scelga, creda in lui e lo valorizzi, serve un editor che lo consigli, serve un correttore bozze che abbia cura del suo testo, un traduttore che lo porti all’estero e gli regali muovi lettori, un impaginatore, un grafico, un ufficio stampa che lo comunichi eccetera.
          All’estero i numeri sono diversi, ma il problema del self è l’assenza di filtro. Se fosse un bacino interessante, editori e agenti pescherebbero lì. Così non è, al momento. E anche nel self ci sono le porcate e i furbetti, per esempio quelli che ti estorcono commenti positivi (minacciandotene di negativi), gente che si auto-compra centinaia di ebook per far salire il titolo in classifica e altre amenità…
          Ogni settore è martoriato dal marcio, ma nessun luogo è il paradiso. Credo alla gente che fa bene il suo lavoro. L’editoria non è il male.

          • Assolutamente, non ho detto che l’editoria è il male. Così come il self-publishing non è il paradiso.
            Io dico soltanto che il mondo sta cambiando, e gli editori quelli bravi devono adeguarsi. L’estinzione è per chi non saprà guardare al futuro con la giusta prospettiva. Io ammiro e apprezzo l’editoria tradizionale per il lavoro svolto, i libri che amo e ho amato sono il frutto di questo lavoro.
            Però analizzando il mondo editoriale, a mio giudizio, gli scrittori sono la parte marginale della filiera. Pur rappresentando l’elemento essenziale del prodotto, in un contratto editoriale sono l’ultima ruota del carro. Un esordiente se non supportato da una grande casa editrice, che spazio ha? Pochi giorni in una libreria, qualche incontro tanto per fare promozione e poi? Il magazzino e il diritti ceduti per 5, 10 o 20 anni. Il sistema attuale implode proprio perché le reali possibilità per un autore, anche molto bravo, sono scarse. Le figure professionali del mondo dell’editoria non spariranno nemmeno col self-publishing, perché ugualmente cruciali ed essenziali. Già negli Stati Uniti per chi decide di auto pubblicarsi, alcuni passaggi sono chiari. Io per il mio libro “in scrivendo” passerò da un editor (che peraltro ho individuato in voi della Punto&zeta. Apprezzo enormemente le tue competenze), da un correttore di bozze e un grafico professionista. Il webmarketing lo curerò da me, visto che faccio questo di mestiere. Io non cerco una scorciatoia alla pubblicazione, devo solo creare un prodotto libro (concetto orrendo, ma cosa è per gli editori un libro?) al meglio. Metterci dentro la mia anima, la mia passione di vita, con la consapevolezza che senza la storia giusta e un tuo stile personale non puoi andare da nessuna parte. Io credo proprio di averla la storia giusta. Quella che apra nuovi spazi, che sia in grado di destare curiosità e attenzione fra media, social e lettori. Una storia molto originale per certi aspetti, forte e fragile, una che emoziona e che può far vibrare le corde delle vite di ciascuno di noi. Il limite sono io stesso con i congiuntivi dettati dalla mia storia personale. Nulla di impossibile per un buon editor. 🙂

          • Diciamo allora la stessa cosa! Il problema è che l’editore non può fare l’editore perché il mercato glielo impedisce. Ripeto, non si può trattare un libro come una caciotta. Son due “prodotti” diversi.
            Di sicuro un sacco di gentucola incompetente deve chiudere e lasciar perdere, ma i guai son radicati più a fondo.
            Sto leggendo un ebook (gratuito) che racconta di un grande editore e del suo modo di fare e vedere l’editoria… dobbiamo tornare lì, oggi. Ne parlerò presto.

  • So di una media di 150 uscite al giorno, che sono tante, troppe. Anche senza considerare i classici, comunque spesso assai godibili, ci sono long seller che meritano una lettura ma, almeno nel mio caso, vengono puntualmente sorpassati dalle novità. Un esempio? “Il cacciatore di aquiloni” in casa da anni e lì in ostaggio di testi nuovi che mi strizzano l’occhio con maggior appeal. Considerato che clonare i lettori non si può, farli aumentare sembra un’impresa disperata, l’unica sarebbe davvero pubblicare meno e lasciare che i romanzi rimangano più a lungo in libreria (quando ci arrivano, perchè poi entra in gioco il solito discorso sulla distribuzione, comprensibile in fondo. Come può una libreria ospitare certi numeri? Dove li mette?) Comunque fa caldo, hai ragione, oggi è un’ottima giornata, per un sacco di buoni motivi!

    • Dove li mettono? Ah, nel frigo, nella stufa, ci costruiscono mobili, li mangiano… ma in libreria no, non ci stanno tutti 😉
      Evviva le belle giornate e i numeri felici!

  • Anche secondo me si dovrebbe pubblicare meno e selezionare meglio. Mi è capitato di leggere libri scritti molto male e pubblicizzati molto bene e leggere libri scritti benissimo e conosciuti da pochi, anche se dovrei dire da nessuno. Lo considero un insulto al lettore e come tale mi sento quasi offesa. I lettori non sono menti da sottovalutare, chi legge per passione va rispettato e l’editoria deve proporre testi degni del loro tempo. Per una appassionata lettrice come me diventa difficile stare dietro a 150 uscite al giorno. Per fortuna che ci sei tu Chiara che col tuo lavoro illumini questa giungla di carta e punti il tuo faro ora su un titolo e ora su un altro ma mi viene da chiederti: tu ce la fai a dare una sbirciatina a tutte le uscite e a farti un’idea del valore di ogni titolo oppure ne sfuggono anche a te? E quelli, magari meritevoli, che non hanno la fortuna di vere il tuo faro posarsi sulle loro pagine che fine fanno? Credo ci sia troppa fanghiglia che, coprendo tesori, li fa sedimentare prima di essere riconosciuti tali. Se l’editoria, per il cosiddetto “business” continua a puntare più sul personaggio che sul valore letterario dei libri, il destino di noi lettori accaniti sarà quello di diventare archeologi della letteratura per trovare testi validi?

    • Cara Monica,
      non sai quanti me ne sfuggono. Ma nonostante le mailing list, gli uffici stampa, gli amici librai spacciatori. assorbire le 100 e più uscite quotidiane è una impresa impossibile.
      Il problema non è però star dietro al personaggio famoso, né il testo insulso. Sono le logiche di mercato fallate. Un editore non è un supermercato della Gdo. Non può garantire pagine vendute, quindi fatturato, come se si trattasse di mozzarelle.
      Il punto è questo: chi tiene i cordoni della borsa pretende che l’editore venda un tot. La casa editrice fa il suo bel copertinario (sceglie cioè i titoli che pubblicherà durante l’anno) e si lascia aperto qualche “slot” in caso incappasse nel capolavoro.
      Così, mettiamo, esce il libro ma questo vende pochino. Allora tocca acchiappare in corsa un altro titolo per fare i numeri promessi. (Libro che magari non viene scelto con troppa cura ma inseguendo qualche miraggio, il best seller, il tema forte, la starletta televisiva, la dieta dei minchioni…). Poi ci sono quelli che ricevono liquidi a ogni progetto editoriale e, quando i soldi scarseggiano, cacciano fuori un titolo per tirare il fiato.
      Comunque ci provo a non farmeli scappare, ci provo, ci provo! 😉

      • Grazie Chiara.
        In questo ambiguo rapporto a tre, tra autore, editore e lettore, trovandoti collocata al suo centro riesci ad avere una visuale totale e mi dai una obiettiva e puntuale descrizione di un mondo che io amo e ritengo meraviglioso, per la sua natura, nonché spietato per le strategie che addotta. Ma la vita è sempre e così dovunque ci siano interessi legati al potere della “palanca”, come si dice nella mia ‘lingua’. Allora, visto che queste regole, per quanto sbagliate, risultano difficili da cambiare voi proponete come unica soluzione la clonazione del lettore. A questo punto, scusa la mia curiosità, c’è un’altra domanda che vi pongo: ritenete che i lettori siano una specie a parte in via di estinzione e che l’unico modo per incrementare le vendite di libri sia quello di riprodurli artificialmente? Voglio dire: la passione per la lettura è davvero legata a un gene del DNA e quindi patrimonio naturale della specie “lettore seriale”? Pensate davvero che non sia possibile, piuttosto che clonare chi già legge, insegnare ad aprire le innumerevoli finestre contenute in una libreria per godere di tutti meravigliosi i panorami, a chi ancora non sa che cosa significhi veramente leggere?
        Col tuo lavoro Chiara fai già molto in questo senso, è vero, peccato che gli spazi concessi a persone come te siano troppo pochi.

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