Se la conosci, lei sopravvive: facondia #salvaunaparola

Se la conosci, lei sopravvive: facondia #salvaunaparola

Tra le tante lamentele (nessuno legge, i ragazzi non sanno scrivere, il web è il demonio, moriremo tutti…), una piuttosto in voga è l’imbarbarimento della lingua e un uso, diciamo così, creativo della suddetta.

Sia come sia, direi che la soluzione è semplice: se adoperi le parole, le mantieni in vita. Insomma, come sempre, blaterare o far sentire il prossimo un ignorante non serve, tocca usare l’arma del contagio, cioè diventare un esempio vivente: fare quello che si vorrebbe facessero gli altri e trasformarsi in rivoluzionari dell’azione.
Comincio con una parola che pare più un augurio.

facóndia s. f. (pl. -die) [dal lat. facundia]. Facilità, ricchezza, eleganza di parola, specialmente in pubblico: la facondia di un oratore.

Materia per affabulatori, insomma. Parliamo di eloquenza, di parlantina, sì, ma non basta la scioltezza, serve pure il gusto per la parola. Quindi saperne produrre e saperle scegliere con cura.
È un lemma solare che riguarda il bello, il giusto (nel senso di misura, ché troppe parole renderebbero verbosi) e suggerisce l’immagine di una persona a proprio agio con un pubblico, un oratore con la virtù di avvincere chi ascolta. Una sorta di architetto che edifica (solidi) ponti di parole per entrare in contatto con l’altro e comunicare.

Facondia deriva dal latino fa-cùndia e da fà-ri, parlare. C’è un altra parola che è affine a fari: “Fama”. Che, oggigiorno, mi pare usata parecchio a sproposito. Per dirla come Jean Paul: “La fama non merita tutta la fama che ha”.
Se però sbirciate su Treccani: “La fama è la personificazione della voce pubblica, che rapidamente si diffonde, personificazione dovuta più alla fantasia dei poeti che alla credenza popolare. Virgilio (Aen., IV, 173 seg.) la dice figlia della Terra, adirata per la morte dei giganti Ceo ed Encelado; Ovidio (Met., XII, 39-63) pone la sua casa, tutta di bronzo sonoro, sulla cima di un monte con innumerevoli porte e finestre sempre aperte, stipata di un volgo leggiero intento a ripetere le ciance udite. Vi abitano la credulità, l’errore, la letizia, il timore, la seduzione, i sussurri”.
Meraviglia! Lo sapete, amo le storie. E le storie sono fatte di parole, ma ogni parola è tante storie.

*Non riesco a risalire al proprietario dell’immagine, però lo ringrazio!

 

 

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6 Comments

  • è tanto bello il concetto quanto brutto il suono “facondia”. A me non piace un gran che. Forse per ragioni personali: se mia moglie fosse stata un po’ meno facondia, adesso avremmo meno adolescenti sdraiati per casa.

  • Non conoscevo il termine e il tuo mi sembra un obiettivo alto. Mi basterebbe che si usassero in maniera corretta parole più comuni o si evitassero grossolani errori. Ieri sera un notissimo personaggio, ma proprio famoso eh, italiano, ma celebre nel mondo, ha detto: “la gente pensano”. Vedi quanto ci si avvilisce in fretta sentendo ste cose. Vado a farmi una docciona. Bacioni

    • Mi accorgo di quanto io sia diventato vecchio proprio in questi casi. Quando sento qualcuno che fa errori grossolani in tv e io mi metto a urlare contro la tv! Capisci? Sono magari da solo nella stanza e mi sentono inveire contro la televisione accesa: una scena deprimente.

    • Ah, ma io salverò pure le parole tipo casa, cuore e amore 😉 Sono incappata in questa, l’altro giorno e così son partita da qui.
      Gli errori ci sono e son micidiali, soprattutto quando li fanno giornalisti e vip, perché “contagiano” male. Una gara di “piuttosto che” infilati a casaccio, qual è con l’apostrofo o il tremendo pò (visti su bacheche di gente laureata)… ma anche qui, se ti metti a far la maestrina non ti fila nessuno. Serve parlar bene (provarci) e scrivere degnamente, così da contro-contagiare 😉
      Ah, ovviamente, #salvaunaparola è aperto a tutti!

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