Marcello Pozzato: mai creduto alle ricette

Marcello Pozzato: mai creduto alle ricette

La storia di un esordio oggi ce la racconta Marcello Pozzato. Vive a Novara e alterna l’attività di insegnante di sostegno e di inglese nella scuola media a quella di pubblicitario freelance. Professor XY è il suo secondo romanzo.

Il perché un bel giorno ci si alza dal letto e si comincia a scrivere, è una storia del tutto personale, come lo sono la scelta della macchina, dei vestiti e della fidanzata. E quindi non ha importanza, in questo ambito, che io stia qui a farla tanto lunga. Il perché un bel giorno un editore si alza dal letto e decide di pubblicare proprio  il tuo libretto, è anche questa una storia del tutto personale, sua e di tutto lo staff che gli ruota intorno. Date le premesse, sembrerebbe proprio che non ci sia più niente da dire, dal momento che ognuno si è mosso secondo la propria visione delle cose, giusta o sbagliata che sia.

Quindi? Quindi personalmente non ho mai creduto alle ricette, al fai come ho fatto io. Per carità, gli ingredienti suggeriti sono precisi al milligrammo, ma senza l’implicazione delle tue capacità reali, della fortuna e di sua maestà la sfiga, non si può sapere in anticipo se la tua torta risulterà bella soffice o, al contrario, secca e schiacciata. E se vale per una semplice torta, figuriamoci per un libro dove a complicarti la vita ci si mettono pure le tendenze e le leggi di mercato.

E allora?

E allora, fatto fuori il preambolo, un bel giorno ho fatto pervenire il mio bel manoscritto a tre case editrici di cui ricordo solo un nome. Ovviamente, come tutti, ho fatto anch’io la mia bella ricerchina su internet, privilegiando quelle che mi permettevano di inviare lo scritto via mail. Le prime due manco mi rispondono. Anzi, mi vedo arrivare una mail di un fantomatico agente letterario che suona più o meno così: caro mio, visto e considerato che alla casa editrice Tal dei Tali non ti si sono filati di pezza, ti converrebbe appoggiarti a Noi, perchè Noi la sappiamo più lunga di te e sappiamo pure come muoverci in questo mondo complicato. La cosa strana è che la risposta negativa della Tal dei Tali non mi è mai pervenuta, motivo per cui  la situazione mi è da subito suonata un tantino ambigua. La terza casa editrice, invece, si fa viva dopo tre mesi. Al telefono è un signore con l’accento vagamente romano, gentile, loquace, che attacca a parlare del mio libro illustrandomi pregi e difetti. «E che ruolo occupa, mi scusi, all’interno della Fazi Editore?» gli faccio. «Sono il titolare» fa quello.

Il mio primo sforzo letterario, Il punto sublime, non esce dall’oggi al domani come avevo caldamente sperato, ma ha dovuto prima passare attraverso quella stanza delle torture che in gergo prende il nome di editing. E qui devi prepararti alle peggiori sofferenze intellettuali della tua vita. Passi che la tua donna vuole che ti metti la giacca quando tu adori le felpe. Passi pure che si prende la macchina al posto della moto. Ma vederti depennare quelle frasi, o peggio ancora quel capitolo che ti aveva addirittura strappato una lacrima nel momento della stesura, beh amico mio, mettilo in conto come il sorgere del sole. Nel mio caso è andata anche peggio.

Per farla breve il libro andava bene fino a pagina sessanta. Anzi, erano tutti entusiasti fino a quella dannata pagina. Peccato che le pagine fossero più di trecento. Il che, tradotto in soldoni, voleva dire solo una cosa: rifarlo. E così Il Punto sublime, da thriller vagamente noir, diventa una storia lui/lei che proprio non avevo intenzione di trattare. All’inizio non ci ho dormito per due notti. E la mia personalità, il mio carattere tutto d’un pezzo dove diavolo vanno a finire? E ti vengono alla mente tutti i film dove l’eroe butta lì la storica frase “prendere o lasciare”. E ci si mettono anche le pubblicità, specie quelle dei liquori e dei profumi, dove il figo di turno ti si piazza davanti con la cravatta smollata e lo sguardo di chi sa cosa vuole. E ci pensi mille volte: gli dico prendere o lasciare pure io, o lo rifaccio davvero?

E così intuisci al volo che in certe cose il compromesso è la base della sopravvivenza, e che alla fine non è del tutto sbagliato ascoltare quelli che con i libri ci lavorano da decenni. Anche se, detto tra noi, non è da escludere che un bel thrillerone a modo mio ci scappi per davvero. Prima o poi.

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23 Comments

  • Trovo molto giusto ciò che dici sul compromesso in alcuni campi, e quello dei libri è di sicuro tra questi. E adesso vai col thriller 😀

  • ll thrillerone? Tremo al solo pensiero. E grazie del tuo commento.

  • Complimenti e in bocca al lupo Marcello.
    Devo dire che il tuo racconto mi ha intirizzito le ossa ancora ottunde dall’ultimo ciclone meteorologico in Sicilia. Come fa un editore a prendere le prime sessanta pagine e dire belle eccezionali, il resto lo rifacciamo e anziché thriller noir passiamo a una storia lui e lei?
    Sarò un modo di operare consueto nell’editoria, ma notevole.
    Una domanda, ma quanti mesi è durata la riscrittura con l’editor famelico che ti sbuffava alle spalle? (dalla categoria degli editor famelici escludo la signora Beretta Mazzotta, ma solo per evitare il ban da bookblister 🙂 ).
    Comunque fossi in te riprenderei le 240 pagine successive scartate, riscrivi le prime 60 e hai il secondo romanzo bello pronto. A questo punto mi associo a Sandra, si richiede anche il Thriller.

    • Qualcuno mi ha chiamata. Ho sentito “famelico”.
      😉
      Io mi concentrerei sulla voglia di scovare storie belle da raccontare, Marco. Non – lo so, ti capisco, una volta son stata dall’altra parte – sulla “violenza” perpetrata ai danni dell’opera e dell’autore 😉
      Un editore che leggendo le prime 60 pagine decide di investire il suo tempo in editing & Co. sa fare il suo lavoro. Lo dimostra che anche il secondo libro di Marcello è uscito ed è, peraltro, una storia che vale la pena di leggere.
      Insomma, l’editing non è uno stupro ma un lavoro creativo che può portare da qualche parte. Se c’è una storia, una voce e la volontà – da ambo le parti – di farla uscire allo scoperto.
      Questo nel migliore dei mondi possibili! Ovvio. (Ché di editing schifosi e dannosi son piene le fosse). Ma guarda, vedo storie su storie buttate perché non “a posto” che magari tutti volessero provare a lavorarci un po’ su.
      Torno, come di consueto, a sbranare bambini.
      Ciao!

      • Anch’io sono uomo di mondo e – pur non avendo fatto il militare a Cuneo – ritengo proprio indispensabile il contributo di un bravo editor. Anzi, sarei molto attento ad ascoltarne pareri e consigli. Però io non reggerei uno stravolgimento simile. Sarà che ho le ansie come le donne gravide all’ottavo mese e tre quarti. Col mio romanzo che revisiono e revisiono, fra un po’ diventerò un autore alla ricerca di Editor, e mi pregerò anche di contattare le pregevolissime della Punto e Zeta, ma dopo anni che ti porti dietro una storia, che la vivi mentre sei fermo al semaforo, in coda alla posta, mentre soffi le candeline del tuo ennesimo compleanno, dopo che è stata una tua pulsione esistenziale… non riuscirei a far tanto. Ma comprendo le necessità e le opportunità di certe proposte.
        Intanto ho comprato con vero piacere l’ebook de: il punto sublime.

        • Ti capisco. Ma il punto è che alle volte uno porta appresso la storia sbagliata. E dentro quella storia, c’è quella giusta. Quindi, più che stravolgere, si tratta di tirare fuori. Io la blatero sempre questa cosa: un editor non scrive, sistema ciò che c’è e cava fuori quello che manca.
          Soprattutto: non è una necessità di mercato. Ma una necessità narrativa. Non è che editor ed editore annientino la letteratura in favore del marketing! Cercano storie che i lettori vogliano leggere (focalizza sempre la faccenda del mondo migliore 🙂 ) almeno ci provano. E un autore con mestiere tutta sta trafila di revisioni se la infligge da solo (si gioca a masochismi senza frontiere, già) a partire dalla selezione di una idea. Guarda, forse il vero talento sta qui: nella capacità di individuare l’idea giusta (in assoluto e rispetto al momento, per l’autore, in cui viene raccontata).

          • Grazie per la riflessione. Il talento per la storia giusta è il passo primo. Speriamo che la mia non sia troppo sbagliata. 😉

          • Marco, da come parli e gestisci (pacatamente e con senso dell’umorismo) il contraddittorio, mi permetto di azzardare che potrebbe essere giusta 😉

          • Allora mi taccio 😉

    • Marco, ti ho risposto sopra…

  • L’editing è come un esame medico, se è invasivo diventa assai fastidioso, ma di qualsiasi entità sia, è sempre necessario per estirpare il male e guarire. E con questa perla medico-editoriale, torno al divano.

    • Che ti devo dire, mi hai stesa! (Per essere in linea, orizzontale, con la questione divano).
      Hai ottenuto risposta, stavolta, magari te la sei persa, sopra. 😉

      • Visto grazie a entrambi. Torno al divano (forse sarebbe più comodo trasportare il pc)

  • Confermo quanto detto da Chiara. Ho letto in una notte Professor XY di Marcello perchè ha uno stile che non si perde in inutilità. E poi parla di storie vere, autentiche, che potrebbero far piangere e invece fanno anche sorridere per l’ironia con la quale sono state scritte. Non mi intendo di scrittura e editing -(ahimè )- anche se mi piacerebbe saper scrivere bene e in fretta, Invece faccio fatica anche a scrivere una semplice mail a un amico… A tutti voi scrittori buona fortuna. Mi sono presentata qui perchè stavo cercando info su Marcello…

  • Marco! Ma cosa aspetti a spedire anche tu il tuo manoscritto a qualche editore??? Fossi in te non starei lì a pensarci troppo sopra. Sbaglio?

    • Non sbagli, Beatrice.
      C’è un notevole elenco (vai su Writer’s Dream) di editori free. Tra questi moltissimi leggono i materiali che ricevono. I super big spesso si avvalgono solo degli agenti. Ma, ripeto, sono tanti quelli con i quali un autore può avere un rapporto diretto. E direi che Marcello lo dimostra.
      Ciao Beatrice! Secondo me con la “penna” te la cavi eccome 😉

    • Ciao Beatrice,
      Grazie per lo sprono, è molto gradito. Purtroppo il romanzo non è ancora pronto. Potrebbe esserlo più rapidamente se cercassi un editore, e mi mettessi nelle loro mani per l’editing. Ma io ho altre idee su come pubblicare un libro. A volte, anche se le scelte sembrano avverse, occorre essere capitani coraggiosi.

  • Beh, che dire, onori e ringraziamenti a Chiara, la padrona di casa, per le consuete belle parole nei miei confronti.

    Per Marco.

    La ristesura del libro è volata via in sei mesi. Questo tempo per me record è stato decretato da due fattori: il primo è che con in mano un contratto, credimi, ti senti moralmente costretto a far fruttare tutti i giorni, inclusi quelli di paranoia, pioggia, incazzature varie che meno spronano l’ispirazione. Insomma, devi puntare sul sudore, che ti piaccia o no. Secondo: l’editor, eh si ancora lui. Perchè questa losca figura diventa il tuo tutor, il tuo allenatore e il tuo consulente spirituale nel caso in cui lo sconforto prenda il sopravvento. Nel momento in cui entri di diritto nella casa editrice saltano fuori le date. E quelle non le tocchi. Arrangiati come vuoi, scrivi di notte e dormi di giorno in macchina, fai tutto il sabato e la domenica in full immersion. Affari tuoi. Ma le date non le tocchi e ci sono, eccome se ci sono.
    Per quanto riguarda le sessanta pagine piaciute, diciamo che è un po’ come quando dai la mano ad una donna e senti che ti piace appena ti dice il suo nome. Gli incontri sono fatti di alchimia, è il bello di noi umani. Poi esiste la magia, il miracolo e anche la fregatura o la disillusione. Insomma, niente di nuovo sul fronte. Sul fatto di ripescare le 240 pagine cestinate e farne un nuovo libro, ci avevo già pensato. Ma, a posteriori, mi sono reso conto che in effetti ci sarebbe tanto da rivedere e correggere. A volte per dare gusto alla famosa torta di cui sopra, si finisce per metterci dentro non solo burro, zucchero e panna montata, ma ancge capperi e olive. E saper togliere è un’arte sopraffna.

    Per Beatrice

    Beh, che dire, grazie. Mi sembra che hai centrato il bersaglio. E te lo dice uno che di bersagli ne ha mancati a dozzine.

    • Ciao Marcello scusami se non ti ho risposto. Purtroppo gli eventi avversi di questo scorcio di esistenza, a volte mi costringono a eclissarmi dal mondo.
      Dunque sei mesi di revisione con i fucili puntati. Uno sprono così servirebbe pure a me. Scrivere con tanta intensità a volte è un tormento, altre volte abnegazione, altre volte ancora una magia che coinvolge i sensi. In fondo per uno scrittore la maggiore soddisfazione è la consapevolezza d’aver fatto un buon lavoro. Sto leggendo il tuo romanzo e penso proprio che tu abbia fatto un eccellente lavoro. Lo stile informale, di dialogo diretto col lettore, ha un fascino particolare. Non so se hai valutato con l’editor anche la possibilità di abbattere l’ultimo miglio, cioè di instaurare un dialogo non con “i lettori”, ma con “il lettore”. Parlando al singolo. In fondo la lettura di un libro è un rapporto one to one.

      Fantastico è poi l’incipit del primo capitolo, quel “credetemi” virgola, la prima parola è una sorta di manifesto del romanzo. Dovete credermi, vi sto raccontando la verità. Non so se la racconterai tutta o ci giocherai fra menzogna e cose non dette. Ho finito il primo capitolo e sarà un piacere scoprirlo. Ma leggendo mi è sorto un ghiribizzo, ché io sono un tipo pieno di curiosità, non è che il nome della lei, Eloisa, ha qualche nesso col povero Abelardo?

      • caro Marco, mi piacerebbe, da una parte, poterti dire che il nome Eloisa ha un richiamo culturalmente valido. Ma io sono un pessimo lettore e un colto assai mediocre. Pensa che prima di risponderti ho dovuto perfino andare su internet per ricordarmi chi mai fossero sti due, Abelardo ed Eloisa intendo. Quindi vedi tu, credo di averti già fornito una risposta. Poi, che dire, mi fa piacere il tuo commento, il fatto che il libro ti piaccia. E sentirlo dire da uno che scrive e che ancora non è stato pubblicato, *credimi*, ha un sapore autentico, forse anche più autentico di uno scrittore navigato. Perchè uno nella tua situazione potrebbe essere pieno di rivendicazioni che giustifichino il suo stare ancora fuori dal recinto. Potrebbe avere il dente avvelenato, trovare orribile tutto il non suo. A volte il sentirsi non compresi serve per darci l’impressione di essere ancora più originali. E tu sei stato molto naturale e questo, che sembra scontato, è invece un gran valore aggiunto. Grazie, davvero. E vedi di darti sta mossa. Credo sia arrivato il momento di buttarti nell’acqua e finirla con le sbracciate a bordo piscina. Basta ritoccare. Lo so che buttarsi nelle braccia di un macinatore di scritti fa girare abbastanza le palle, ma così è la vita. e tutto sommato è anche bella. (finalino ottimistico all’americana).

  • Grazie Marcello.
    Vedremo.

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