Se il lettore ti sostiene (e compra) ma l’editore no (o non ancora)

Se il lettore ti sostiene (e compra) ma l’editore no (o non ancora)

Pic by Meg Vogel

Torniamo a parlare di crowdfunding del libro. Alle volte va tutto per il verso giusto – l’autore convince i lettori, raggiunge il goal e ottiene consensi – eppure l’editore non si trova. Perché? Ne vale comunque la pena?

Torniamo a parlare di autori che cercano di trovare “casa” al proprio libro e scelgono una strada diversa. Parliamo di crowdfunding, un fenomeno che in Italia è ancora marginale, soprattutto in relazione alla scrittura.

Escludiamo ovviamente i furbetti (ci sono anche qui e di solito sono editori che si fanno “aiutare” dai lettori, ma a pagare è in realtà l’autore, poi millantano grandi consensi popolari) e proviamo aChimena Palmieri mettere a fuoco il problema: la difficoltà a domandare ai lettori e a una comunità di sponsorizzare e sostenere il proprio scritto. Cosa significa “chiedere soldi” in questo caso? Lo chiediamo a Chimena Palmieri.

Come è cominciata la tua avventura, Chimena?
La prima cosa che ho fatto è stato proporre il mio secondo libro alla casa editrice con cui avevo pubblicato (Sonzogno ndr). Non essendo interessata al testo ho provato a proporlo ad altri… ma a un certo punto l’editor con cui lavoravo mi ha parlato di bookabook. Non solo sembrava una bella novità ma appariva seria e all’epoca era ancora legata a una grossa agenzia letteraria (Marco Vigevani ndr). Così mi sono buttata. Insomma tra abbandonare il mio testo nel cassetto e tentare, non ho avuto dubbi.

Scelta difficile?
Credo che il primo limite del crowdfunding sia il fatto che da noi in Italia è ancora poco conosciuto, non è ancora insito nella nostra mentalità. Io lo conoscevo perché mio figlio, che è un velista, lo aveva usato per trovare degli sponsor. Non ha raccolto una cifra astronomica ma gli ha permesso di andare avanti per tre anni…

Farsi pubblicitàSe hai intrapreso questa strada, immagino che tu abbia una notevole confidenza con i social.
Mah… Io non sono social nell’anima ma so usare i social. Non è il mio lavoro, però i mezzi social li uso eccome. L’idea che mi ha animato? Se il pubblico avesse apprezzato, se la reazione e l’accoglienza fossero state buone, sarebbe stato più facile tornare dagli editori a proporre il testo.

Cosa significa, per un autore che ha già pubblicato, autopromuoversi?
È stata una sfida… Non è nella mia natura chiedere ma mi sono data da fare. Mi sono creata il gruppo di battaglia. Un team di fedelissimi che mi ha supportata fin dall’inizio. Persone che hanno amato il mio lavoro e per questo mi appoggiavano. Per loro aveva un senso, per questo ci credevano.

A livello pratico, cosa facevi?
Realizzavo contenuti – video, foto, testi… – e li giravo ai fedelissimi che, nell’arco della giornata, li condividevano un po’ alla volta attraverso i propri social. In questo modo i contributi giravano in rete con una certa costanza, ero presente e si creava una sorta di volano: le notizie giravano costantemente.

Come è andata?
La campagna è andata benone. Ho raggiunto il 128 per cento del goal e ho ottenuto il risultato abbastanza in fretta. E, soprattutto, l’hoFarsi supportare fatto grazie a tanti piccoli contributori. È questo a mio avviso il dato fondamentale per valutare la bontà di una campagna: il numero di sostenitori. Se ne hai pochi e raggiungi grandi cifre, non è che il dato sia sospetto, ma è un indice da considerare. È molto diverso racimolare due-tre euro da 100 persone o 50 euro da sole dieci persone. Il crowdfunding lo fai proprio per dimostrare che una folla, letteralmente, ti sostiene. Se solo mamma e papà, amici e parenti, hanno sborsato per farti raggiungere il goal a che serve?

E l’editore?
Parlando di pubblicazione vera: non ci sono arrivata. In effetti, a parte Lidia Ravera – una scrittrice già conosciuta – e gli autori che hanno affrontato tematiche molto forti… sono pochi, pochissimi i casi di testi che hanno trovato sbocchi nell’editoria tradizionale. Noialtri non siamo rimasti nel cassetto ma in questa terra di mezzo.

Ti sei sentita tradita o hai pensato di aver buttato il tuo tempo?
Quelli di bookabook sono stati molto chiari e il rapporto è stato positivo. Nulla da eccepire: è stato fatto ciò che mi avevano promesso. Di tempo ne ho investito parecchio ma vedere gli altri fare lo stesso per me…

PromuoversiQuindi l’esperienza è positiva. Cosa invece si colloca nella colonna “rogne da dimenticare”?
I problemi a livello umano. Ammetto che, nonostante io abbia fatto tanta attenzione nel propormi e nel proporre questo progetto, ci sono state delle persone che si sono risentire perché gli stavo domandando dei soldi. Si sono forse sentite alle strette… ma mi hanno messa a disagio, quasi stessi chiedendo la carità. Quando succede così il rischio è che la professionalità del progetto e della campagna vengano messi in discussione. Invece i contenuti ci sono: le bozze, il testo che puoi leggere, commentare… Cioè in fin dei conti succede come in libreria: sfogli un libro, lo leggi a tratti, valuti titolo e copertina, e magari lo scegli e quindi lo compri. Oppure no e lo lasci nello scaffale. Ed ecco che molte persone, invece di dirmi semplicemente no, hanno inventato scuse, altre, addirittura, non hanno perso occasione per mettermi a disagio. Tocca ammetterlo, moltiAutopromozione credono che dietro ci sia la fregatura e comunque spesso avvertivo il retropensiero: e i soldi come li spende. Cosa ci fa?

Be’, Chimena, il problema è che da noi qualsiasi mestiere culturale è considerato un hobby, perciò se ci sono soldi di mezzo, c’è il trucco per forza! Comunque sia, grazie per averci raccontato la tua avventura, tienici aggiornati. E voi fatemi sapere che cosa ne pensate e se avete domande, come sempre, siamo qui!

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13 Comments

  • Mi sembra triste ma purtroppo frequente che si debba cercare la fregatura dietro qualsiasi iniziativa che esca dall’immaginario comune, così non ci si rinnova mai!

    • Eh sì. Ma credo sia particolarmente vero e comune. A furia di sentire di sole e fregature (ciascuno nel proprio settore) siamo prevenuti. Pure irritati a priori.

  • il crowdfunding potrebbe essere un mezzo potentissimo. Se solo ci fosse un po’ più fiducia nel prossimo. il fatto che si riesca ad arrivare alla cifra ma non al cuore dell’editore può dirci qualcosa sull’editoria italianaa più che sul valore dell’opera dell’intervistata, a mio parere. Parlo di quell’editoria che segue le ‘richieste di mercato’ ma poi non si sbilancia con i ‘volti nuovi’.

    • Concordo. Il punto che mi interessava era anche questo. Non basta convincere i lettori, alle volte ci si scontra con altre dinamiche.

      • Ho colto il punto di interesse, continuo a scontrarmi con queste dinamiche e sono un po’ stanchina (cit.) per cui ho lasciato perdere…

        • Eh, ho letto la mail… Oggi sono in trasferta a Genova ed ero nel delirio.

          • Figures, confrontarmi con te è di sicuro sempre utile e arricchente, ma sono abbastanza risoluta nella mia decisione di rifiutare, ieri ero a botta calda, ora decisamente più tiepida e razionale e proprio per questo dico no a certe politiche editoriali.

  • Sono d’accordo con Natascia. Siamo partiti prevedendo, al termine della campagna di crowdfunding, un servizio di agenzia letteraria. Purtroppo la risposta delle case editrici è stata piuttosto tiepida, nonostante il valore delle proposte (che selezioniamo attentamente!) e il valore aggiunto della campagna di crowdfunding.
    Per questo da settembre 2015 pubblichiamo direttamente, a meno che una casa editrice non si faccia avanti. Abbiamo stretto un accordo per la distribuzione online e nel circuito delle librerie. Un grande passo, che per una realtà come la nostra significa molto.

    • È curioso che sia tiepido: c’è l’autore, c’è il consenso, c’è pure la community! Comunque sia evviva le altre vie!

      • Desolante, davvero desolante, il che la dice lunga su come siamo messi… ma non ci siamo stancati ed è appunto l’ora di prendere le cose nelle nostre mani e mollare il vecchio? Ottimo che il crowdfunding pubblichi anche, e la miseria, facciamoglielo vedere… scusate sommamente lo sfogo ma non se ne può più di mummie editoriali e pure cieche che ti costringono anche a mendicare una pubblicazione… è ora di voltar loro le spalle e cominciare un mondo nuovo… non dico sia facile ma almeno sarà nostro, caspita.

        • L’editore non è il nemico, però. Ce ne sono tanti che sanno fare bene il proprio lavoro. E tanti librai lo stesso. I pochissimi lettori “innervosiscono” il mercato e producono le solite aberrazioni: disperata caccia al best-seller in primis.

  • E ancora una volta…il re è nudo.
    Hai l’autore (per altro già pubblicato, non completamente emergente), hai il testo già terminato, hai già il potenziale di acquirenti (chi ha finanziato) ed hai già una somma di partenza pronta all’investimento (il goal).
    E non lo pubblichi??!
    La cosa sembra non avere senso, vista dal di qua.
    Poi immagino la casa editrice ed il suo reparto commerciale.
    C’è una categoria di commerciali particolari, presenti in ogni settore, che ho battezzato “le Prime Donne”.
    Alle Prime Donne non piace ricevere consigli, men che meno proposte, che non siano frutto della loro esclusiva ricerca.
    Alle Prime Donne non piace collaborare con qualcuno che non sia del loro esclusivo settore, ma mai con un’altra Prima Donna.
    Quindi, alle case editrici non piace che gli venga proposta la pubblicazione di un libro che non è stata una loro scoperta e da qualcuno che non appartiene tradizionalmente al settore (il crowfunding sarà visto come qualcosa di estraneo e fastidioso, come gli ebook poco tempo fa).

  • Ho inviato un romanzo. Subito ho ricevuto una mail in cui si precisava che lo avrebbero letto e dato una risposta (positiva o negativa) entro venti giorni. Sono passati più di due mesi: nessuna risposta. Ottimo servizio. Grazie.

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