Mi sono autopubblicata con Amazon. Pare

Mi sono autopubblicata con Amazon. Pare

Scegliere il selfpublishing, diventare editore di se stessi e rendere il proprio testo disponibile – acquistabile e quindi leggibile – in rete. Facile? Dipende. Seguiamo l’esperienza di Valentina Maran che ci racconta come è andata a lei.

Mi sono sempre domandata come si sentissero quelli come Edoardo Vianello, quando scrivi la canzone dei Watussi, diventi famoso per quello, poi fai altre cose e dopo mille anni, ai concerti, comunque tutti ti chiedono i Watussi.
E non c’è verso. Morirai Watusso.
Ecco, speravo in qualche modo di essermi liberata dell’Uomo che mi lava. Intendiamoci: mi è piaciuto scriverlo, è stato bello ed è un libro a cui sono grata. Ma per quel che mi riguarda è finito sei mesi dopo l’uscita, quando la Piemme decise di non ristamparlo e io potevo comunque mettermi in curriculum 14mila copie vendute tra Italia, Germania e Spagna.
E invece arriva Amazon e la fa semplice: tutti fanno un e-book. Possibile che non ci sia quello dell’Uomo che mi lava? E facciamogliela sciacquare ’sta versione online.
Quindi, dopo anni che posteggi l’idea ripromettendoti che sì, lo farai, ma certo, come no, alla fine ti decidi, chiami la tua agente e le chiedi di quel contatto in Amazon.
Lei gli scrive con te in copia e poi lui ti chiede solo la versione originale del file ed eventualmente la copertina.
Pare semplice, no?
Pare. Certo che sì. Lo sarebbe. Lo è. Tendenzialmente.
Ecco com’è andata a me.

Valentina Maran - L'uomo che mi lava

Il file originale

Devi assicurarti di avere il file in word. Originale. Tutto. Io ho scoperto di avere la prima bozza. Poi mi sono resa conto che mancavano due racconti: ci ho messo tre giorni buoni a ribatterli tutti. Una palla mondiale. E hai sempre l’ansia di aver dimenticato qualcosa, ma ormai odi troppo quel libro per metterti a rileggerlo tutto.

Deve essere corretto! Non c’è niente di peggio del rendersi conto che il file ha refusi o gli spazi sbagliati. Controllate dopo l’apostrofo. Dopo ogni punto, le virgole, i puntini… anche se andate accapo, visto che non sapete, una volta cambiata la visualizzazione della pagina, come cascheranno le righe. Forse male. Quindi, occhio!

La cover

L'uomo che mi lava ebook

Preparatevi una bella copertina. Magari fatevela fare da qualcuno che ne capisce. Lasciate stare l’autoproduzione. È facile fare cagate. Io per fortuna lavoro in pubblicità e ci ha pensato la mia art: ne ha fatte tre che abbiamo messo ai voti su Facebook. Quella uscita è stata un trionfo di like. Difficile sbagliare. Ma per carità: fatelo fare a chi ha buon gusto, piuttosto spendete due lire, ma che sia una cosa ben fatta.

Selfpublishing pronti? Via!

Armatevi di pazienza. Da qui in poi cominciano burocrazia e click. Io ho avuto fortuna: la mia agente mi ha dato il contatto di una persona di Amazon addetta agli autori italiani che vogliono trasformare il cartaceo in ebook e sostanzialmente mi ha caricato lui il file. Ma è una cosa che potete fare da voi. Dovete creare il vostro personale profilo per caricare i libri e compilarlo tutto.
Quando dico “compilare” intendo smazzarvi domande su domande e opzioni da scegliere che ogni tanto compaiono con l’allarmante avviso del una volta scelto non sarà più possibile cambiare idea. Per fortuna riguarda solo pochi argomenti, trascurabili, a mio avviso.

Aprite sul browser la pagina di Google traduzioni. Magari siete dei maghi e non ne avete bisogno, ma di fatto vi troverete a compilare chili di form in inglese/americano con dettagli di un’altra giurisdizione.
Io ho una partita iva, resta il grande boh se ho compilato bene scegliendo la versione persona singola o se dovevo mettere qualcosa a livello di società (che non sono). Mah! Dovete mettere anche il vostro IBAN ripetuto per enne volte sui form che indicano altri Paesi stranieri e pensi chi cacchio lo comprerà in terra straniera il mio libro? Io avevo segnato i diritti solo per l’Italia e un mio amico svizzero mi ha prontamente fatto notare che lui sul suo territorio non poteva acquistarlo. Tranquilli: si rimedia con un click e un paio di giorni di attesa dell’aggiornamento sistema.

Ti viene chiesto un po’ di tutto, fatto giurare col sangue che paghi le tasse nel tuo Paese, che sei tu e proprio tu quello che sta firmando in digitale e non il tuo alter ego. Ok. Giurin giuretta, arriva la fase della scelta prezzo e delle royalty. Bene.
Le vuoi al 35% o al 70%? Giuro. Non vi sto prendendo in giro. Vi chiedono se volete guadagnare tanto o poco sul prezzo del vostro libro. Non chiedetemi perché. Mi è oscuro.
Ovviamente ho optato per il 70, chiuso gli occhi e cliccato.

Idem per i diritti: avete i diritti mondiali oll araund the uorld? Oppure solo in Italia? O un po’ qui e un po’ lì? Nel dubbio lasciate tutto, chissà che qualche zio d’America non se lo voglia comprare.

Finito? No, certo che no. Dovete sempre salvare e cliccare pubblica. Ma siete sicuri sicuri?
Cioè, usciti dalla selva delle conferme, delle spunte, di tutto, è così facile?
Io ci ho messo giorni. Sono imbranata. E indecisa. Penso sempre che forse ho cliccato la cosa sbagliata e si, sarà sempre possibile rimediare, ma è questo procrastinare all’infinito che mi spiazza.

È facile autopubblicare online?

Parrebbe. Se non hai mai pubblicato il cartaceo. Se sei passata per una casa editrice pubblicare online sarà complicato perché ti sei abituato alla professionalità. Per questo i libri cartacei costano e tu sei felice di pagarli di più. Lì hai qualcuno che cura le bozze, che controlla gli spazi, che ti consiglia sulla copertina e se ne occupa. Che si smazza la Siae, il numero di codifica IBSN (lo vuoi? Lo devi richiedere a parte, compilando un atro modulo. Serve?). Lo faranno uscire, ti daranno la copia staffetta, le copie buone, profumate di stampa, il peso del tuo lavoro e del loro.

Qui è diverso. Qui è impalpabile e auto pubblicazione vuol dire secchiate di decisioni e di cose che devi fare da solo. Vuoi dare l’opzione per la stampabilità del libro? Se clicchi chi ha già stampato altro avrà il tuo libro a pochissimo (ma fammi capire: perché? Ma dagli quello di un altro, a pochissimo. Perché il mio?). E poi lo vuoi rendere prestabile? Clicca sì o no. E mi vien da ridere, perché quando il cartaceo dell’Uomo che mi lava non si trovava più ho consigliato un po’ a tutti di prenderlo in biblioteca e farsi le fotocopie…

Lo vuoi nella versione KDP? Ha a che fare col KGB? Col CYMG? Mamma mia.
Voglio un editor. Una casa editrice. Un correttore di bozze. Una distribuzione. Voglio qualcuno che faccia le cose per me. Voglio le cose fatte per bene. E soprattutto non voglio più sentirmi nominare quel libro.

Se volete un lavoro ben fatto pagate qualcuno che lo faccia per voi. Pagate dei professionisti che curino il vostro lavoro dall’inizio alla fine in ogni dettaglio. Non badate a spese. Se l’avete scritto bene si venderà da sé e rientrerete dei costi.

Ciascuno ha il suo lavoro e quello di pubblicare libri è un lavoro da professionisti. Massimo rispetto per chi se ne occupa. A questo giro è andata così. Ho provato e verificato sulla mia pelle ma, grazie, basta. La prossima volta tutto in mano a un’agenzia e ci pensino loro. Io ho altro da fare.

Ok, adesso c’è la versione online dell’Uomo che mi lava, sempre se ho cliccato le cose giuste.
Non aspettatevi nulla di più se non l’arrangiarvi.
Perché è questo: arrangiatevi e incrociate le dita. Ho visto che ci sono già delle spaziature non perfette, ma me ne frego. Va bene, va bene così.
È online. Adesso potete prendervi quel libro e leggerlo.
C’è. È di nuovo disponibile.
Fate finta che sia perfetto.
Per me lo era 10 anni fa, quando è uscito su carta, curato da chi lo faceva di mestiere, e poi è diventato introvabile.
Amatelo voi. Io ormai non ne sono più innamorata.

N.B. Selfpublishing significa mettersi in vendita su una piattaforma. Manca l’editore che ti sceglie e mette i suoi professionisti al servizio del testo (leggendolo correggendolo, editandolo, traducendolo…). Self non significa pubblicare perché Amazon (Narcissus, che da luglio è diventato StreetLib; ilmiolibro; YouCanPrint…) non seleziona i titoli, accoglie chiunque voglia cimentarsi: è una vetrina. Tutto qui (ma non è poco se usato bene).

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45 Comments

  • A livello chiamiamolo informatico sono davvero negata, per cui delusa e super scoglionata dall’editoria tradizionale, che ho provato in diverse forme, quando ho deciso di provare col self, cioè in questi giorni, mi sono affidata a un amico. Tipo “ti mando il file word, una foto che mi piacerebbe per la copertina, la mia bio e altre cose che desidero
    inserire, fai tutto tu, grazie&baci” Lui dice che è facile. Non so. So anch’io che tra i selfisti ci sono Nmila prodotti scadenti, e ho dovuto superare una barriera mentale non da poco per affidarmici, vediamo quando esce come sarà, di sicuro lo stile Brico (fai da te) è parecchio rischioso. Ma almeno evito l’editore che si fuma i miei diritti e l’agente che usa il trinciapolli, in nome di un filtro qualitativo che ahimè ormai è raro.

    • La chiusa mi permette di precisare: parliamo di messa in vendita, non di pubblicazione. Fare self significa rendersi vendibile. Non pubblicare.

      • Sì, ho sempre condiviso questa tua affermazione. Mi vendo, ecco 😀

        • Lo so! Il punto è che nel self non ti scelgono. Amazon non ti sceglie. Nel self scegli tu di esserci. E di provarci.

          • Però in realtà, l’accezione del verbo pubblicare si presta giustamente anche al self publishing.
            Quando Sandra pubblicherà il suo libro su Amazon cosa compie se non l’atto di pubblicare, ovvero rendere pubblico? Dal suo computer a tutti.
            Ciò non toglie che questa accezione di pubblicare non c’entra con il significato editoriale, lo sappiamo.

          • Bravissimo ma è bene sottolinearlo. Perché poi c’è l’autore che ti scrive: sono uno scrittore e pubblico con Amazon. E se lo fa con me, pace, ma se scrive all’editore… ahia!

  • Ahah simpatica testimonianza. Ma suvvia Valentina, non è così complicato. Mia figlia a 3 anni usa l’ipad meglio di sua nonna. E chiaramente mia figlia non sa nemmeno leggere. C’è speranza per tutti. 😉

    Per registrarsi su Amazon basta non avere la frenesia del click facile alle opzioni e prendersi il tempo per capire ogni punto. Il prossimo libro che pubblicherai sarà più facile.

    Però hai fatto un errorino non da poco. Hai inserito la partita iva! Uff… Vuol dire che vuoi bene al nostro fisco Pappone e cogl… va beh… si capisce.

    Anche se possiedi la partita iva, le royalty di un libro sono classificate come diritto d’autore. Ovvero godono di una tassazione minima. Gli scrittori hanno la più bassa tassazione in Italia (una cosa buona il legislatore l’ha fatta). Mentre se percepisci i redditi tramite partita iva rientri nella tassazione ordinaria con i vari scaglioni irpef e inps, probabilmente irap, addizionale Irpef, addizionale Inps, dovuti Acconti e sangue succhiato tipo vampiri originali, alla Stoker per intenderci.

    Però, visto che ci sei, per ripubblicare il libro saranno scaduti i diritti ceduti all’editore, allora perché alla versione ebook, non associ pure la versione cartacea?

    Tieniti forte. Puoi farlo tu stessa, sempre su Amazon, si chiama Create Space. I tuoi lettori ovunque nel mondo, potranno ricevere una copia cartacea dell’Uomo che mi lava. Con il self publishing non occorre l’editore che venda diritti a editori esteri. Se hai un lettore che abita nei pressi di Machu Pichu e vuole il tuo libro, ci pensa zio Amazon a stampare la copia ordinata e consegnarla brevi mano al lettore. Questa è la globalizzazione del libro nel rapporto SCRITTORE – LETTORE / ONE to ONE. Roba astrusa che ancora tanti editori non comprendono.

    Ormai che ci sei, avere il cartaceo è una buona cosa, visto che molti lettori si eccitano alla lettura solo col profumo della carta. Perché non accontentarli?

    Così sei completa, in barba agli editori che spediscono gli autori fuori catalogo come se i libri “immortali“ fossero prodotti di scarto. Così, visto che il mondo nuovo si chiama self publishing, così, visto che adesso un autore può andare dove un editore vetusto dai tempi non sa o non può. 😉

    • Ode a te, Marco. E ai dettagli che hai aggiunto. Preziosi.
      Diciamo che è facile, ma per alcuni non lo è poi molto. Soprattutto per chi crede all’adagio “O félé Ofelè fa el to mesté”. Allora si sente solo e insicuro.

      • Sì, non è facile, però oggi si può entrare nelle community e grazie a internet trovare tante risorse. Io mi ricordo i tempi pre-web quando trovare informazioni spesso era impossibile. Ciò non toglie che occorre anche delegare quel che proprio non si sa fare.

        • Vero, la rete è una risorsa anche per questo. “Come fare” detto da chi ci è passato è una gran cosa.

  • Brava Valentina Maran, scrivi benissimo: mi è venuta voglia di leggerti. Il titolo. Il titolo fa molto sai? Quele 14mila copie che ti invidio (piemme pur’io) mi sa che devono molto al titolo. Magari anche il libro è una figata. Lo scoprirò. Ecco, una figata, è lì che porta il titolo: immaginarsi un uomo che lava una donna… beh uff, lo cerco su Amazon.

  • Comunque – scusate sono in modalità stalker – occorrerebbe puntare l’attenzione sul fatto che Valentina ha venduto 14 mila copie e ora è “costretta” al self. Editoria RIP ma sul serio

  • Non ho resistito…la curiosità è donna, si sa.
    Ho letto l’estratto e…Notevole. 14mila copie giustificate. Ingiustificato e imperdonabile e vergognoso che si debba ricorrere al self publishing per avere ancora disponibile il titolo invece di cercarne una copia usata/in prestito.
    ….e qui ci sarebbe molto da dire, non tanto sui professionisti che “preparano” il libro quanto sui professionisti che “curano” il post pubblicazione, per dire.
    Cioè, spiegatemi perchè 150 sfumature di grigio ancora oggi ci perseguitano e questo titolo qui, se non è per Chiara e Amazon, col cavolo che lo leggiamo!
    A conferma che all’estero son più bravi di noi a vendere!!
    Altro che crisi economica. Qui la crisi è mentale.

    E poi: capisco che un libro appartenga ad una determinata fase della vita e che chiuso quel cassetto possa anche darci fastidio. Ma è come un figlio: una volta partorito, non è più tuo, vive di vita propria, lo puoi coccolare e indirizzare, ma un libro poi è dei suoi lettori e deve camminare da solo.
    Perciò non solo gli aggiungerei l’opzione copia cartacea, ma anche una biografia dell’autrice, perchè sinceramente mi piacerebbe anche sapere quand’è nato questo libro. E se ce ne sono degli altri, anche se non sono suoi fratelli, anche se è stato adottato. Perchè comunque gli si è voluto bene. Ecco.

    • PS: la foto della copertina so che fa parte di una serie famosa di un fotografo che, giocando con i chiaro scuri del corpo umano, li fa sembrare terreno fertile (ops…)
      Non è che mi ritrovate il fotografo? Google immagini fa cilecca in questo caso…

    • Quoto e sottoscrivo… insomma sì! Son d’accordo.
      E infatti ne parlo, perché trovo che sia una questione curiosa. Ma non è certo il solo libro valido sparito dalla circolazione. Fonderia Italghisa di Caliceti, per esempio…

  • Scusate, è il mio primo intervento qui, però sul tema ho una certa esperienza. Valentina ha ragione, il self fatto in modo serio è piuttosto complicato. Io sono l’ultima arrivata, e quest’anno ho pubblicato con il self-publishing per scelta. I miei libri hanno trovato editori no Eap, ma le condizioni di contratto, i vincoli, non mi hanno convinto. Penso che il self pub rappresenti uno dei nuovi modelli dell’editoria a patto di applicarlo in modo professionale, facendo tutte le cose che facevano una volta gli editori e anche qualcuna in più. A mio avviso il vero nodo ancora irrisolto, almeno per il momento, è legato alla promozione, difficilissima anche se si è molto “creativi”. Cosa ne pensate?

  • Allora, Susanna, parli di promozione, giustissimo. Se arrivo qui, leggo il tuo commento, mi incuriosisco clicco sul tuo nome e… non succede nulla. Se clicchi sul mio si apre il mio blog. Magari già potrebbe essere un punto di partenza, no? Un collegamento con un blog, con la tua pagina FB con un qualcosa per cui si inizi a risalire a te, come autrice. Commenti in giro e inizia far girare il tuo nome. E di conseguenza il tuo libro.

    • Uhm…come mai sul mio nome non esce niente?! 🙁

      • Sistemato. Non gli piace il “www” davanti… Il che è strano, perchè il sito funziona con entrambe le codifiche. Mah!

    • Grazie della segnalazione! Ho in rete blog, sito, pagine fb, tw, lk, google+ e non so che altro e poi c’è sempre qualcosa che non funziona. E neppure faccio tutto da sola, perché è impossibile, quindi qualcosa si è incriccato. Adesso provvedo. Anche in questo caso c’è un problema. Io trovo veramente difficile individuare i professionisti giusti nel campo del marketing editoriale, sono anche loro un po’ dei fantasmi, almeno così mi pare.

  • Sono abbastanza sbalordita da due cose: le difficoltà incontrate da Valentina e le menate sul verbo pubblicare. Una casa editrice vende libri, un autore indipendente vende libri; tutti e due pubblicano. L’autore fa da sé certi passaggi e ne terziarizza altri, l’editore idem con patatine. La differenza che vedo è l’accorciamento della catena commerciale, ma entrambi vendono libri. Punto.
    Ho messo su Amazon due raccolte di racconti, non miei, ho solo curato le raccolte. Una si chiamava “Parole d’Amore” e l’altra “Parole di Natale”. Copertine fatte da un grafico professionista, il resto fatto dalla sottoscritta e da una ragazza che ha lavorato come editor per un’importante casa editrice. Sì, una grossa. Una di quelle lì.
    Mi sono scaricata il manualetto di Amazon, l’ho studiato, ho fatto. Il lavoro più lungo è stato quello di correggere i testi, spaziature, a capo e cose del genere. Una volta corrette le magagne sui testi, la pubblicazione è stata una passeggiata, è bastato seguire i loro consigli.
    Le due raccolte non sono più su Amazon perché le ho tolte io; mi arrivavano ‘sti soldi dei quali non sapevo bene cosa fare, perché c’era di mezzo un’associazione culturale ma il denaro arrivava sul mio conto personale, e io poi lo giravo all’associazione. Sulle questioni fiscali sono quadrata: o sono sicura che va bene o non voglio saperne niente, e siccome nessuno mi garantiva che era tutto regolare alla fine ho tolto le raccolte. Il commercialista che ne capiva di associazioni (e non sono tanti) voleva una cifra spropositata per seguirci, quindi mi sono detta ciccia, non me l’ha mica prescritto il dottore di prendermi ‘sto mal di pancia. Peccato perché era per una buona causa.
    Quando e se, a dio piacendo, uscirà un libro col mio nome sopra, e ne ricaverò qualcosa, mi preoccuperò di dichiarare quel reddito e punto, perché al resto ci pensa Amazon, dio li benedica.
    Se mia madre a quasi ottant’anni ha imparato a usare uno smartphone, credo che chiunque possa pubblicare in modo diretto su Amazon. E no, non faccio il genio informatico nella vita.
    In compenso ne ho le scatole piene di vedere svilito il fenomeno della pubblicazione indipendente. Fatevene una ragione: è il futuro.

  • Chiara, per me dire pubblico vuol dire pubblico, non “ho trovato un editore”. Il distinguo tra molti self su Amazon e l’autore di Adelphi è doveroso, ma talmente ovvio che non serve sottolinearlo. E poi dovremmo entrare in discorsi complessi come le vendite, la definizione di successo, il concetto di letterario vs commerciale, letteratura di genere eccetera eccetera. Ci sono libri pubblicati da Adelphi che sono stati letti dai venticinque lettori di manzoniana memoria in tutto, se gli è andata bene. Ma molto bene. Però sono stati scelti? Contenti loro, bene per loro. Anche la James è stata scelta. Ma ripeto, il discorso diventa lungo e complesso e io devo andare a tavola 🙂
    Tra l’altro, Amazon attualmente svolge anche funzioni di casa editrice in quanto sceglie alcuni lavori di successo e li traduce e promuove. Ai Big Five e ai loro parenti italiani tremano i polsi. Chi vivrà vedrà.
    (e mo’ mi tocca andare a tavola 😛 )

    • No, Serena! Ti giuro che ricevo centinaia di mail con il mio editore è Amazon ilmiolibro eccetera. Se no non lo direi.
      E i distinguo che fai tu sono diversi e posteriori al primo: un editore ti sceglie, ci mette il nome, i suoi professionisti, la distribuzione e ti paga (anticipi e royalty). C’è chi lo fa male? Ovvio. Ma la distinzione è sostanziale. E lo sa chi ha firmato un contratto editoriale! Tu giustamente sai e sai fare i distinguo. Fidati, moltissimi no.

  • Tocca tornare 😀 forse perché conosco di persona Chiara e Serena e conosco la buona fede e il valore di entrambe. Pare che Amazon ora sia pure un marchio editoriale, copioincollo un pezzo di una mail:

    “A questo proposito, vengo al dunque, tra i nostri ultimi lavori ci siamo anche occupati come service delle prime pubblicazioni con marchio Amazon e abbiamo notato che il tuo testo ha alcune caratteristiche che potrebbero essere apprezzate da questo nuovo editore.”

    La sottoscritta a tal proposta ha pensato: ma il lettore medio capirà la differenza tra un libro self pubblicato e messo in vendita sulla piattaforma Amazon e uno col marchio Amazon? Temo di no. Così ho rifiutato la proposta di pubblicazione. Serena ha storto il naso “Amazon avrebbe fatto una promozione pazzesca al tuo romanzo!!!!” Di base, ma rischio di andare fuori tema del post, c’erano interventi sul testo che non condividevo come condizione indispensabile per arrivare ad Amazon marchio.

    Resto convinta che siano due cose diverse, due sport diversi ecco. Pallavolo e pallacanestro. Uno l’ho giocato, l’altro a breve. Spero di non prendermi troppe pallonate sui denti 😀 buon dopocena a entrambe!

  • Io non ho trovato tutte queste difficoltà, vendere i miei libri su Amazon è stato davvero facilissimo. Il file da caricare si ottiene in due secondi grazie a programmi free come Sigil (il mio file kindle ha un sommario ed è strutturalmente perfetto); pagine e pagine di form in inglese per cui è necessario addirittura utilizzare Google Traduttore non ne ho trovate; per la copertina ho fatto da me, ci ho messo qualche giorno con Photoshop (partivo da livello 0 assoluto); per quanto riguarda le varie opzioni, Amazon ti fa scegliere quanto vuoi guadagnarci, se vuoi che il tuo libro sia presente nella biblioteca Kindle Unlimited e se lo vuoi collegare alla versione cartacea, è tutto chiarissimo e semplicissimo. Sono d’accordo solo sul punto “pazienza”, perché sì, ce ne vuole davvero tanta. Ho riletto i miei libri (di circa 450 pagine ognuno) almeno 30 volte (e 30 non è un numero a caso) e non escludo che rileggendoli potrei trovare ancora qualche cosa che non va; dopo tante riletture li conosco a memoria, a un certo punto i refusi e gli errori non li noto nemmeno più. Mi piacerebbe davvero moltissimo limitarmi a scrivere libri e non fare tutto il resto, ma se l’editore non c’è, è davvero l’unico modo, semplicissimo con Amazon dal mio punto di vista e per la mia esperienza personale.
    Due punti invece secondo me sono stati tralasciati: la pubblicità dopo la pubblicazione (odio, odio, odio!) e i “pericoli”. Per pericoli intento il branco di squali che incomincia a girarti intorno: correttori di bozze e agenti letterari (senza alcuna qualifica), blogger (qui potrei aprire un capitolo a parte, c’è chi si fa pagare, chi ben recensisce in cambio di pubblicità, chi ti ricatta); insomma, sanguisughe pronte a cibarsi della tua passione.

    Per agganciarmi a qualche commento che ha preceduto il mio: la differenza tra pubblicazione con editore e senza è data stesso dal termine “self-publishing” che indica appunto che è l’autore l’editore di se stesso. Io sono autrice ed editrice, praticamente sintetizzo nelle mie mani il lavoro che in una casa editrice fanno più persone; essendo editrice della mia opera la “pubblico su Amazon”, che è una vetrina esattamente come quella di un negozio (non “con Amazon”, Amazon non è un editore!) Esiste “Amazon publishing” ma non riguarda tutti i Kindle venduti da Amazon, si tratta solo di alcuni scelti su cui Amazon ha deciso di puntare favorendone la visibilità e… altro. Leggo di persone che parlano di CE (non tra questi commenti) quando semplicemente affidano il loro lavoro a un “marchio” (chiamiamolo così) che gli crea l’ebook, la copertina e carica il file sulle varie piattaforme. Le CE sono ben altra cosa, sono assolutamente d’accordo con la curatrice di questo blog. Capisco però anche il “fastidio” di qualcuno nel vedersi “sminuire” il proprio lavoro. Noi “autori indipendenti” siamo molto spesso tacciati di superficialità e incompetenza, per molti non abbiamo una casa editrice perché non siamo sufficientemente bravi. Potrei stare qui e scrivere trenta pagine sull’argomento, mi limito a dire che “self” oppure no, un libro è un libro, non è necessario sempre inscatolare tutto all’interno di categorie.

    Il self-publishing è il modo più rapido ma non il più facile, e non per i form, per i file da caricare, etc., ma per tutto quello che c’è dentro, fuori e tutto intorno. Si è soli, contro tutti, senza nessuno che ti guarda le spalle; mettendoci la faccia, il tempo, i risparmi. Sarà per questo che noi autori indipendenti ci arrabbiamo tanto quando viene messo in discussione il nostro lavoro: abbiamo sudato e lavorato così tanto, ci abbiamo messo così tanto impegno e passione, che vederci sminuire i nostri lavori solo perché non abbiamo un editore ci ferisce…

    Mi fermo qua, è meglio!
    Che il 2016 sia un buon anno per tutti!

    • Per prima cosa grazie per questo commento lunghissimo! C’è gente che non legge manco due righe… scriverle, figuriamoci!
      Sì, Vale ci ha messo dieci anni – dieci! – per mettere il suo libro su Amazon, quindi è chiaro che non ha confidenza con certi strumenti. Ma a me interessa pure dar voce a lei. È un punto di vista e ci tengo e mi offre una occasione per parlare di self, argomento a cui tengo.
      Che si possa fare in tre minuti si sa, lo vedo. Ne ricevo a pacchi di segnalazioni di ebook in vendita. Non discutiamo su questo.
      E no, non sminuisco. Non essendo un editore, non essendo una agente, non scrivendo… davvero ti dico la mia esperienza senza furberie o secondi fini. Sono una editor e che uno sia edito, inedito, pubblicato, self… non cambia. Il mio lavoro è lo stesso. Come blogger e per la radio ricevo pacchi (virtuali) di ebook e il 90 per cento (non esagero) sono illeggibili. Storia, impaginazione, refusi, orrori vari… so bene che chi fa self ci mette la faccia. Ma non basta quella per avere un libro. E anche questo lo sappiamo. Non basta neppure un editore. E anche questo lo sappiamo.
      E no, non devi sentirti ferito. Se non hai un editore giochi una partita più tosta. Ma se io fingo che tu sia come un autore pubblicato ti prendo per il culo – no fondelli, culo – e invece ti rispetto e dico la verità: sono due cose diverse. Punto. Ci sono self di valore? Certo!
      Cazzus ho libri nel cassetto (di altri autori, ovvio) che considero speciali! Pensa tu! E un editore forse non lo avranno mai, ma non per questo un self è una autore pubblicato. E no, in tasca, non mi viene alcunché.
      Chiamare le cose con il proprio nome, significa anche avvolarare scelte diverse e rispettare percorsi diversi. Non discriminare.
      Io la vedo così.
      Buon anno e grazie per i caratteri e il tempo speso. E buoni libri! (in tutti i sensi)

      Chiara

  • Concordo con l’intervento di Miriam, tutto sta cambiando molto rapidamente. Gli autori indie investono su se stessi e ci mettono la faccia con il vantaggio di non doverlo fare per conto di un editore che ti distribuirà in qualche modo e farà poco e niente per la promozione. Dovrai comunque pensarci tu, da sola. In questi casi il rapporto è comunque squilibrato, il libro muore in un paio di mesi, salvo che non diventi un bestseller. Dietro al self c’è un lavoro durissimo (editor, grafico per copertina e per impaginare ebook e cartaceo che sono due impaginati diversi e sono imbranata, ma esigente in fatto di qualità e poi la promo). Aggiungo che negli anni continuo a frequentare i corsi di un grande Maestro per migliorare. Spero che i miei libri crescano nel tempo anche se il mio non è un genere che tira, ma è un lavoro che faccio con passione e mi piace. Lasciarlo a un editore che pubblica un titolo dietro l’altro tanto per vedere se in capo a un anno ne trova due che funzionano per me non vale. Ma è una scelta precisa, non un ripiego. Nelle mie valutazioni mi sono anche basata su un esempio, quello di Giulia Beyman, la scrittrice indie per scelta che lo scorso anno ha visto un suo libro in cima alla classifica degli e-book più scaricati di Amazon, davanti a mostri sacri come Ken Follett, con I giorni dell’eternità, e Donna Tartt con Il cardellino e adesso è stata tradotta e pubblicata negli Stati Uniti e in Germania. Però da noi non se ne parla. A me piacerebbe pubblicare con un editore, potrei imparare un sacco di cose, ma tutto ciò dovrebbe avvenire all’interno di un rapporto basato su un giusto equilibrio di diritti e doveri. Nel frattempo viva il self e buon anno a tutti! A noi self di più (scherzo).

  • “Racconto” davvero bello. Bello davvero! 😉 😀

  • Curiosità per Miriam B.
    Ho appena scaricato con Unlimited i 2 terzi della trilogia ancora in essere. Per me tutto gratis. Ma a te?

    • Ciao, ti ringrazio e ti auguro buona lettura. Allora, con Kindle Unlimited ricevo un guadagno in proporzione alle pagine lette. È da qualche mese che è così, prima Amazon pagava quando chi scaricava l’ebook ne leggeva almeno il 10%. Al momento non ti so dire il guadagno preciso per ogni pagina letta, ma dalla mia esperienza posso dirti che se qualcuno legge per intero uno dei miei libri guadagno quasi l’intero prezzo di copertina. Più il libro piace più viene letto più guadagno. Se qualcuno, ad esempio, lo scarica e ne legge 20 pagine guadagno poco e niente. Io fino ad ora l’ho trovato molto conveniente, non essendo conosciuta tendo a vendere più copie con Kindle Unlimited che copie “normali”. Il “costo” imposto da Amazon è l’esclusiva, cioè per partecipare al programma il mio ebook deve essere venduto solo ed esclusivamente su Amazon.
      (Ho aggiunto altri dettagli perché ho ritenuto che potesse essere di utilità a chi legge questo post sul self-publishing.)

  • Concordo sulla professionalità, oltre al fatto che – detto banalmente – se lavori insieme a qualcun altro impari dalla sua esperienza, da sola impari solo dai tuoi errori. D’altro canto, si dimentica spesso che il digitale non equivale al self, ci sono case editrici che quanto a professionalità non hanno niente da invidiare a quelle cartacee (come Emma Books, di cui posso parlare per esperienza diretta). Il digitale è perfetto per i titoli fuori catalogo, è uno dei suoi grandi vantaggi, renderli disponibili, e bisognerebbe approfittarne più spesso. Ora per esempio so dove andare a cercare il tuo!

  • Molto interessante il post, altrettanto i commenti seguenti. Vorrei aggiungere un punto di vista ulteriore.
    Io sono un’autrice pubblicata da editori piccoli e grandi (settore manualistica, non appartengo all’empireo delle prestanti signorine che pubblicano romanzi d’esordio con Rizzoli & c. 😉 ) e sono molto confortata dal sapere che esistono ancora editori che utilizzano correttori di bozze, editor, hanno un ufficio marketing che ti pubblicizza, ti fanno arrivare in tutte le librerie… In pratica, quello che io non ho mai trovato. Ho pubblicato anche libri che hanno vendite alte, di uno addirittura é stata necessaria la seconda edizione dopo solo due mesi dall’uscita e la prima tiratura era 5mila, non 10 copie. Però, nonostante questo, ho passato anni a rispondere dei refusi inseriti da altri, in particolare un libro che venne consegnato perfetto e fu passato al correttore automatico di word da un editor cretino, vi lascio immaginare cosa ne venne fuori. Ho risposto a centinaia di email di gente che non trovava i libri in libreria mentre i distributori erano Messaggerie, Feltrinelli, Ali, Fag… I più grossi. Ogni anno spendo in raccomandate di sollecito per il pagamento dei diritti molto più di quanto vorrei ed é veramente umiliante e frustrante perché se l’editore decide di non risponderti nemmeno o di truffare sui numeri di vendita (pratica MOLTO diffusa) non puoi fare nulla. Di tutti gli editori con cui ho lavorato, ho trovato massima serietà solo da due: FAG e Hoepli. Per un altro editore sono attualmente per avvocati perché pur essendo un leader nel suo settore specifico, sempre presente a fiere e manifestazioni, in un solo libro é riuscito a fare questo: 22 errori tra cui alcuni notevoli di impaginazione (scambio procedimenti tra ricette), inserimento senza consultarmi di un’introduzione di un cretino sconosciuto suo amico con pezzi copiati dal web, rifiuto di vendita dei diritti a editori esteri che li hanno richiesti pur essendosi riservato i diritti per l’estero, mancata consegna dei libri a un paio di presentazioni, mancato invio dei rendiconti per due anni… Vado avanti? Passiamo poi al marketing. Quale?! Ho sempre dovuto fare tutto da sola, a volte aiutata dal fatto che la collana era conosciuta ma di marketing ne ho visto poco e nulla. Fa parte del mio lavoro-per-vivere, quindi posso dare un giudizio professionale: negli uffici stampa e marketing vengono spesso alloggiati gli scarti dell’azienda, le amanti (mi piacciono le definizioni romantiche), i figli/e di amici a cui non si può dire di no… Il risultato? Il marketing editoriale fa schifo nella maggior parte dei casi e devi sbatterti a fare da sola se vuoi far conoscere i tuoi libri. Cosa che però ha questo ritorno: 6-10% sul prezzo di copertina al netto delle tasse, conteggiato l’anno successivo su dati che devi prendere per buoni ma non puoi controllare. E sperando che l’editore paghi. In pratica, stai lavorando gratis per l’editore, sarebbe così anche se pagasse puntualmente. Tutto questo per potersi ammantare della fighezza di appartenenza al gruppo dei pubblicati. 😀 Vorrei dire una cosa a chi comincia ora: lasciate che gli editori facciano la fame, ignorateli, auto-pubblicatevi. Sono tutti atterriti da Amazon e fanno bene. Per anni hanno pescato senza fatica tra i blogger maggiori che sono gente già conosciuta, che vende di sicuro, nessun rischio d’impresa, nessun marketing o sforzo, solo il 90% di guadagno sul lavoro di un altro. Adesso stanno raschiando il fondo, vanno a pescare tra i blogger più piccoli o gli esordienti, sperando di replicare il fenomeno di anni fa, e hanno una paura folle di Amazon che gli detta regole, impone tirature e consegne ma sopratutto gli porta via gli autori. Perché gli autori non sono così tonti alla fine. Volete delle cifre? Una mia ‘collega’, relegata anche lei alla manualistica, pubblica un romanzo con uno pseudonimo. Giusto per togliersi lo sfizio di morire avendo scritto qualcosa di diverso che un manuale. Sceglie l’editor più bravo che conosce, il grafico che le piace e mette il libro su amazon, fa fare tutto il marketing a un’agenzia. Investimento: circa 4mila euro. Entrata del primo anno: 23mila. Differenza con i manuali con editore (occhio: la manualistica vende più della letteratura: 22mila euro meno i 4mila di investimento. Mi ha convinta ma non solo per i soldi: per l’alta qualità del libro.
    Mi scuso della tirata lunghissima, ma spero possa essere utile a chi passerà di qui. Vorrei concludere con una piccola osservazione. Io vengo da studi letterari, ho studiato qualche centinaio di autori auto pubblicati. Un esempio su tutti: Virginia Woolf. Dopo tanti rifiuti, se non avesse fondato con suo marito la Hogarth Press, noi non potremmo leggere nemmeno un suo rigo, é stato tutto auto-pubblicato. Sarebbe stata un’immensa perdita per la letteratura. Ricordiamoci questo prima di parlare con disprezzo dei “self” o additare il self-publishing con la superbia di chi é stato pubblicato da un editore. 😉

    • Grazia, per prima cosa, scusa! Il tuo commento mi era scappato.
      Altro che tirata, è piuttosto utile il tuo commento perché racconta di una realtà di nicchia e di successo: la manualistica. I tuoi numeri li ho visti per lavori di docenti e professori (ma loro “propinano” i testi agli allievi) e con alcuni giornalisti. Ma per la narrativa è tutta un’altra storia. Se tocchi le 1000 copie vendute sei un supereroe e se lo fai vendi a prezzi molto molto più bassi. E no, non mi bastano i due o tre casi mediatici di successo. Un sistema che funziona è un sistema e i casi devono esserci con regolarità. E parlo di Amazon eh, perché alcuni miei autori – con una community di lettori ben strutturata e un buon giro di conoscenze tra librai e festival – riuscivano a vedere di più da soli che con l’editore.
      E apriamo la parentesi autopubblicati celebri: non vale citare Moravia e la Woolf. Paragoni due mondi lontani ma davvero lontani. Da editor posso garantirti che se trovassi tra gli autopubblicati testi di valore non solo ne parlerei più spesso anche qui, ma userei questo “bacino” per andare a caccia di talenti. E così farebbero tutte le agenzie letterarie, grandi e piccole. Quelli validi ci sono, ci sono quelli che vendono (ed è un’altra cosa) e ci sono i testi ignobili. Gli ultimi sono i più numerosi. Altro che letteratura!
      Nessuno snobismo qui. Il self è una realtà che osservo con attenzione e con molti self ho lavorato perciò parlo di numeri e risultati che ho visto con i miei occhi.

  • Non ho mai scritto nulla dunque non ho nessunissima nozione in materia di pubblicazione. Leggendo i post mi vien da chiedere, a chi ne sa, se non sia possibile pubblicare contemporaneamente con casa editrice e su piattaforma self. Certo le CE tenderanno a proibirlo, ma se, in via ipotetica, l’autore avesse abbastanza potere contrattuale da richiederlo sarebbe “legalmente” possibile? Si sa se è mai successo? So di autori che hanno cambiato casa editrice per lo stesso libro. Sarà stato per qualche tempo disponibile in entrambe le versioni? Questo deporrebbe per la possibilità di doppia pubblicazione. Avere la versione CE nelle librerie (con pubblica visibilità ma diritti ridotti) e nelle vetrine self (con visibilità, diciamo, di nicchia ma alti introiti) sarebbe il top. Magari – oppure ovviamente – con l’edito solo cartaceo e il self solo digitale. Si tratta d’un discorso folle?

  • Buonasera, innanzi tutto complimenti a Valentina per le copie vendute, poi avrei alcune domande a cui non riesco a dare risposta da sola.
    Ho da poco pubblicato il mio primo libro. Il meglio di me di Silvia Sbaffoni, ovviamente l’ho auto pubblicato su amazon, sia in versione ebook che cartacea.
    Mi piacerebbe portare alcune copie in c/vendita alle librerie della mia città ma come faccio a stamparle? Non posso mica comprare 50 copie su amazon, o si? Ma a quel punto come la mettiamo con il prezzo di vendita? (giusto per non rimetterci)
    Ho anche pensato di prendere il file bello pronto che ho dato ad amazon e portarlo da un tipografo, ma poi non avrei il codice isbn. Quindi? altra domanda a cui non so rispondere.

    Per quanto riguarda le promo su ebook su amazon conviene farle? tipo quella che ribassa il prezzo di vendita per una settimana, e gradualmente lo aumenta facendolo ritornare al prezzo originale allo scadere della promo?

    perdonate il poema ma qualcuno sopra diceva che il self publishing è il futuro però dove non si arriva bisogna delegare, delego a voi le mie domande 🙂

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  • C’è una cascata di autrici, c’è un torrente in piena di grandi scrittrici, insomma c’è una montagna di merda che soffoca l’antica patria delle lettere. Tutte si sentono in gamba, tutte discettano dell’arte scrittoria. L’amarissima verità è un’altra: è un mare di merda d’imitatrici, di scimmiottatrici, di egocentriche patate lessate, nate dall’esempio emanato dalla morte dell’arte, una volta che s’iniziò sui media a gabellare l’arte da chiazzo con l’arte pura. E’ il risultato del “tutti sono uguali”, del caos culturale, del voler ridurre tutto alla misera misura dello scemo del villaggio….

  • Questo “articolo” è così pieno di errori di qualsiasi genere e scritto in maniera così forzatamente sarcastica che ho fatto fatica a leggerlo fino alla fine. Si è rivelato anche davvero inutile. Non riesco a credere che gente del genere scriva libri.

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