Classifiche e dati di vendita: i grandi misteri dell’editoria

Classifiche e dati di vendita: i grandi misteri dell’editoria

Quanto vendono i libri? Segreto! Pare infatti che il riserbo permetta di millantare cifre  e così (forse) muovere qualche copia; e poi ci sono le classifiche che però non ci parlano di numeri reali ma di stime e proporzioni. Ma non dire paga davvero?

Che cosa hanno in comune Ammaniti, il Papa, la James? Si sono contesi più volte i primi posti delle classifiche. Queste curiose hit parade non misurano certo l’incommensurabile – la qualità culturale – ma i ben più terreni dati di vendita.

Ma quanto vendono i libri? E chi lo sa… se volete i numeri precisi, settimana per settimana, dovete pagare agenzie come Nielsen e GFK che offrono servizi di questo tipo. Altrimenti tocca chiedere agli editori oppure agli scrittori. Peccato che i secondi non ci tengono a dirlo (molti fanno firmare ai propri autori accordi di segretezza affinché si mantenga il riserbo sulle cifre), i terzi si vergognano a farlo. Il risultato? C’è ancora gente che crede che a vender libri si diventi ricco, io temo sia già difficile camparci coi libri e quelli che lo fanno, in realtà, sopravvivono grazie ad attività secondarie: corsi, consulenze… tutti gli altri hanno un altro lavoro.

Perché tanto mistero? Perché se non si sa quanto (poco) vendono i libri, si può continuare a scrivere cose come “seconda ristampa in una settimana” fingendo di non sapere che:

  • per una singola stampa (tra la produzione fisica del libro e la consegna del suddetto nelle librerie) ci vogliono almeno 7-10 giorni.
  • Stampare non significa vendere, significa distribuire.

E poi, cari miei, la vera domanda è? Quanto hanno stampato di prima? Mille, duemila, settemila copie? Fa una certa differenza non credete?

Nonostante i dati siano segretati, le classifiche continuano a esistere e hanno il loro peso: un libro in classifica vende per il fatto di essere in classifica. Questo perché nelle librerie le top ten spiccano ed è facile che catturino l’attenzione dei lettori, i librai ordinano e riordinano più facilmente questi titoli… e così il volano parte. Come detto, le società che si occupano di stilare le classifiche sono: GFK (che da poco si è fusa con Bookscan) e Nielsen. In Italia sulla carta stampata le trovate pubblicate su “la Repubblica”, “Corriere della Sera” (entrambe usano i dati GFK) e “La Stampa” (Nielsen).

Come vengono stilate? Per stimare le vendite è stato formulato un algoritmo, non si misurano infatti le effettive copie vendute, si tratta di una stima. Si prendono a campione un tot di librerie – indipendenti e di catena – e si conteggiano i dati che vengono registrati a partire dall’emissione dello scontrino e confrontati con quelli di Informazioni editoriali. Si tratta del database più completo in Italia che riceve i dati da Alice, il catalogo dei libri italiani in commercio, esauriti e di prossima pubblicazione; dal distributore Messaggerie e da e-kitāb, il catalogo degli ebook in commercio.

Cosa non si conteggia? Amazon e tutte le vendite online, la grande distribuzione, l’usato e il mercato globale degli ebook, perché le stime che ci sono valutano i dati sito per sito.

Come entra un libro in classifica? Deve vendere (si calcolano le vendite settimana per settimana). Quanto? Dipende dal periodo, quindi dalle uscite, quindi dai “contendenti”. Possono servire 5mila copie per entrare nei primi 20 ma alle volte mille possono bastare per arrivare sul podio. Voci di corridoio parlano di una certa autrice che appena uscita “si compra” nelle librerie dove avvengono le rilevazioni per entrare da subito in classifica ma questa, forse, è una leggenda urbana…

Adesso prendiamo per esempio la classifica di tuttolibri de “La Stampa”. È realizzata da Nielsen Bookscan, su un campione di 900 librerie e si assegnano i 100 punti al titolo più venduto tra le novità, tutti gli altri sono calcolati in proporzione (il numero che vedete accanto al titolo sulla destra) e tra parentesi viene indicato da quante settimane il titolo è in classifica.

Classifica Tuttolibri

Al primo posto troviamo il Papa, cioè il nostro cento. Se andiamo a vedere la narrativa italiana sul primo gradino del podio troviamo Camilleri che è in classifica da due settimane (il numero tra parentesi) e rispetto al primo segna un 38%. Se andiamo al decimo, troviamo Brizzi con un 8%. Quindi? Se il nostro 100, supponiamo, equivale a 10mila copie (parliamo della settimana scorsa, il libro del Papa è fuori da gennaio), Camilleri è al primo posto vendendo 3800 copie mentre Brizzi sta al decimo con 800 copie.

Basta fare qualche conto per capire che senza i reali dati di vendita queste classifiche hanno poco valore e poco ci dicono del “successo” dei libri (però influiscono sulle vendite e possono essere manipolati). Vorrei anche capire come mai alcuni libri che continuano a vendere con regolarità – ce ne sono – non entrano in queste classifiche…

Comunque sia, il giorno in cui gli autori prenderanno coraggio e decideranno di mandare in cortocircuito questo sistema di falsificazione mostrando pubblicamente i consuntivi di vendita, forse potremo cominciare ad avere una idea reale dell’universo libro. Soprattutto dei titoli che davvero funzionano e speriamo si leggano (perché venderli non basta).

Articoli suggeriti

23 Comments

  • Interessante il silenzio. Chi tace vince sempre, ce lo insegna persino la divinità. O.O

    Tu pensi che la rivoluzione debba partire dagli autori?
    Mi pare che anche loro non siano messi bene a notizie. Per quel che ne so e mi è stato detto (e tu di certo ne saprai di più) la maggior parte degli editori comunica all’autore i consuntivi ufficiali delle vendite dopo un anno. E paga dopo 18 mesi.
    In pratica uno scrittore non sa, se non per vie confidenziali dell’editore, come sta andando il libro. Lo scrittore si cimenta in presentazioni, rilascia interviste, ma se non si vede spuntare il libro in classifica, viaggia al buio. Senza contare che alcuni editori furbetti, a detta di certi autori (frustrati), taroccano i dati delle vendite, così da pagare meno royalty. Anche perché spesso i conteggi non sono facili, fra copie distribuite, vendute, ristampe, resi e magazzino… sembra il gioco delle tre carte.
    Sarebbe interessante sapere la prassi in tal senso. 😀

    • No, Marco, gli editori sanno settimana per settimana i movimenti dei titoli. Movimento però non equivale alle copie vendute esattamente (come detto, le stime sono parziali, sono proiezioni). Ma un editore lo sa quanto poco o quanto vende un autore. E per il truccare i dati: bastano i bollini Siae (costano all’autore, ma poco, e servono).
      Certo dopo un anno si sa quanto è stato distribuito e quanto venduto e quanto reso. Quindi si hanno dati reali.
      E sì, credo che siano gli autori a dover pretendere per primi dati reali. Perché il silenzio a mio avviso lede prima di tutti loro. La gente crede che i libri vendano, che gli autori guadagnino e si arricchiscano e da qui: i libri costano troppo eccetera eccetera…

      • Gli editori certo, hanno i conteggi, sono aziende, io mi riferivo agli autori.
        Gli editori ogni quanto tempo comunicano agli scrittori i dati di vendita del libro?
        Questo era il mio interrogativo.
        Qualche scrittore amico (non famoso) mi ha detto che l’editore gli comunica i dati dopo un anno dalla pubblicazione.

        • Guarda, Marco, tutti gli autori che conosco sanno (ahi loro) esattamente cosa succede. Ovvio che gli editori piccini non pagano per avere queste stime e quindi manco loro le sanno. Ma non sono certo questi gli autori che devono stracciare il velo. Io parlo di autori che si crede vendano bene e certe settimane fanno 61-83 copie.

  • Eccolo, il coraggioso, l’avete trovato. Piacere mio: voi siete i pavidi?
    Ah, ecco perché siete pieni di amici.
    La prima cosa che mi viene in mente è che spesso non lo sa neanche l’autore quanto ha venduto. La cosa che più mi ha sconvolto tra le tante, quando mi sono affacciato per la prima volta su questo mondo (tre anni fa con l’uscita del mio libro per la San Paolo) è la miseria dei numeri prodotti in seguito a grandi sforzi, compresa la presenza fisica in contenitori super seguiti (ed ero preparato, pronto a tutto, eh)
    Il mio libro è partito alla grande, alla grandissima, se consideriamo i limiti e le preclusioni strutturali e ideologiche del mondo editoriale nei confronti di una casa editrice cattolica: il mio editor in San Paolo, Riccardo – che è un santo, se grattate sotto alla patina trovate un angelo – mi comunicava ogni martedì i dati di “vendita” (la differenza tra vendere e distribuire l’ha spiegata benissimo Chiara)
    Le prime due, tre settimane, ballonzolavo sui 70, 80 libri a settimana (il posizionamento nella classifica generale, ovviamente, dipende soprattutto dalla contemporanea uscita di uno o due libri nello stesso periodo di riferimento, c’è gente che sarebbe stata prima in classifica dieci mesi su dodici, quando magari ha avuto la sfiga di uscire lo stesso mese di Dan Brow o altri best seller)
    Poi, gradualmente, le mie vendite si sono assestate e poi fermate. Discorso lungo, noioso. Attualmente, non ho idea a distanza di due anni e mezzo quanto abbia venduto, ma posso dirvi con certezza quanto ho percepito: due mila euro di acconto (da cui detrarre le percentuali dell’agenzia e le tasse) pareggiate con il primo consuntivo di circa duemila copie vendute, e 500 euro il maggio scorso. Tralascio ogni argomentazione relativa alla mia casa editrice, ai passaggi assurdi che impongono all’autore di pagare due volte le tasse su quel misero euro lordo standardizzato che, di solito, percepisce per ogni copia venduta, eccetera, perché invecchiando oltre che canuto e canizio sto diventando anche accorto e l’ultima agente con cui ho parlato mi ha riferito, testuale, che con il mio carattere non mi avrebbe preso manco se fossi il nuovo Wallace. (le ho fornito il numero di telefono delle mie ex mogli)
    Tornando ai numeri: un passaggio su Rai Uno di metà mattinata, nella trasmissione più seguita in quella fascia oraria, quella della Clerici, sposta circa 200 copie.
    Andare da Gallucci di giorno per registrare un programma che manderanno in onda a notte fonda, nello studio del Tg 5 pavesato a festa, circa trenta. (Trenta: io ne ho spostate un centinaio solo “raccomandando” agli adorati dipendenti dell’azienda di mio padre di acquistare, se credevano, il mio libro, caldeggiandoli a inviarmi dopo l’acquisto una loro foto accanto al libro, come si impone ai sequestrati con una copia di un quotidiano) Acquistare cento copie nell’arco di dodici ore sul principale sito di e-commerce, Amazon, ti fa balzare nei primi cento libri venduti dal sito (attenzione: classifica generale, non di genere. Per la fantascienza, saggistica o altro bastano una trentina per essere primi, almeno per un paio di giorni) Io, per far rosicare un paio di parenti, sono stato nei primi trenta per tre giorni a luglio 2013 (devo ancora restituire i soldi a mia sorella che ha effettuato la transazione, spero non mi legga)
    Per Ibs, ne bastano circa 25 (vende circa un quarto del colosso americano)
    Mentre scrivo, non ho la più pallida idea di quanto abbia venduto – a proposito, gli eBook non vengono mai citati, mio zio Giacomo ne ha scaricati una ventina – Negli ultimi tre mesi, dopo essermi riappropriato dei diritti del libro dalla San Paolo (vedi sopra, nessuna polemica, sono un uomo nuovo: aiutatemi)l’editor Voland, informatosi sul venduto del libro per rendersi conto quanto effettivamente una nuova pubblicazione si potesse scontrare con un mercato esautorato con la precedente uscita, mi ha detto che avevo venduto 12 mila copie. Un editor del gruppo Castelvecchi, spingendo lo stesso bottone sulla tastiera, ha esclamato stupito: 15 mila. Quindi, a prescindere dal venduto, sul quale non ho nessuna intensione di alzare una canizza- quindi, para e patta così – ho guadagnato con un libro di discreto successo circa 2500 euro in tre anni. Decurtate tasse e provvigioni, poco più di 800 euro l’anno. Quante avevate in matematica? Dall’ultima fila si alza imperiosa una voce: ma non hai guadagnato un cazzo!
    Bravo, brava : promosso. Ho guadagnato 70 euro al mese. Nette, eh.
    A onor del vero ci vorrebbe almeno un altro libro per raccontarvi cosa in effetti ho guadagnato, scrivendo e pubblicando un libro, tutte cose non scartabili e che non troverete nel vostro estratto conto bancario: emozioni, una nuova fidanzata, pianti e risate dei lettori, tempo per pensare, un sacco di complimenti, decine di inviti da perfetti sconosciuti, un succulento piatto emiliano di cui non ricordo il nome, la conoscenza di persone speciali (Chiara, Pepa, tra le tante) che mai avrei potuto conoscere da lettore e molto altro. Insomma, ho vagolato per tre anni in una bolla compressa dentro a un sogno e assemblata con gli ingredienti migliori della magia.
    Che mai scoppierà, a prescindere dal resto, fino a quando scriverai.

    Ah, io faccio solo questo, non ho un secondo lavoro.

    • Cari Maurizio, grazie perché più che un commento questo è un post… E andrebbe in un post.
      Più chiaro e preciso di così! L’unica postilla (drammatica, mi rendo conto): sei andato benino. Perché hai fatto rientrare l’editore dell’anticipo e gli hai fatto pure guadagnare 500 euro! E non parlo di esordio: vedo svariati consuntivi da 640, 800… Copie. Autori noti.
      Ecco quello che intendo per “bagno di realtà”: ti fai un culo così e sposti 2mila/3mila, 6mila copie se va benone.
      E anche se si dà il belletto ai numeri, quelli rimangono tali e quali. E poi magari qualcuno ci crede… E via così!

    • Grazie Maurizio per la chiara spiegazione. Almeno, come dici nella parte finale, ti sono rimaste le emozioni e le persone conosciute. Se ti può interessare, io non bado mai alle classifiche dei libri, tanto meno a quelle di Amazon e compro spesso ebook.

    • Una domanda sorge spontanea: chi ti mantiene, la tua nuova fidanzata? Scherzo, naturalmente, grazie per questo bellissimo e istruttivo post

  • Avrei talmente tanto da dire cara Chiara, che mi toccherebbe prendere ferie. Mi limito a sottolineare il mio sdegno per gli editori che sembra facciano di tutto per non vendere, e l’irritazione per chi crede ancora nella bontà delle classifiche. Per il resto una considerazione: sempre + spesso almeno io trovo editori che fanno solo l’e book e vebbe’ capisco l’abbattimento di costi, ma – domanda – quanto costa (forse pure zero) avere contestualmente, come fanno in molti, il print on demand di Amazon? Rimane una soluzione per avere il carteceo e assicurarsi i lettori non digitali anche se non la libreria, dove comunque sorgono altri problemi (visibilità e tempo di esposizione). Sto print on demand non potrebbe esserci sempre? E l’editore che fa l’e book e – parliamo di numeri quindi – vende 999 copie farà il cartaceo? Mi sa un po’ di obiettivo impossibile, soprattutto se il prezzo minimo di vendita dell’e book è 6.99! BACI

  • Chiara, è un dramma, hai ragione. Ma è una tragedia nella quale, attraverso il sito, ti muovi con la leggerezza di una commedia e la grinta impavida di un reportage onesto. E’ importante dire le cose come stanno, allertando chiunque voglia fare questo mestiere (professione con cui campare) che avrebbero una maggiore convenienza probabilistica investendo due euro nel SuperEnalotto, piuttosto che sperare di mantenersi con i romanzi. Ma è anche importante fargli capire che la parte più bella dello scrivere, è lo scrivere, non il pubblicare.

    Fuori topic, ma dentro a questo mondo così patologico: negli ultimi due mesi ho ricevuto tre offerte di pubblicazione. Due erano case editrici sul punto di fallire (facile capire il nome: delle due citate nel mio commento oltre alla San Paolo, una non è la casa editrice della meravigliosa slavista che, come anche tu hai riportato nel sito, ha venduto tre appartamenti per sanare i debiti e rinvigorire la sua passione folle per la letteratura) La seconda, è una abbastanza nota casa editrice romana, di cui se ti ricordi parlammo qualche tempo fa in relazione a una comune amica, che ha da poco chiuso una libreria di proprietà, non paga nessuno da anni, e il cui proprietario ha da poco pubblicato un libro con la Rizzoli, probabilmente nell’estremo tentativo di cambiare un mestiere che non faceva proprio per lui. Ecco, di cosa stiamo parlando, ragazzi: non basta?

    • Eh, non so se è colpa del nome, ma cerco di vederci chiaro…
      Però: l’editore che “ha venduto tre appartamenti per sanare i debiti e rinvigorire la sua passione folle per la letteratura” per quanto mi riguarda è tornata tra le case editrici occhei. Ha pagato TUTTI e sta pubblicando buoni libri (uno recensito da pochi giorni). Perciò le do con gioia fiducia (sono una inguaribile ottimista?). Quindi, se la proposta è ancora valida, pensaci. Di sicuro hanno gusto e un ottimo catalogo.
      Per la seconda: SCAPPARE! Ma muoio dal ridere perché, dati gli indizi, solo l’editore in questione afflitto da Alzheimer può non capire che si tratta di lui.
      E sì, se pensate di scrivere e far soldi, andate in tabaccheria e optate per un gratta e vinci 😉

  • Oggi è una giornata felice per altri motivi, ci sono 18 gradi e sono pure mezza in ferie. L’editoria mi fa vomitare! Penso che smetterò sta volta davvero.

  • Articolo interessantissimo, di più definitivo!
    Chiedo come sempre di poterlo ribloggare.

    • Gianni, ciao! Grazie a te se lo condividerai. 😉

      • Grazie, come sempre bello l’articolo e i contributi nei commenti.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *