Il mondo cambia e gli editori?

Il mondo cambia e gli editori?

È nata da poco Sem, casa editrice che dimostra di voler dare una sferzata al mercato del libro. Ecco una occasione per riflettere sul perché il settore editoriale appaia tanto restio al cambiamento. 

Il mondo cambia. Eppure c’è un settore che pare non farlo mai. E non prendetelo come un segno di grande fedeltà alla tradizione, non si tratta neppure di resilienza… pare proprio cecità. Il rischio? Avere a che fare con i walking dead.

Per questo motivo, quando nasce una casa editrice si spera che arrivino stimoli nuovi e nuove energie e che la perturbazione – come i classici cerchi nello stagno – si allarghi a tutti gli altri componenti della filiera, generando idee e visioni che possano arricchire il nostro lavoro.

Di Sem, cioè Società editrice milanese, vi ho già parlato (qui). Fondata da Roberto Cavallero (ex direttore generale di Mondadori Libri Trade) e Mario Rossetti (socio fondatore di Fastweb e imprenditore esperto di innovazione) che detengono il 37,5% e hanno accolto in società anche Feltrinelli (37,5%) e la casa di produzione cinematografica Anthos Produzioni di Maite Bulgari (15%).

Il team? Antonio Riccardi (poeta e direttore editoriale di Mondadori), Valerio Giuntini (con un passato in Librerie Feltrinelli, Ricordi, Einaudi, Mondadori), Teresa Martini (ex comunicazione e marketing di LEGO, General Motors e Tusquets Editores) e Giacomo Callo, grafico di lungo corso.

La prima novità da segnalare: chi compra la copia cartacea ottiene, non solo l’ebook, ma anche l’audiolibro (grazie agli accordi stretti con Audible). Se vi pare poco, riflettete: ci sono editori che oggi, anno 2017, non prevedono ancora il digitale.

Pubblicherà narrativa. Racconti (altra scelta di campo interessante) e romanzi. Narrativa di genere, partendo dal presupposto che le “maglie” del genere si sono allentate (e soprattutto non occorre copia-incollare temi e stereotipi) e non avrà alcuna collana perché ogni libro è a sé e fa storia a sé. Conterà su un distributore forte (Messaggerie e Pde per la promozione) ma cercherà di coltivare al meglio i rapporti con i librai.

Sulla carta per gli autori in cerca di “casa” le premesse sono buone. E occhio, perché daranno spazio anche ai self. Anzi lo danno già. Hanno infatti creato Sem-publishing una piattaforma in cui tutti gli autori possono caricare le proprie opere. Farle leggere. Sponsorizzarle.

La procedura all’autore non costa nulla. Lo scopo? Entrare in classifica, cioè nella hit parade dei più letti. È tra i primi cinque gradini del podio (non necessariamente il più alto) che l’editore valuterà un testo meritevole al mese. Il dattiloscritto verrà pubblicato in digitale e avrà il marchio sempublishing e sarà disponibile in libreria come Pos, cioè print on sale. Lo vuoi? Lo ordini al libraio e te lo compri quindi in libreria.

L’idea è interessante perché è un modo per attirare le nuove voci e monitorarle. Perché permette di dare spazio (uno spazio ordinato) a chi vorrebbe pubblicare. E soprattutto di mostrare ai lettori quante proposte editoriali siano la cosa più lontana da un libro che si possa immaginare… insomma trovare i buoni libri non è poi così semplice!

È il tentativo di creare qualche filtro nel calderone degli autori che si autopubblicano e, soprattutto, di includere nel meccanismo i librai che da questo notevole giro di affari (25.817 titoli pubblicati nel 2015, qui potete approfondire) son di norma del tutto esclusi: perché chi autopubblica nella maggior parte dei casi opta per il digitale e perché i cartacei in libreria di rado arrivano.

Vi parlo di questo solo oggi – il lancio è avvenuto settimane fa – perché ci tenevo a dare un occhio alla piattaforma e ai contenuti presenti per farmi una idea. E adesso ci sono già un po’ di proposte. Ecco qui la classifica:

Classifica Sempublishing.

Azione (fantasy direi), passione, dramma… poco genere, mi par di capire. Andate, sbirciate e ditemi cosa ne pensate. Di sicuro è un esperimento da tenere d’occhio ma soprattutto non è “fare come abbiamo sempre fatto”. È guardare al tempo in cui siamo accogliendo le novità e non osteggiandole per partito preso. Obbiettivo? Scoprire nuove direzioni e, magari, cambiare in meglio.

E adesso però lo chiedo a voi: quali caratteristiche dovrebbe avere una casa editrice oggi? A cosa dovrebbe badare? Quali errori proprio non dovrebbe fare?

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5 Comments

  • Ho letto molto circa il Sem Publishing in giro e il selfisti puri stanno arricciando il naso.

    Ma veniamo alla tua domanda: quali caratteristiche dovrebbe avere una casa editrice oggi?

    Prevedere cartaceo e digitale SEMPRE!

    Se si tratta di un editore digitale, non c’è nulla di male, prevedere comunque il POD. Ci sono digitali stra famosi che no, non ce l’hanno. Ma cosa gli costa? Mi chiedo io. Sta cecità come la chiami tu mi fa imbufalire, non si possono perdere lettori.

    Se si tratta di un editore tradizionale, che si renda conto che l’e book non sottrae vendite al cartaceo, basta!

    Rispondere sempre alle proposte che ricevono dagli autori, e dichiarare nel sito le modalità per l’inoltro dei manoscritti, e che siano reali, non sì sì sì rispondiamo a tutti, e invece no, la risposta non arriva. Onestà, valuta solo testi che riceve dalle agenzie, giustissimo, è un suo diritto, dillo nel sito e siamo tutti contenti. Se alle case editrici non piace perdere tempo, be’ neanche agli autori.

    Contenuti coraggiosi! Staccare – lo dico sempre – la mano dal bordo della pista di pattinaggio e lanciarsi nel mezzo. Non è molto più bello volteggiare così? Basta, con i libri tutti uguali, che se uno scrittore ha avuto un’idea vincente (e ben propagandata) come i vampiri, le sfumature, i maghi, i conventi e le biblioteche maledette, non è che si debba pubblicare nei secoli dei secoli amen solo sta roba.

    Finirla di dire che una storia da 75 mila battute è un romanzo, non lo è. No, agli spazi bianchi ogni 2 pagine e via dicendo per allungare il brodo e far sembrare un racconto un romanzo. Il lettore non è scemo. E basta pure con 150 pagine non di più, non ha mercato, magari quelle 300/350 (non 1000, eh) sono tutte necessarie. L’editor ne lima 30/50 va bene, ma no al trinciapolli per rientrare nel mercato.
    No, ai refusi a go go, alla scrittura sciatta e piatta, a inesattezze colossali (per qualcuno la luna è un pianeta), anche qui lo scrittore non è scemo.

    Sì, ad amare quello che si fa, il lettore lo sente!
    Storie intelligenti, drammi che sappiano far ridere, novità vere.

  • Editori, meditate 😉 Meditate!
    Grazie, Sandra.

  • Avevo letto e visto qualcosa altrove sulla nuova SEM, ma ora grazie a CBM ne sappiamo molto di più. 😀
    Davvero stimolante e con un passo spedito nei tempi che corrono, l’impostazione che questo nuovo editore si è dato. Ed è sempre bello farsi sorprendere dalla piacevole dicotomia emozionale che un’impresa così antica (e impolverata già nel nome “Casa Editrice”) sa suscitare nel suonare a un tempo così vecchia e così giovane.

  • La piattaforma sempublishing presenta dei punti critici molto discutibili.
    In primo luogo, se il criterio con cui si interessa l’editore alle opere inedite è una mera classifica, viene meno la passione dell’editore stesso, che si limita a pescare dai vertici dei primi cinque posti (così dice il regolamento) per interessarsi a quelle opere che potrebbero anche non essere qualitativamente le migliori, ma si trovano in quella posizione per motivazioni che potrebbero essere anche discutibili. Da qui mi aggancio al secondo punto critico: la classifica può essere manipolata attraverso l’utilizzo di multiaccount. Un autore può sfruttare questo stratagemma per votarsi più e più volte, in maniera tale che la sua opera ottenga un maggior punteggio. Basta dare un’occhiata ad alcuni dati incrociati (numero di voti ottenuti sulla base di un brevissimo tempo trascorso dal giorno in cui l’opera è stata caricata sulla piattaforma), per rendersene conto. Accenno soltanto al ridicolo tentativo di sfruttare questi multiaccount per auto-elogiare la propria opera, se non per strappare un sorriso.
    Un altro punto discutibile di questo progetto sono alcune parti del regolamento, in particolare quanto segue:

    “Caricare il pdf di un proprio scritto, dando un titolo, un genere, un’immagine identificativa (copertina). L’autore manleva l’editore da qualsiasi contenuto, del testo o dell’immagine. Contemporaneamente l’autore autorizza l’editore a permettere, sul portale, che chiunque legga il testo. Il download non è consentito.”

    Trascurando il fatto che l’editore potrebbe investire dei soldi in un grafico che si occupi delle copertine dei volumi che potrebbe pubblicare (altrimenti perché caricare un’immagine di copertina, se non per averla già bella pronta nel caso in cui si ottenesse la pubblicazione on demand? Ma potrei sbagliarmi), vi è una falsità che rischia di ledere il copyright dell’autore: può darsi che il download non sia consentito, ma de facto è possibilissimo scaricare tutti i testi caricati. Possiamo compiere questa azione cliccando nella sezione “Leggi il romanzo”, nella pagina di presentazione dell’opera (ad esempio qui https://www.semlibri.com/novel/a-cosa-pensi/). A questo punto si avvia una modalità di lettura del testo in pdf che è possibile scaricare selezionando l’apposita opzione. Chiunque potrebbe, potenzialmente, rubare i testi e farli propri, senza che gli autori ne sappiano niente perché si credono tutelati da quanto dichiara il regolamento.

    Carissima Chiara, dissento apertamente da un progetto editoriale del genere, perché rappresenta esattamente quello che un lettore non desidera, sotto molti aspetti. Alla fine del tuo articolo chiedi quali caratteristiche dovrebbe avere una casa editrice oggi. Ebbene, sicuramente non quelle di Sem.

    • Grazie, Stefano, su Twitter era impossibile parlare!
      Il self però è self. Se filtra l’editore che self è? Al massimo qui l’editore è curioso di vedere chi viene letto e votato. E tra questi va a vedere se c’è qualcuno che può interessare a lui come editore. Però l’editore è una cosa, Sempublishing un’altra.
      Passo indietro: io amo chi fa e ha delle idee. Non lavoro per Sem né sono il loro ufficio stampa 😉 Questo per chiarezza. E quando vedo un editore che prova a dare un occhio seriamente a quello che succede intorno all’editoria (e i numeri dell’autopubblicazione non sono certo di poco conto) lo trovo un esperimento interessante e lo seguo. Perché? Perché l’editoria, i giornalisti e gli altri professionisti del settore archiviano il fenomeno con una certa sufficienza.
      Però, concordo, la piaga dei fake e di chi si inventa 999 account è da debellare. Altrimenti il sistema va a quel paese. Idem i commenti patetici (per non dire dei commenti minacciosi a scopo estorsione voti, cose stile Amazon/aNobii di qualche tempo fa).
      E, ancora di più, è necessario tutelare i testi dell’autore. Fondamentale.
      Come fare? Sulle altre piattaforme puoi leggere al massimo una preview per avere tutto devi pagare. E scarichi un ebook e non un pdf (formato insidiosissimo e impossibile da proteggere). Forse la gratuità (non del caricare i testi) è un limite…
      Sulle cover. Quando autopubblichi devi avere una copertina (un dramma, si sa…). Sempublishing è una piattaforma di self, quindi non fa differenza. Per il poi? Non ne ho idea. Chiediamo all’editore!
      Comunque. Grazie mille del commento. Andavo proprio a caccia di questo. Perché solo chi surfa le onda del self sa bene quali siano le inside, altro che squali e rocce 😉

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