Troppi libri? Ecco perché gli editori ne pubblicano tanti

Troppi libri? Ecco perché gli editori ne pubblicano tanti

Troppi libri: libri che le banche finanziano, libri che i librai rendono per liberare spazio ad alti libri e via così fino al prossimo giro. Per la gioia del distributore (finché dura).

Pochi lettori o troppi libri pubblicati? 66.505 solo nel 2016 (dati Aie). Chi legge e frequenta le librerie si interroga spesso sul perché di tutti questi libri. Proviamo a capirci qualcosa?

In passato se non tiravi, cioè stampavi, 5mila copie, il gioco non valeva la candela: cioè la stampa di ciascuna copia ti costava un mucchio di soldi. Adesso se stampi 2mila copie te la cavi con 2-2.5 euro a copia. La cifra non solo è conveniente ma ti permette di avere un numero di libri sufficiente per fare accordi con un distributore ed essere presente sul territorio. Inutile dire che per vendere tanto devi essere in libreria e se vendi, magari entri in classifica, il che vuol dire vendere ancora di più. Il volano, così lo chiamano.

Cosa significa stampare, pubblicare e vendere un libro

Adesso giochiamo all’editore e vediamo cosa significa avventurarsi nella stampa e vendita di un libro. Mettiamo che il prezzo di copertina che ho stabilito sia 16 euro (un po’ di più del prezzo medio di copertina che, nel 2016, era di 13,30 euro). A questa cifra devo detrarre il 60% che va al distributore. Il distributore poi rivende i libri al libraio (di solito con uno sconto del 35-40 per cento e pretende di essere pagato a 120 giorni) che li venderà al pubblico.

Vale a dire? 9,6 euro spariscono subito. Quindi a me editore restano 6,4 euro. A questa somma devo togliere i 2,5 euro per la stampa. Quindi mi restano 3,9 euro.

Evviva! Insomma. Perché ci saranno delle persone da pagare (editor, redattori, traduttori, impaginatori, grafici). E la casa editrice avrà una sede (affitto, luce, telefono, connessione) da mantenere. E l’autore? Se gli do un anticipo sono già inguaiato… mettiamo che io non lo faccia, l’autore incasserà solo se venderà copie (ma non è un granché a livello etico).

Comunque. Il distributore mi compra 2mila copie, quindi io faccio una bella fattura che però non mi viene pagata (di solito viene saldata a 120 giorni ma si arriva anche a 210, cioè 7 mesi) però io il tipografo lo devo saldare, no? E 2,5 euro per 2mila copie fa ben 5000 euro.

Dove li trovo? Chiedo un prestito in banca e metto a garanzia la fattura che mi ha fatto il distributore cioè: 16×2000 – 60% = 12.800 euro.

Evviva!? Insomma perché con questi soldi devo pagare le spese, le bollette, gli stipendi… e alla fine mi sono rimasti in tasca due copechi e una mollica di pane.

Nel frattempo però in libreria ecco cosa è successo. Il libraio che lavora con il distributore prende i libri in conto assoluto: cioè ha pagato i libri che ha ricevuto o meglio dovrà farlo dopo 60-180 giorni (dipende dalla libreria, dal suo potere contrattuale). Però, dopo 30 giorni, il libraio non ha venduto tutti i libri che ha ricevuto e teme che non riuscirà a farlo, così decide di renderli. Questo succede perché ha bisogno di liquidi per comprare altri titoli e pure di liberare spazio, così fa le rese. Cioè si libera dei libri non venduti che gli vengono scalati dal debito che ha con il distributore.

Troppi libri? E soprattutto tanti debiti e altrettanti guai

Quindi per l’editore i guai non sono finiti. Il distributore lo avvisa che delle 2mila copie ne ha vendute solo 1000 (e siamo ottimisti perché di solito ne vende solo il 40%, cioè soltanto 800). Perciò, invece di 12.800 euro, la casa editrice incassa 6.400 euro.

Avete presente quando sentire dire che il distributore è l’unico contento nella filiera editoriale? Perché guadagna per distribuire i libri, guadagna per andare a riprenderli e per tenerli nei propri magazzini o per riportarli dall’editore.

Eh sì, perché quando il nostro editore scopre che non tutte le copie sono state vendute deve decidere che fare di quelle invendute. Quel che è certo? Dovrà pagare il distributore per andare a recuperarle e per tenerle in un magazzino o per farsele portare. E se decide di tenerle presso la propria struttura? Dovrà avere lo spazio sufficiente. In caso contrario: al macero! Cioè prima si svendono le copie, poi si offrono al suo autore e poi si distruggono. Perché occupare magazzino ha un costo.

Non perdiamo il punto, però. Il nostro editore ha un debito di 12.800 euro con la banca che – le rogne non vengono mai sole – dopo 120 giorni se ne ricorda e chiama per rientrare. Solo che nelle casse della casa editrice i soldi non ci sono più. Avete qualche idea per tirare fuori dai guai l’editore? Il cappio, uno strozzino o la fuga?

Esiste una quarta possibilità. Far partire tutto da capo! Cioè scegliere un altro libro, stamparne 2000 copie, distribuirle, andare con la fattura in banca, chiedere un finanziamento di pari somma e tirare in là. Fino al prossimo giro.

Avete presente il detto “chi si ferma è perduto?” ecco. Se il meccanismo si inceppa, è la fine. Ed ecco spiegato il perché dei troppi libri: tutta questa “Maratonda editoriale” è la causa della iper-produzione di titoli sul mercato.

Troppi Libri spesso brutti (tanto anche se non vendono…)

Il meccanismo spiega anche alcuni misteri dell’editoria. Avete presente quel romanzo obbrobrioso pubblicato nel silenzio? Brutto, ignorato dall’ufficio stampa, con una copertina ridicola e pure con qualche refuso… un libro inutile! No, a qualcosa è servito: a chiedere un prestito in banca. Prestito che magari è stato utilizzato per pagare anticipi stellari o altri buchi.

E via così. Finché la banca smette di prestare soldi (magari rischia di saltare pure lei?!). E l’editore si trova a dover pagare un mucchio di quattrini al distributore. Quattrini che non ha. Così un giorno che succede? Il distributore si compra l’editore e diventa più grosso.

Questo finché non ne resterà soltanto uno. Un unico immenso Mostributore che corre in tondo, da solo, come un highlander bolso e confuso.

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15 Comments

  • Brava Chiara. Informata e esaustiva come sempre.
    In questo meccanismo si inserisce a ben vedere il fenomeno del progressivo calo delle copie stampate come “prima tiratura”.
    Da quello che ho capito, correggimi se sbaglio, negli ultimi anni i grandi editori sono scesi da prime tirature di 5000 copie a 3000 o 2000 copie soltanto e i piccoli editori sono scesi da 1000 a 500 (a volte anche 300).
    Tantissimi volumi stampati, troppe copie da “stoccare” e far circolare.
    Anche perché il proliferare dei titoli porta inevitabilmente alla diminuzione del numero di copie vendute per singolo volume. Perciò: perché stamparne troppe?
    Il “giochino” che tu descrivi sopra viene fatto lo stesso sul gran numero di libri pubblicati nel corso dell’anno.
    Detto ciò, le case editrici fanno il loro fatturato, in termini di vendite, solo su pochissimi titoli, quelli degli scrittori più affermati e delle poche “novità” su cui si investe pesantemente in termini di promozione. Diciamo che non escluderei che una casa editrice come la Mondadori faccia l’80% del suo fatturato annuo grazie agli 8/10 libri più venduti del suo catalogo. Il resto è un po’ carne da cannone.
    Per fortuna anche tra quella che la casa editrice considera carne da cannone si nascondono buoni romanzi.

    • Sì, esatto, Silvio! Meno copie stampate, troppi titoli, meno copie vendute per titolo… e l’editore chi è? Uno che butta fuori libri o uno che li sceglie? E i buoni titoli sono un incidente statistico o il frutto di un lavoro? Esagero, ma questo meccanismo di “finanziamento” altera le dinamiche di lavoro. Si insegue un monte copie venduto, purtroppo, si smette di considerare ciascun libro un “viaggio” e un lavoro.
      Ma i buoni romanzi ci sono!

  • Ecco i grandi vantaggi dell’editoria digitale (con POD!) no magazzino, resi, conto vendita, conto assoluto e via dicendo, peccato che per molti non siano libri. Quanto è duro a morire sto pregiudizio.
    E dal monte copie ogni tanto spunta una chicca, e si fa festa.
    Un bacione
    PS. pc risolto, ma rimane il mistero del come sia accaduto

    • Mistero a parte: evviva! Fidati che so di cosa parli…
      L’editoria digitale risolve un sacco di inghippi, ma i problemi qui – come dici – è che viene considerata editoria di serie B.
      Insomma c’è da lavorare.

  • Bel meccanismo e povero autore che insegue il sogno di pubblicare.

    Riguardo al macero, per quel che mi è dato sapere, gli editori non lo effettuano quasi mai per intero, ma solo parziale.
    Questo perché nel diritto d’autore, gli articoli 134, ma anche il 133, parlano chiaro.
    Se un libro va al macero per intero, non è più in commercio. Se non è più in commercio il contratto di edizione per legge è estinto. E dato che i contratti di edizione in genere sono di dieci anni, ma possono anche arrivare ad un massimo di legge di venti anni (negli Stati Uniti non c’è limite, anche a vita e si comprende perché lì il self sia una vera e propria ribellione) all’editore non conviene portare tutto al macero. Meglio tenere una scorta in magazzino. Metti mai che l’autore X, anche pubblicando con altri editori, dopo qualche anno esplode? In casa si ha una miniera con i diritti, che possono essere venduti o dare luogo a nuove ristampe.
    I contratti di edizione sono il vero patrimonio di un editore. Ad esempio, quando è stata venduta Bompiani, il prezzo di vendita è stato stimato, oltre che per i brand del marchio, anche per i libri in catalogo.

    La riflessione che mi pongo, alla luce di questo ingarbugliato meccanismo che hai illustrato, è semplice: come si fa ad uscirne?

    • Ciao Marco!
      magari il macero non fosse completo… mi chiamano spesso amici e autori, depressi, che mi dicono: macerano il mio libro. È successo con una amica cara di recente. Casa editrice grande e rinomata. Ti chiamano e ti avvisano che macereranno e ti danno un tempo per comprare le copie che vuoi. Ma, soldi a parte, quante ne potrai mai comprare?! Ti serve un magazzino!
      Il macero completo non lo faranno per qualche big o per traduzioni costose, quando, appunto si tratta di conservare il contratto… ma negli altri casi, risolvono il problema alla fonte. Macero!
      Lo stesso accade quando mandano volontariamente fuori collana un titolo. Succede e succede anche con gli autori che hanno venduto bene. MI viene in mente “L’uomo che mi lava” di Valentina Maran venduto molto bene, tradotto all’estero e fuori collana.
      Come ne usciamo da questa maratonda? Non lo so, Marco. Il dramma, temo, sarà riuscire a non essere travolti. Quando la bolla esplode, esplode per tutti. Il fatto è che troppi tentano di sopravvivere e forse, invece, dovrebbero essere spazzati via.

      • Però se i libri vanno al macerano, almeno gli scrittori riacquistano i diritti e possono rimettersi in gioco. E’ anche vero che se già è difficile pubblicare i libri nuovi, figuriamoci quelli già proposti. Però avere i diritti è molto meglio di un libro dimenticato e senza più promozione. Oggi un amico scrittore ha rotto col suo editore e il libro con nemmeno tre mesi di vita non è più disponibile negli store. Sogno che si frantuma per lui e un bel libro che perde opportunità. Un gran peccato.
        Sul libro fuori collana è anche un po’ assurdo. Se è anche tradotto potrebbe ancora esistere in ebook o come diceva Sandra in POD, un vero peccato.
        In pratica l’editoria sembra un gran: io speriamo che me la cavo. 😀

        • Esatto, Marco. Un libro pubblicato da un editore medio o grande – a meno che non passino due glaciazioni – è difficilissimo che trovi casa di nuovo.
          Succede quando un autore passa da un piccolo a un big e il big recupera i precedenti (a Genovesi è andata così). Succede per alcuni libri tradotti, per esempio Haruf (la prima volta che è stato tradotto in Italia è stato un flop, ci sono voluti anni e NN per regalargli una nuova vita editoriale).
          E tu pensa a quegli autori che dopo essere riusciti a pubblicare non fanno manco a tempo a godersela che il libro esce, vende poco (come tutti, come molti) e dopo un mese viene reso e il sogno finisce…
          Io speriamo che me la cavo rende assai 😉

  • Certo che depressione… :'( 🙁 E quanta tristezza mi fa immaginare tutta quella macerazione…

  • Cos’è un libro in POD?

    • POD Print on demand

  • Un libro di racconti da me scritto (ne ho già pubblicato un altro) ed inviato in visione ad alcuni editori ha finora ricevuto quattro proposte di pubblicazione: tre da case ‘eap’ nei cui contratti non si parla certo di anticipi all’autore ma alle 150-200 copie che questi deve acquistare a prezzo di circa 16 euro a copia, La quarta è di una piccola casa editirce (che deve essere microscopica) la quale non mi chiede di partecipare alle spese, almeno per ora, ma che mi propone una prima tiratura di…. 50 copie! Se togliamo le due copie che darebbe a me, quelle da distribuire per legge e qualche altra da mandare a qualche giornale o spedire come omaggio a qualcuno che conta, cosa resterebbe per la distribuzione? Forse neppure una copia per regione. Ha senso una cosa così?

  • Secondo la mia esperienza, oggi si stampa principalmente “on demand” e lo fanno non solo gli autori che pubblicano in self, ma pure molte case editrici (almeno tra quelle medio-piccole), pertanto tutta questa faccenda dei soldi è molto più limitata (e in ogni caso piccole case editrici mai più stampano 2000 copie, massimo 200). Inoltre io immagino che più della metà degli autori, anche quelli che pubblicano non EAP, un tot di copie per sè le acquistino (amici, parenti, sogni di gloria) e secondo me già solo con quelle l’editore rientra di buona parte delle spese (se non tutte). Se poi consideriamo che molte piccole CE non hanno neanche una sede, se non la casa dell’editore stesso, ecco che siamo arrivati a capire come si fa a fare gli editori – anche in modo serio (lo dico per esperienza, ribadisco) – senza indebitarsi!

  • IL PROBLEMA DI BASE E’ IN FONDO UNO. Libro COME puro e semplice oggetto di mercato e di consumo. Libro avulso da cio’ che SIGNIFICA, DAL MESSAGGIO CHE TRASMETTE, DALLA RICERCA CHE CONTIENE, DALLO STILE CHE ESPRIME… E DAL PUBBLICO AL QUALE SI RIVOLGE. Oggetto tra gli oggetti, segue le strategie finanziarie e commerciali della vendita e inevitabilmente la IPER PRODUZIONE causa la saturazione del mercato.
    Si distinguono (non esattamente in senso letterario) i “nomi” strombazzati dai soliti MEDIA, i tipi ambosessi che vanno per la maggiore ed hanno poltrona fissa nei salotti televisivi. O le “scrittrici” che si presentano al Bruno Vespa di turno con belle gambe esibite attraverso la gonna con lo spacco…
    Quando poi vai a leggere quel che scrivono… lasciamo perdere.!
    GIULIO FERRONI stronco’ fior di “nomi” tipo Mazzantini, Giordano ed altri, leggendo e valutando quel che scrivevano. Leggi il saggio :”Scritture a perdere. La letteratura dell’anno zero.”
    Ripartire da editrici piu’ piccole, specializzate nel genere di scritture da valorizzare e selettive del pubblico cui indirizzare i libri dei loro autori. Forse la strada sarebbe questa.

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