Salone del libro di Torino 2017: si chiude, in bellezza, e si pensa al futuro

Salone del libro di Torino 2017: si chiude, in bellezza, e si pensa al futuro

Termina oggi la trentesima edizione del Salone del Libro di Torino, ecco i numeri ufficiali, le proposte più belle, quello che si poteva fare meglio e i progetti per il 2018.

È stata un po’ come l’ultima puntata di una (bella) serie tv, questa trentesima edizione del Salone del Libro di Torino. Non vedi l’ora di vederla ma poi ti spiace sia finita. La malinconia è un indicatore di qualità ma tocca essere poco emotivi per fare il punto.

La prima considerazione? La concorrenza è l’anima non solo del commercio ma del lavoro. Dopo anni “calanti” e musi lunghi era necessario un cambio di passo. Servivano persone pronte a spaccarsi la schiena, idee nuove ma realizzabili, c’era bisogno di una bella scossa (meno dinosauri, meno politica, meno vip, meno cialtronate facili che intristiscono e non producono frutti) e la minaccia-Milano ha innescato la reazione.

I numeri del Salone del Libro di Torino 2017

Nella conferenza stampa di chiusura Massimo Bray, prima di dare i dati di questa edizione, si prende il suo tempo e per ringraziare usa le parole dei libri citando Leone Ginzburg, Bobbio, l’archeologo Khaled al-Asaad, Primo Levi… di Chiara Appendino e Chiamparino ci dice: «non hanno mai chiesto ma hanno sempre dato al Salone».

«Abbiamo visto l’impossibile diventare possibile» aggiunge e poi sciorina le cifre. Alle 16 del 21 maggio i visitatori totali sono stati 165.746mila: 140.746mila al Lingotto e 25.230mila quelli relativi al Salone Off.

«Questo Salone ha dimostrato molte cose, cose che smentiscono in maniera sonora una scuola di pensiero di cui la gente evidentemente è stanca e venendo qui ha detto chiaro e tondo qual è l’idea di comunità e cultura in cui ripone speranze» ha detto Nicola Lagioia. «Per esempio: non è vero che se alzi il livello il pubblico diminuisce. Se alzi il livello e lo fai in una ottica di vera inclusione e di vera partecipazione può capitare, non che il pubblico si allarghi, ma che il pubblico smetta di essere pubblico; rompa il guscio odioso che separa la società dello spettacolo dalla vita vera. E, non più pubblico si trasformi di nuovo in una comunità di fratelli e sorelle felici di esserci e di vivere tutto questo insieme.»

Il prossimo Salone? Segnatevelo: si terrà dal 10 al 14 maggio 2018.

Le proposte più belle di questo Salone del Libro di Torino

Nei padiglioni si respirava l’orgoglio sabaudo. I torinesi, con aria fiera, hanno affollato gli stand fin dal primo giorno e non erano certo soli. Ho incontrato gente che veniva da tutta Italia, gente che era lì per ribadire fedeltà e attaccamento alla manifestazione e, soprattutto, per comprare libri. In tutti gli stand le persone facevano la fila e uscivano carichi di sporte. Questa sì che è pubblicità per la lettura!

L’entusiasmo è contagioso, si sa, ed erano entusiasti gli editori presi d’assalto, i lettori – disabituati a vedere questa editoria felice che mette in pausa il disco eh ma è la crisi, signora mia e si ricorda di fare al meglio il suo lavoro – erano entusiasti gli scrittori che presentavano i libri davanti a un pubblico degno di questo nome.

Cose da segnalare? È tempo di poesia e quest’anno oltre a una sala dedicata, era “tatuata” sui muri dei padiglioni, la vedevi tra le proposte negli stand, la ascoltavi nelle presentazioni. Una scelta di campo che ci piace perché la poesia è la casa in cui giocano le parole.

Muri "tatuati" di poesie al Salone del Libro
Muri “tatuati” di poesie al Salone del Libro

Stand originali, “naturali” – tanto legno, cartone, soluzioni eco – e accoglienti. Altrettanto accogliente la Biblioteca del Salone che aiutava i lettori a scoprire come orientarsi nel mare di proposte editoriali tramite percorsi di lettura: i libri erano negli scaffali ma c’erano – evviva! – anche percorsi digitali e app di social reading. Trovavi anche esperte di restauro e più in là ecco sbucare l’insalata idroponica, vermi e altre sorprese… perché chi legge non coltiva solo idee e storie, coltiva stupori.

Emons, editore specializzato in audiolibri, permetteva ai visitatori di sperimentare l’emozione della registrazione di un testo. C’era poi il corner dei librai indipendenti americani – grazie a edizioni E/O, Europa Editions e Other Press – in cui si poteva dialogare con loro e scoprirne il ruolo prezioso ai tempi di Trump.

Indie Bookstore pic by Paolo Armelli

Alcuni editori stranieri condividevano lo spazio con quelli italiani, una ottima occasione per guardare oltre i confini di casa propria e ribadire il senso del tema di questa edizione. Riuscitissimo “Editori in scambio”, per cui poteva capitarti di andare allo stand di Miraggi e trovarci Francesca Chiappa di Hacca. Anche un modo per ricordare a tutti gli operatori della filiera che oltre a lavorare con i libri, dovremmo leggerli e conoscerli molto bene. Soprattutto quelli degli altri.

Bravi a chiudere il Salone alle otto e mandare tutti in città (Torino è bella, vale la pena guardarla). Dove? Alle feste, perché no (quest’anno alla Holden era tempo di Twin Peaks) ma soprattutto al rave letterario di Baricco che in una location fantastica – lo Spazio MRF nel Capannone ex DAI, un edificio industriale dismesso un tempo utilizzato dalla Fiat per la logistica del Comprensorio Mirafiori – ha letto brani di Furore di Steinbeck accompagnato dalla musica di Francesco Bianconi dei Baustelle. Alle letture di brani inediti proposti da “Citofonare interno 7”, organizzato da Rossano Astremo (con Durastanti, Andrea Piva, Vanni Santoni e Graziano Tedoldi).

Quello che non ha funzionato al Salone del Libro di Torino

Che in questa edizione si puntasse alto lo si capiva non solo dal programma fittissimo ma da proposte come l’isola del silenzio. Una delle critiche degli altri anni era infatti la pessima acustica e ipotizzare una zona del tutto insonorizzata non era cosa da poco. Risultato così così (il rumore c’era ahimè) ma è stato un esperimento interessante.

Permangono alcuni problemi logistici: se ospiti i visitatori devi accoglierli sul serio. Mancavano panchine – non ci vengono solo i giovincelli al salone! – corner dove riprendere fiato e appoggiare le sporte di libri. Mancano ristoranti dove accomodarsi e mancava pure l’aria condizionata. Non mancavano invece le file interminabili ai bagni (sono davvero pochi) e per assistere agli eventi (non si può ideare un sistema di prenotazioni?!). Non c’era la zona ristoro per gli espositori (i giornalisti potevano godere della paradisiaca lounge del Circolo dei lettori) perché se sei al Salone per lavorare, hai diritto a nutrirti senza sorbirti una coda inumana.

Tantissimi gli stand – hanno affittato ogni centimetro disponibile – peccato che non si riesca a lasciar fuori tanta inutile para-editoria a pagamento che come Il Nulla di Fantàsia divora la qualità dell’offerta circostante.

Pollice verso per gli editori che arrivano al Salone senza proposte che riflettano sia la loro identità, sia l’attenzione verso il lettore. Ci sono persone esigenti a cui non basta una novità risicata e si deve pensare tanto a loro quanto a chi legge poco. Pollice verso per gli stand senza bancomat: ho visto pile di libri abbandonate alla cassa per questo motivo.

C’erano i soliti vip i soliti politici i soliti, insomma. E permane ancora un certo atteggiamento di sudditanza nei confronti di alcuni che arraffano più facilmente gli spazi, ritardano, fanno slittare gli appuntamenti. Caro #TeamLagioia, sii all’avanguardia: sudditanza solo ai buoni contenuti!

Sarà ancora Salone del Libro versus Tempo di Libri?

Adesso tocca guardare all’edizione numero 31. E ripetersi non è cosa da poco. Ricreare questo entusiasmo sarà difficile, data la concatenazione di “sfortunati” eventi, ma tenerlo stretto e rimettersi al lavoro è d’obbligo.

Oddio, forse i milanesi riusciranno a rinfocolare gli animi sabaudi: pare infatti che Tempo di Libri non solo si farà, nel 2018, ma potrebbero essere scelte come date proprio quelle del Salone.

Non si è sbottonato Federico Motta, presidente Aie (che ha appoggiato Mondadori e Gems nel progetto Tempo di Libri), in visita al Salone nei giorni scorsi che nel frattempo rischia la poltrona (tra i nomi papabili c’è quello di Ricardo Franco Levi).

Quindi, cari miei, come potete leggere Libriful non era arrivata all’ultima puntata, era solo la fine della prima serie.

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7 Comments

  • Ho adorato questo salone, ne parlo nel mio blog se qualcuno vuole sapere più diffusamente come l’ho vissuto. Cliccate sul mio nome… 😀
    Ho adorato: Marcos y Marcos che si è sperticata a raccontarmi le differenze dei vari libri della Toews perché io ne sto leggendo uno e non ne sono rimasta folgorata, Giuntina dove siamo di casa sul serio, Gianluca Morozzi munito di birra che si ricordava di me e mi ha detto che lui scrive proprio tanto perché gli piace proprio tanto (e gli riesce proprio tanto bene aggiungo io).
    Sì qualche sedia in più, sì un ristoro meno bivacco non guasterebbero affatto.
    Poi va un po’ a chiul, non ho fatto fila all’ingresso (domenica h 11.20), poca ai bagni, trovato parcheggio fuori così non ho pagato il parcheggio che mediamente ci svenava.
    Si respirava un’euforia bella, mi sembrava che la gente fosse felice, e non mi pare poco.
    Ribadisco che sono di Milano e a Tempodilibri non ci sono stata!!!!!!!!!!!
    Perché Torino è Torino punto, come Natale.

    • Dai Tempo di Libri è servita a dare una sveglia a tutti. La concorrenza male non fa (meglio se è una concorrenza alta e leale, però) 😉
      Bene per il bagno e per gli incontri! Soprattutto per i secondi, eh, anche se il primo non è un dettaglio da poco…
      adesso abbandono la scrivania e me ne torno a casa. Grande entusiasmo, sì, ma pure un mare di sonno in arretrato!
      Un bacio

      • Buon riposo CBM, immagino la sfacchinata!

  • In realtà la zona espositori c’era. Era fuori dal padiglione 3. Però c’era un casino infernale.

    Per i bagni ce ne sono un paio imboscati che in genere non hanno tanta coda. Però insomma… manco Indiana Jones.

    Concordo su tutto comunque.

  • Avrei tanto voluto esserci… E avevo guardato per venirci la domenica in treno, ma Trenitalia dev’essere affiliata allla fiera milanese, che sulla linea Torino-Venezia c’erano pochi diretti, e per un totale di 6 ore di viaggio si e no che me ne gustavo 4 di Salone. :/
    Vedremo l’anno prossimo, se riesco ad organizzarmi il weekend intero. Ma chi può dirlo cosa succederà l’anno prossimo?! Con le seconde stagioni non si può mai dire!

  • Ecco il suo indirizzo di posta elettronica: augustobarbetti4@gmail.com
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