Una famiglia quasi perfetta – Jane Shemilt

Una famiglia quasi perfetta – Jane Shemilt

Quando accade? Quando i nostri figli smettono di girarci sempre intorno, di avere bisogno di raccontarci ogni cosa per essere certi sia accaduta davvero? Quando smettono di avere segreti con il mondo, segreti che solo noi conosciamo?

Il fatto è che prima o poi succede. Se tutto va bene, i nostri “piccoli” staranno andando per la propria strada incontro a ciò che li aspetta: gioie, dolori, passioni, sorprese. Se qualcosa va storto? A svelarcelo è un inciampo, un problema da risolvere, un guaio che ci costringe ad aprire gli occhi: non sono più piccoli, li conosciamo poco e “nostri” non lo sono mai stati.

Si tolse il cappello; gli aveva lasciato un piccolo solco sui radi capelli grigi. Mi strinse la mano e parlò in toni sommessi. Era dispiaciuto per noi, ma non quel genere di dispiacere che temevo. Mi sarei spaventata se avesse espresso il suo dispiacere per la nostra perdita. La donna fu più rude. Mi salutò con un cenno del capo ma si mise le mani dietro la schiena come se non volesse toccarmi; ero il genere di donna i cui figli non tornano a casa.

Jenny è un medico. È sposata con Ted, un neurochirurgo di fama. Hanno tre figli: Theo, Ed e Naomi. È una vita piena la loro, un continuo salto a ostacoli tra doveri, scadenze, affetti nel tentativo disperato di tenere tutto assieme: soddisfare le richieste dei figli e non dimenticarsi dei propri sogni.

Quel che avevamo era stato conquistato con fatica, ma quasi sempre pensavo che eravamo fortunati.

Una notte, dopo l’ennesima esibizione a teatro di Naomi – quindici anni, bellezza che sboccia e talento promettente – Jenny si sveglia di soprassalto e si accorge che sua figlia non è tornata a casa. Per la prima volta non sperimenta “la sensazione rassicurante che ti dà sapere che i figli sono tornati a casa e la notte è chiusa fuori dalla porta”.

Una bravata? Un incidente? Dove è finita Naomi? Presto l’ansia si trasforma in panico ed è l’inizio dell’incubo. Una frattura della normalità dalla quale emerge una realtà ben diversa da quella a cui Jenny era abituata: chi sono i suoi figli, chi è davvero suo marito?

Mi stavo avvicinando a lei, ma mi ero fermata; era così assorta a sbirciare di lato che avevo seguito il suo sguardo per capire dove fosse diretto, ma fuori dalla finestra c’era solo il buio della notte. quando ero tornata a osservarla, aveva la bocca increspata in un sorriso, un sorriso intimo, segreto. mi era sembrata così diversa.

Con un avvincente montaggio tra passato – la sparizione di Naomi – e presente – la vita di Jenny a un anno dalla scomparsa della figlia – il lettore sperimenta la lacerazione di un genitore costretto ad affrontare un dolore indicibile. Un genitore che non si arrende e cerca in ogni modo di scoprire la verità raccogliendo indizi, scavando nei ricordi e sapendo che, prima o poi, “le cose vengono in superficie”. Il difficile è trovare la forza per vederle.

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2 Comments

  • Al di là del libro, che sembra davvero molto avvincente, sai che tu l’hai descritto proprio bene?

    • Ciao Sandra! Mi ero persa il commento.
      Sbadataggini estive 😉
      Il libro è ansiogeno. Thriller psicologico meno action e più riflessioni… ma che ansia! Ansia l’ho detto?

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