Nel Giappone delle donne – Antonietta Pastore

Nel Giappone delle donne – Antonietta Pastore

Nel Giappone delle donne di Antonietta Pastore è l’interruzione che ci propone questa settimana Laura Imai Messina regalandoci un ritratto della donna giapponese e della storia del Paese dal 1977 al 1993.

Nel Giappone delle donne - Antonietta Pastore - Einaudi
Autore: Antonietta Pastore
Casa editrice: Einaudi
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Avevo un’abitudine da ragazza, quella di segnalare a matita, sui libri più apprezzati, la data di fine lettura, come un testamento per la “me” che forse lo avrebbe un giorno ripreso, consapevole che i libri migliori, a ogni incontro, continuano a svelare dettagli che, tutti insieme, fanno una visione del mondo. Sulla prima pagina di Nel Giappone delle donne (Einaudi, 2004, pp. 196) di Antonietta Pastore è scritto: “Finito 6-05-2005”.

A riprova dell’intimo apprezzamento provato, vi ho rinvenuto anche il petalo schiacciato di un fiore nella bibliografia e molte note personali disseminate al margine delle pagine. A testimonianza invece della prolungata frequentazione e familiarità, ho scoperto, in una privata archeologia, persino indicazioni di utilizzo del cestino della lavatrice (i libri per me sono compagni di vita a tutti gli effetti, pertanto destinati e portarsi addosso le stimmate della mia vicinanza).

Tuttavia la vera garanzia di fiducia maturata nella lettura di questo libro, sta nel fatto che lo abbia portato con me in Giappone fin dal primo viaggio (che, per inciso, non sospettavo affatto sarebbe stato definitivo): hanno compiuto allora la lunga traversata solo pochissimi testi dedicati al Sol Levante, convinta com’ero che era qui che avrei davvero imparato, leggendo solamente testi in lingua.

Quando lo lessi per la prima volta, del Giappone sapevo ancora ben poco, e bevvi ogni parola con la riconoscenza che si prova per un autore che si esprima con padronanza, certezza di passi e sincerità. Ora che gli anni trascorsi in questo paese sono ormai tredici, rileggo e le differenze che un tempo avrei giudicato minime (abitare a Ōsaka o a Tōkyō, essere sposata a un giovane anticonformista o separarsi, pur restando ad abitare in questo paese) mi si svelano chiaramente per il loro esser ponderose. È un Giappone che cambia, e ora so dare volto a molte delle donne descritte da una ispiratissima Antonietta Pastore. Eppure molto è rimasto esattamente come è stato descritto da lei, in entrambi i toni d’elogio e di biasimo, entrambi pacati, equilibratissimi, e per questo ulteriormente degni di fiducia.

Nel Giappone delle donne è scritto con un linguaggio che veicola perfettamente questa disposizione d’animo, che mira alla precisione e non interroga costantemente la propria emotività, ma cerca, nei limiti del possibile, di esprimere quanto sa, quanto ha scoperto, chi ha incontrato e perché.

Nel Giappone delle donne delinea un ritratto della donna giapponese, un tratto di storia recente che corrisponde ai sedici anni di soggiorno dell’autrice nel Sol Levante, prima con il marito, poi sola, dal 1977 al 1993. Si arricchisce di una solidissima e documentata cultura sugli argomenti che tratta, su un linguaggio che mai scade nel patetico, sulla capacità di inquadrare il particolare in una cornice generale, storica e sociale, e soprattutto sulla maturazione successiva di tutto quanto ha vissuto in quegli anni.

È alle donne, persone di diversa età, provenienza geografica, stato sociale, che Antonietta Pastore affida il compito di raccontare di sé e, spiegandosi, di suggerire ruoli, compiti, margini di libertà, frizione tra tradizione e occidentalizzazione, che convivono nel modo in cui la donna giapponese procede nella società che la partorisce e la guida alla realizzazione di sé.

Nota soprattutto per il suo ruolo di traduttrice, traghettatrice di parole di uno degli “eroi” della letteratura contemporanea come Murakami Haruki, per me Antonietta Pastore è soprattutto una scrittrice, e in virtù di questa unica abilità di descrizione arricchisce immensamente anche i libri che va a vertere dalla lingua giapponese alla nostra.

Egoisticamente parlando, tuttavia, quasi le interdirei la traduzione per mezza giornata, solo per pregarla di scrivere di più e raccontarci il suo Giappone, ma anche la sua Italia, tutto quanto vede e la circonda, senza il lirismo né l’acredine di certe scritture che confondono la passione per la verità. Leggerei con immenso piacere Nell’Italia delle donne, saperne di più di lei, degli anni recenti, dell’ora che la raccoglie.

Per esagerato che possa suonare ad alcuni, io preferirei leggere Antonietta Pastore a Murakami Haruki, perché la sua scrittura mi tocca e l’emozione nettata dalle passioni, eppure sentita, con cui scrive è una rara virtù.

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