L’amore all’inizio – Judith Hermann

L’amore all’inizio – Judith Hermann

Non è solo un posto tranquillo è il posto prefetto in cui abitare. Una zona residenziale, per le famiglie. Un quartiere periferico a ridosso del bosco in cui non succede mai nulla, perché tutto è come dovrebbe essere: tranquillo, accogliente. Sempre uguale a se stesso.

Stella ha trentasette anni e vive qui con la sua famiglia. Lei è una infermiera, è sposata con Jason che fa il muratore ed è spesso via per lavoro, e ha una bambina di 4 anni, Ava.

Buongiorno, dice l’uomo. Non ci conosciamo. Lei non mi conosce. Io però la conosco di vista e mi piacerebbe fare due chiacchiere con lei. Ce l’ha un po’ di tempo.

Vive in funzione degli altri, Stella. Sembra un paradosso, visto che gli altri vivono grazie alle sue cure, ma sia il marito, sia la figlia, sia gli anziani e i malati di cui si occupa, tutte queste persone paiono legittimare la sua esistenza. Esiste perché è utile, Stella.

È felice Stella? Di sicuro vive un tempo pieno: casa, famiglia, lavoro… una trama troppo fitta in cui fatica a trovare spazi per sé. E in questa rete si infila Mister Pfister che compare una mattina davanti al suo cancello di casa.

Non si dimenticherà mai che quella mattina portava un paio di jeans e una camicia grigia sgualcita e piena di schizzi d’acqua, i capelli raccolti con un fermaglio di Ava, è un po’ stanca, non ha voglia di aprire a nessuno, né tantomeno di parlare, tutte queste cose non se le dimenticherà mai.

Si infila nelle pieghe della solitudine di Stella questo sconosciuto di trent’anni o poco più che compare alla sua porta e vuole fare quattro chiacchiere. Proprio così. Vuole parlare. È uno sconosciuto che reclama qualcosa che di solito pretendono le persone che amiamo: attenzione e il nostro tempo (soprattutto quello che non possediamo).

Sembrava anche un po’ sciatto, solo un accenno, una punta di sciatteria. Sembrava una persona completamente libera, e che c’è di così inquietante?, dice Stella ad alta voce, esce dalla stanza, apre la porta d’ingresso e va in giardino, come se volesse riappropriarsi del diritto di uscire.

Mister Pfister in realtà è uno stalker. Ma non pensate a una storia di lotte, denunce e vessazioni. Il pericolo stavolta non viene dall’esterno e non se ne va quando smette di bussare alla porta. Il pericolo siamo noi e le nostre infelicità. Sono i vuoti che vorremmo colmare. Gli spazi che non ce la sentiamo di percorrere, le distanze che vorremmo coprire. E in quel desiderio si misura la nostra infelicità.

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