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Incipit

Guida per signore in bicicletta sulla via della seta

Kashgar, Turkestan orientale, 1° maggio 1923

Devo constatare, mio malgrado, che persino Ciclismo per signore CON INDICAZIONI SU: ARTE DEL PEDALARE – CONSIGLI AI PRINCIPIANTI – INDUMENTI – MANUTENZIONE DELLA BICICLETTA – MECCANICA – ALLENAMENTO – ESERCIZIO ECC. non si dimostra di alcuna utilità nel cavarmi d’impaccio: ci troviamo in una tale situazione.

Sarà meglio che inizi dalle ossa.
Erano riarse, scolorite dal sole, e sembravano piccoli flauti, così ho gridato al carrettiere di fermarsi. La sera era appena iniziata: ansiose di arrivare a destinazione avevamo viaggiato, secondo gli usi britannici, per la parte più calda della giornata. Erano ossa di uccelli, ammonticchiate davanti a un albero di tamerice, e immagino che, se solo fossi riuscita a scorgerlo, avrei potuto leggere il mio destino nel disegno che tracciavano sulla polvere.
È stato allora che ho sentito il grido. Un suono orripilante, che proveniva da un gruppo di tronchi di pioppi morti, la cui presenza non faceva nulla per alleviare la natura desolata di questa particolare piana desertica. Sono smontata, guardandomi alle spalle in cerca di Millicent e di mia sorella, Elizabeth, ma non sono riuscita a vedere nessuna delle due. Millicent preferisce andare a cavallo che sui carretti: in questo modo le è più facile fermarsi a piacimento per fumare una sigaretta Hatamen.
Per cinque ore, il nostro sentiero è sceso attraverso un bacino polveroso, il cui fondo era punteggiato da alberi di tamarisco che affioravano da dune di terra e sabbia accumulate sulle loro radici; e poi, questi pioppi morti.
I rami ritorti di un haloxylon con la corteccia grigia si aggrovigliavano tra i tronchi, e al di là del cespuglio c’era una ragazza in ginocchio, chinata in avanti, che faceva un incredibile chiasso, come se ragliasse. Senza fretta, il carrettiere mi ha raggiunta e siamo rimasti lì a osservarla, lui che masticava il suo stecchino di legno – insolente e losco come tutti i suoi pari – senza dire nulla. A quel punto lei ha alzato lo sguardo verso di noi. Avrà avuto dieci o undici anni, e una pancia gonfia come un melone Hami. Il carrettiere si limitava a fissarla e, prima che potessi aprir bocca, lei è caduta in avanti, il viso a terra, la bocca aperta come per mangiare la polvere, e ha riattaccato con i suoi gemiti snervanti. Dietro di me ho sentito gli zoccoli del cavallo di Millicent battere sulla pavimentazione dissestata del sentiero.
«Sta per partorire» ho detto, indovinando.
Millicent, il nostro capo designato, una rappresentante dell’Ordine Missionario del Volto Immutabile e nostra benefattrice, ci ha messo un’eternità a separarsi dalla sella. Evidentemente le lunghe ore di viaggio l’avevano irrigidita. Gli insetti vibravano intorno a noi, attirati dal rinfrescarsi dell’aria torrida. Ho osservato Millicent. Nessun panorama, lì nel deserto, poteva essere più incongruo di lei che smontava sgraziata dalla sella, il naso prominente che fendeva l’aria e un grosso anello di rubino sulla mano, in contrasto con l’abbigliamento di foggia maschile. «Così giovane, appena una bambina».
Millicent si è chinata e ha sussurrato qualche parola in turki alla ragazza. Qualsiasi cosa abbia detto ha provocato un urlo e poi dei terribili singhiozzi.
«Sta per succedere. Ci serve un forcipe».
Millicent ha ordinato al carrettiere di avvicinare il veicolo con le provviste e ha iniziato ad armeggiare tra i nostri bauli, cercando la valigetta del pronto soccorso. Mentre lo faceva, io ho visto che un gruppo di donne, uomini e bambini – forse una grossa famiglia – veniva nella nostra direzione dal sentiero, dandosi di gomito stupiti e indicando noi, diavoli stranieri con i capelli come paglia, reali come qualsiasi altra cosa sul loro cammino. Millicent ha alzato lo sguardo verso di loro, poi ha usato la sua voce da predicatore: «Fatevi indietro e lasciateci spazio, per favore». Chiaramente scioccati dall’accuratezza delle sue parole, ripetute sia in cinese che in turco, i nativi si sono sistemati come se stessero posando per una fotografia, tacendo solo quando la ragazza nella polvere si è chinata in avanti, reggendosi sulle mani e le ginocchia, e ha iniziato a urlare tanto forte da uccidere gli alberi.
«Eva, sorreggila, sbrigati».

Guida per signore in bicicletta sulla via della seta
, Suzanne Joinson, traduzione di Veronica La Peccerella, Elliot, p. 320 (17,50 euro)

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