Scopri i Libri a Colazione della settimana: Un altro finale per la nostra storia di Silvia Bottani e Elogio delle erbacce di Richard Mabey.
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UN ALTRO FINALE PER LA NOSTRA STORIA
di Silvia Bottani, Sem, pagine 240, anche in ebook
“Cara Bianca, sono Mauro Massari, ex migliore amico di tuo fratello nonché suo compagno di classe e ho una sola, straordinaria capacità: la memoria. Il resto della mia vita è trascurabile, soprattutto quella accaduta negli ultimi vent’anni.”
Va detto che è nata come un gioco la faccenda della memoria. Al liceo. Con Fabio, infatti, si sfidavano a ricordare date, nomi… Ma Mario non ha mai smesso, perché vuole vedere fino a dove arriva la sua memoria, vuole vedere se scoppia e, se scoppia, cosa succede.
È questa la ragione per cui fa addirittura delle gare – le fa e le vince quasi sempre – per vedere dove può arrivare riempiendo questo spazio che ha nella testa. Non che abbia un vero talento, poi, non è come quei ragazzini che hanno una capacità di immagazzinare elefantiaca. Lui si è allenato, lui si è dedicato alla cosa con una passione ossessiva.
Mario in effetti scava, nella sua memoria e nei suoi quarant’anni, si definisce l’archeologo, l’inutile. Bianca, invece, è una scheggia di futuro. E non è la sola…
Ed ecco che, durante una gara, la sua mente viaggia e ricostruisce questo delicato triangolo: lui, Fabio, cioè il suo migliore amico che per sempre avrà il viso di un diciassettenne accigliato e Bianca.
La prima volta che Mario l’ha rivista era in università. Bianca indossa una camicia con delle piccole giraffe colorate, ha i capelli corti e più chiari di quanto ricordasse, la pelle altrettanto chiara. Se ne sta seduta su un muretto. Gli è bastato uno sguardo per avere la certezza che fosse lei. E anche la certezza che, a lui, i tipi come lei non fossero mai piaciuti.
Bianca, che nome appropriato, è come un abbaglio e questo è un problema per una persona a cui piacciono le ombre.
E da questo piccolo incontro, un tempo sospeso che si dilata e diventa un dialogo stentato, poi un caffè condiviso, l’imbarazzo di non sapere cosa dire, una risata che stempera e, finalmente, allenta la tensione. È da qui che tutto precipita. Da questo incontro, da un saluto, da una corsa insensata, che possiamo pure chiamare per ciò che è stata: “Pedinare” be’ è appunto da qui che tutto precipita.
Leggendo questo libro si scivola furtivi nei ricordi del protagonista che con una precisione millimetrica ci colloca nel suo mondo. La parola è esatta, le misure sono precise, le immagini vivide… perché l’autrice conosce molto bene la storia che vuole raccontare, l’ha percorsa in ogni direzione, l’ha guardata da ogni angolazione e ce la restituisce in modo sorprendente.
Mi resta una domanda, un pensiero dolce con cui farò i conti per un po’. Ma la memoria dove sta? Solo nella testa? O è sparsa in tutto il corpo, nella pancia, nelle dita, nelle ginocchia? Noi dove stiamo insomma?
ELOGIO DELLE ERBACCE
di Richard Mabey, traduzione di Monica Bottini, Giuliana Lomazzi, Sabrina Placidi, Ponte alle Grazie, 352 pagine
È proprio vero che è tutta una questione di prospettiva. Per esempio, potresti pensare alle erbacce come a qualcosa di inutile, scombinato, di aggressivo persino. Qualcosa di poco armonico che, come unica caratteristica, ha dalla sua la prepotenza dell’invasore.
L’erbaccia in effetti si infila nel muretto, trova pertugi nei marciapiedi, invade i campi, colonizza i sottopassi… è prepotenza o è un talento? Perché rispetto al resto della vegetazione queste erbe sono più forti, crescono più velocemente, generano molti più semi e li fanno viaggiare con affascinanti trucchetti (semi che volano, si appiccicano, si arpionano perché dotati di uncino). A ben guardare questa è vegetazione evoluta capace di stare laddove altre piante perirebbero.
Ma i nostri occhi sono ormai viziati da secoli di colonizzazione, di stanzialità. Non abbiamo più lo sguardo del cacciatore-raccoglitore, non proviamo l’ebrezza di andarcene in giro a caccia di prede. Noi occupiamo, coltiviamo. Ottimizziamo.
Certo, se la popolazione aumenta, la stanzialità non è mica una cattiva idea! Ed ecco che – a eccezione di quelle addomesticate e trasformate in piante da coltivazione, sì è successo con il farro selvatico per esempio – l’erbaccia è un nemico da combattere. Da estirpare fino all’ultima radice.
Eppure… oltre a essere spesso bellissime – pensa a papaveri, denti di leone, nontiscordardime – e curative – la piantiggine, per dirne una, usata per lenire ferite e contusioni – sono anche utilissime: le erbacce trattengono acqua e quindi mantengono l’umidità del terreno, stabilizzano il terreno soprattutto quello sconvolto da inondazioni, incendi, frane…
Insomma, saranno aggressive e fastidiosamente indipendenti ma paiono pure parecchio generose. Senza contare che sono un prezioso nutrimento per altri animali, possono essere adoperate come carburante e potremmo andare avanti ancora un bel po’ a snocciolare pregi.
Sarà per questo che l’autore ne è così innamorato? Innamorato, pazzo! Tanto da andare a scandagliare testi antichi, tradizioni, rituali per svelare il ruolo delle erbacce e illuminare la loro scintillante presenza nella medicina, nella letteratura (Shakespeare tra i tanti), nell’arte, nel folklore…
Vuoi sapere una cosa curiosa? L’essere umano si accanisce a suon di diserbanti contro le erbacce senza sapere che la loro diffusione è causata in parte proprio da noi, dagli umani! Le abbiamo fatte viaggiare per mare e per terra attraverso navi e aerei, le abbiamo esportate e importate movimentando altre piante, usando imballaggi… Senza contare che le erbacce hanno saputo trasformarsi, adattarsi ai nostri attacchi, addirittura imitare l’aspetto di altre piante per mimetizzarsi.
Se ami i perimetri e tutto ciò che, per qualche motivo, non se ne sta in bella vista al centro della scena, in questo libro troverai un compagno di avventure generoso che saprà raccontarti mille e una curiosità su qualcosa che d’ora in poi, ne sono sicura, noterai con amore anche tu.