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Le librerie (di catena) e il distributore (episodio 1)

E il distributore che ruolo ha nella filiera editoriale? Quali sono i suoi rapporti con le librerie di catena?

Le vetrine comprate, gli spazi vendita colonizzati da pile di titoli, campagne promozionali a ripetizione… ecco qualche lamentela tipo di chi lavora (o bazzica) le librerie di catena. Librerie che, oggi, non vivono tanti scossoni ché le rogne paiono da un po’ sempre le stesse. (Avete presente Ricomincio da capo? Ecco, esatto.)

Vita da libraia/o

I librai di questo circuito hanno poca voce in capitolo in diverse questioni: il rapporto con i distributori viene imposto dall’alto, così come è difficile poter scegliere gli autori da appoggiare e promuovere. Cioè sostenere la qualità è un compito arduo, se si devono vendere copie e copie del solito titolo dopato. «Da libraia, cioè da intermediaria privilegiata, ho ancora il potere di segnalare con il battito in gola o ghiaccio sul cuore i libri» ci dice Nadia Dalle Vedove che lavora per Librerie.Coop.

Cosa emerge, parlando con i professionisti di catena? Che il lavoro in libreria sia una catena sì, ma di montaggio.
– Aprire e aprire e ancora aprire gli scatoloni di libri.
– Caricare sui terminali (e depositare sugli scaffali) quantità infinite di titoloni che l’azienda ha comperato a tonnellate, così da ottenere gli sconti più alti.
– Ore e ore e ore dedicate alla resa degli stessi titoli invenduti.

Rese , è questo il problema?

In effetti, l’operazione di resa ai distributori è diventata quasi totalizzante e questo ti fa chiedere: cui prodest? Qual è il senso di affannarsi a ottenere sconti per un monte merce che resterà invenduto e così richiederà tempo, soldi e fatica (soldi soprattutto) per essere sbolognato?

«Le rese, hai ragione, costano» continua Dalle Vedove, «in termini di materiale da usare per mettere insieme i colli (cartoni, scotch, fogli da stampare per i sovrapacchi), costo dei corrieri che li ritirano e li portano ai distributori e il tempo di lavoro impiegato per recuperarli e inscatolarli». Non sarebbe meglio scegliere titoli validi e provare a vedere quelli? Qualcosa da salvare però c’è: «Apprezzo il non voler perdere nello scaffale gli editori indipendenti, un lavoro che le nostre librerie (anche se di catena) continuano a fare. Dedichiamo spazio alle bibliodiversità, cioè a quegli editori che faticano a sopravvivere perché non arrivano in massa ma producono letteratura, che cercano ancora “l’autore”. Rispetto agli eventi, Librerie.Coop  che ha un’estensione nazionale, punta molto a invitare autori legati al territorio, sinergia che il pubblico recepisce con entusiasmo e interesse».

Libri, nuovi o quasi…

Comunque sia, osservando i dati di vendita, assistendo alla crisi editoriale e ascoltando le lamentele dei librai, pare lampante che editori e distributori stiano perdendo lucidità.

Per quanto riguarda i primi, il balordone è evidenziato dal fenomeno dilagante dei ricopertinati: titoli editi riproposti con una veste grafica diversa. Cioè se negli ultimi tempi osservando le novità vi siete chiesti che fine abbiano fatto gli editori, eccola la risposta! Si nascondono dietro libri che hanno a catalogo da anni.

Quella dei ricopertinati è una pratica che preoccupa non poco i librai, ché la linfa, per chi fa questo mestiere, è avere tra le mani la nuova editoria, i nuovi autori, i nuovi linguaggi. E pubblicare vecchi testi toglie spazio alle nuove scommesse. Autori inediti, sì, dico a voi, i ricopertinati vi rubano ossigeno. È anche per questo motivo, se le storie rimangono nei cassetti.

Sommersi dalla carta… promozionale

E poi c’è l’immonda paccottiglia, il ciarpame, altrimenti detto “materiale promozionale”: cartonati di dimensioni enormi, in 3d, fascette, manifesti, poster e gadget di ogni sorta… cose che, peraltro, il lettore ormai non nota quasi più.

A parte le fascette, quelle sì che si notano ancora, perché son preziose “dosi” di sballo celestiale. Io mi procuro le fascette e me le faccio nei momenti di tristezza, ché basta una frase a ribaltarti la giornata (a questo proposito vi consiglio di fare un salto su Fascetta nera un “blog imperdibile da 200.000.000 lettori!” dico così, tanto per stare in tema).

Portare, prendere, riportare

E la distribuzione? Il problema qui sono le procedure, sempre più complesse, articolare che tolgono tempo ai librai di fare il loro lavoro: promuovere e vendere libri. Per tutti quelli che non frequentano la filiera: la distribuzione è quel passaggio per cui i titoli passano dall’editore al libraio. Può essere diretta – cioè quando se ne occupa in prima persona l’editore che va a “dialogare” con le librerie del territorio (quante e quali, ovvio, dipende da lui) – o indiretta, e quindi tra editore e libreria si colloca una terza figura, il distributore appunto.

Il distributore può essere nazionale, se raggiunge tutta Italia, o locale se si limita a una porzione di territorio. Qualche nome? Messaggerie Libri, Pde, Cda, Nda… Di solito il distributore trattiene per sé il 50-60 per cento del prezzo di copertina di un libro, ma il suo vero guadagno si aggira intorno al 20-30 per cento, perché cede la restante percentuale al libraio quando raccoglie gli ordini dei libri (le catene più grandi come Feltrinelli, Mondadori o Librerie.Coop spesso richiedono il 40 cento e quindi il guadagno del distributore scende). Ci sono poi anche i grossisti, come Fastbook, grandi magazzini in cui sono stipati i libri in attesa delle richieste dei librai. Perché rivolgersi a loro? Per acquistare poche copie, per esempio, anche una soltanto (sono meno convenienti, però, perché applicano prezzi meno vantaggiosi).

A conti fatti quella editoriale pare sempre più una catena di infelicità. L’editore, anche se gli costa, preferisce il distributore (la distribuzione diretta richiede persone dedicate e capaci, ovvio) ma soffre per le politiche applicate dal suddetto. Il distributore è un burocrate che barcolla su sconti e ordini e se la deve vedere con editori, scontenti, e librai, scontenti. Il libraio si è trasfromato in un venditore di merce, un apritore seriale di scatole, un “movimentatore” di copie… E poi vi domandate perché i lettori sono pochi? Altro che profumo della carta, signori, qui c’è puzza di guai.

La parola passa alle librerie indipendenti. Tante le questioni, diverse le problematiche, ma c’è aria di cambiamento o rivolta, fate voi.

Leggi: Le librerie (indipendenti) e il distributore

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9 comments

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parallelo45 20/11/2014 at 14:42

direi che lo condivido immediatamente

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Chiara Beretta Mazzotta 20/11/2014 at 14:44

Grazie!

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impossiball 20/11/2014 at 14:56

Poi ci sarebbe la terza parte, dedicata ai clienti, ovvero il motivo per cui fare il libraio dovrebbe essere considerato lavoro usurante 😀

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Chiara Beretta Mazzotta 20/11/2014 at 14:57

Tu vuoi la tua morte vero? Fischietta e spera che nessun libraio abbia letto 😉

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impossiball 20/11/2014 at 15:02

I blog di librai che raccontano gli strafalcioni dei clienti sono una delle cose migliori da leggere, ma sono anche il motivo per uno prova compassione per loro :p

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Chiara Beretta Mazzotta 20/11/2014 at 15:05

Conoscendone diversi, posso dire che alcuni fanno sollevamento pesi e inserimento dati. Altri litigano con tutta la filiera. Poi a deliziarli ci sono i lettori del tipo, vorrei “Permutazioni” o “I malafoglia” “Il fantasma di basket”…

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impossiball 20/11/2014 at 15:08

vedi? E’ un lavoro usurante! 😀

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sandraellery 20/11/2014 at 16:24

Sono fermamente convinta che ogni lavoro abbia le sue rogne e i suoi più o meno rari momenti felici. Così come credo che c’è chi il proprio lavoro lo fa gran bene e chi tira a campare. Frequento abitualmente 3 librerie di catena, per pura comodità logistica, una è sotto casa, mi ci butto dal balcone, e le altre due vicine a locali per sbevazzare e dimenticare ahimè cosa ho trovato nelle librerie suddette. Insomma le frequento ma non compro quasi mai, i motivi li hai elencati tu cara Chiara: stanno diventando un luogo triste specchio di un paese allo sfascio. Pessimismo cosmico sempre, figurati oggi che ho scoperto l’esistenza dei ricopertinati. Bacione

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Chiara Beretta Mazzotta 20/11/2014 at 17:10

Ricopertinato suona male vero? È minaccioso, già di suo, in effetti.
Ci sono però delle librerie di catena davvero valide, dove lavorano bravi librai. Per esempio, per fare nomi, la Feltrinelli in via Manzoni ha un team di librai super. Una (bionda e sorridente) ha letto tutto. Tutto eh. 😉
Bacio!

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