Scopri i Libri a Colazione della settimana: La strada per L’Est di Javier Sinay e Storia sentimentale del telefono di Bruno Mastroianni.
→ Ascolta il podcast!
LA STRADA PER L’EST
di Javier Sinay, traduzione di Vincenzo Barca, Gran Via, pagine 348
Ha lasciato la sua casa a Buenos Aires, lui la definisce “un’impetuosa città tagliata fuori dal mondo”, L’ha lasciata per un viaggio incredibile. Un viaggio che inizia grazie a Higashi, la donna con cui sta ma che al momento si trova in Giappone per studiare la cerimonia del tè.
E allora Javier decide di partire: Madrid “la scena notturna spagnola, i fastosi ponti parigini, i peggiori locali in cui si nascondono i freak tedeschi, i castelli degli antichi re slavi, i boschi di betulle russi, i deserti mongoli, i vicoli della capitale cinese e i labirinti iper-consumistici dei centri commerciali giapponesi”. Europa, Russia, Mongolia e Cina.
Un viaggio che ha come filo rosso l’amore. La curiosità verso le persone e il modo in cui vivono questo sentimento è uno strumento per raccontare anche un luogo. Un momento.
Viaggiare è anche un modo per fare e farsi domande. Perché come dice l’autore “non si viaggia in cerca di risposte ma di domande più adeguate”. E quando si viaggia da soli, è un modo per conoscersi, perché permette di vedersi attraverso gli altri.
E alle volte l’altro è uno sciamano. Altre volte si chiama Liu, è un pensionato di Pechino che tutti i giorni esce di casa e va al parco con un obiettivo ben preciso: trovare un fidanzato per la figlia che lavora tutto il giorno in una grossa società e non ha il tempo. E restare single dopo i 30 non è un granché in Cina, non è ben visto, no…
Oppure è un ragazzo che vive nel quartiere a luci rosse di Tokyo e si fa pagare dalle donne per chiacchierare con loro. E ancora: è un uomo, un poliziotto russo che sta facendo i conti con il tradimento della moglie e questa ferita lo ha segnato tanto da renderlo un mostro agli occhi del mondo. È un deputato tedesco ossessionato d’amore per il suo segretario. O un cantante mongolo che benedice matrimoni suonando il suo violino a due corde. Alle volte non è uno ma due: una coppia di sposi che fa film porno.
Oppure è un giovane di nome Javier che si mette in viaggio in cerca di una donna. Lei lo aspetta in un luogo dove il sole brilla quando lui, molto lontano, guarda la luna.
Javier viaggia in cerca dell’amore e di ciò che lo circonda.
E parlare seriamente d’amore è complicato come parlare seriamente degli incantesimi di uno sciamano. È una forza misteriosa e non è soltanto amore: è anche sessualità e disamore, è compagnia e solitudine.
E se parlare d’amore è titanico, allora conviene provare a parlare delle sue storie.
Chi scrive sa che i personaggi emergono in relazione. In relazione con il contesto in cui si muovono, con le persone contro cui impattano. Ed è così per le persone vere. Ed è per questo che l’amore è come il luminol: mostra. Il modo in cui le persone amano è un modo per guardare il mondo, per conoscerlo, un modo per guardare gli altri e, al contempo conoscere anche noi stessi.
E allora buon viaggio.
STORIA SENTIMENTALE DEL TELEFONO
di Bruno Mastroianni, Il Saggiatore, 265 pagine, anche in ebook
Lo amiamo, lo odiamo. Non ne possiamo fare a meno ma alle volte – oh sì, parecchie! – vorremmo liberarcene.
In soli 150 anni – se ci pensi, è una briciola della Storia – ha rappresentato una rivoluzione e ha sconvolto il nostro modo di comunicare. Il telefono, sì.
Tutto è cominciato con un ragazzo appassionato di elettricità e di soluzioni ingegnose. Aveva soli 26 anni e lavorava al teatro della Pergola di Firenze e aveva risolto l’annoso problema di far comunicare a distanza i macchinisti tra loro nel mezzo dello spettacolo e del frastuono della musica. Un tubo acustico che metteva in comunicazione il palcoscenico con il soffitto.
Da cui ci spostiamo a Cuba, ma lui è sempre Antonio Meucci, che si inventa una cosa che chiamerà telegrafo parlante. Ma la vera svolta arriva a New York ed è merito dell’amore – quante cose si possono fare per amore, eh! – la moglie, infatti, è costretta a letto a causa di una forma grave di artrite reumatoide. E lui si inventa un sistema per trasmettere la voce attraverso i fili elettrici in varie zone della casa e non lasciarla mai sola. È nato il telettrofono, il cui brevetto viene registrato negli Stati Uniti ma non rinnovato annualmente come si dovrebbe fare.
E per una buona invenzione non basta l’idea, ci vuole tempismo, costanza e pure un buon nome! E così ecco che arriva un certo Bell e nel 1976 registra un apparecchio simile a quello di Meucci e lo chiama telefono. E da qui in poi c’è spazio per lotte, diatribe, invidie e altri guai.
Ma nel frattempo è nato un oggetto che ha permesso alle persone di comunicare senza doversi spostare e incontrare. Che è un po’ come aver inventato il teletrasporto! Possiamo comunicare nello stesso tempo senza necessariamente essere nello stesso spazio.
Il telefono ci permette di volerci bene e di “starci accanto”, di condividere parole e pensieri, di trasmettere informazioni preziose, di fare l’amore a parole… sta qui il suo potere, la sua malia e anche il suo orrore. Perché una telefonata è un’intrusione, uno strumento per renderci esposti, rintracciabili, per farci controllare.
Il telefono abbatte le barriere, come un ponte lavatoio… E non ci fa sempre piacere che ciò accada.
In sole sette generazioni, un soffio insomma, siamo passati dal telefono grande, pesante, solitario, dai centralini, dai telefoni su ogni scrivania a quelli in ogni casa, dalle cabine telefoniche (la prima, in Italia, è stata costruita a Milano in piazza San Babila, nel 1952) allo smartphone.
E cosa è successo nel mezzo, oltre ai cambiamenti estetici e tecnologici? È sparito il filo, è venuta meno la fissità. E il mondo è cambiato per sempre di nuovo!
Anche questo è un viaggio, un attraverso i cambiamenti generati da una delle invenzioni che, come la ruota o i caratteri mobili, ha davvero modificato il nostro modo di stare nel mondo, di attraversalo, di interagire con gli altri esseri umani.
È un’avventura che a tratti ti farà sorridere, ricordandoci come questo dannato oggetto ammattire a suon di numeri anonimi, spunte, vocali e altre diavolerie. Amate e odiatissime.