I libri parlano prima ancora di essere letti, lo fanno con le immagini e con le parole contenute sulla copertina (e sulla fascetta), cioè attraverso i paratesti.
Quando prendiamo in mano un libro in libreria, spesso prima di sfogliarlo e cominciare a leggerlo: lo “ascoltiamo”. Lo osserviamo da fuori, cercando indizi che ci dicano se vale la pena iniziare il viaggio oppure no.
Ed è lì che entrano in gioco quegli elementi visivi e testuali che non fanno parte della narrazione vera e propria ma che sono progettati per introdurcela, per incuriosirci e – si spera – conquistarci. Si tratta della copertina, della quarta di copertina, degli strilli e dei testi presenti nelle bandelle.
Sono strumenti fondamentali che lavorano tutti su un confine delicato: anticipare senza svelare, promettere senza tradire. E sono anche lo specchio della personalità editoriale di un libro e della casa editrice che lo ha pubblicato. Vediamoli uno per uno.
La quarta di copertina
La quarta di copertina è lo spazio che si trova sul retro del libro. In una brossura è l’intero retro; nei cartonati con sovraccoperta è la parte stampata visibile sulla cover.
Dal punto di vista fisico, è il secondo elemento che il lettore incontra dopo la copertina e il titolo. Dal punto di vista narrativo e commerciale, è uno degli strumenti più delicati.
A differenza del risvolto o delle bandelle (di cui parleremo più avanti), la quarta è visibile anche senza aprire il libro. Difficile quindi non darle un’occhiata, motivo per cui deve funzionare immediatamente. O, perlomeno, non deve fare danni!
Deve attirare un lettore che non conosce né l’autore né la trama, restituire il contenuto senza svelare troppo, trasmettere il mood e il genere, suggerire chi sia il lettore ideale… e deve farlo in pochissime righe.
Per questo motivo la quarta può contenere:
- Una sorta di pitch della storia (non la sinossi!) quindi guai agli spoiler, bisogna agganciare non rivelare.
- Un incipit particolarmente suggestivo.
- Una citazione significativa.
- Uno strillo d’effetto.
In ogni caso, una buona quarta di copertina non deve essere didascalica: non deve spiegare tutto, né riassumere ogni snodo. Deve, piuttosto, offrire una chiave di accesso alla storia, un varco narrativo che faccia venire voglia di iniziare.
Alle volte la quarta non contiene testo ma la foto dell’autore. Inutile dire che si tratta di una personalità capace di vendere quel contenuto grazie alla propria fama/autorevolezza
Lo strillo
“Blurb” per gli anglosassoni, lo strillo per noi: un testo brevissimo, di grande impatto, pensato per catturare l’attenzione. Lo strillo non deve raccontare, ma solo stimolare. Seduce, non spiega.
Spesso è collocato proprio in quarta di copertina, ma può apparire anche sulla fascetta, su un bollino promozionale, sulla bandella anteriore o sull’aletta di una sovraccoperta.
È il testo che dovrebbe “vendere il libro” in una manciata di parole. Un micro-testo che funziona da esca narrativa. Se la copertina lavora sull’occhio, lo strillo lavora sull’orecchio interiore del lettore. Lo deve incuriosire, emozionare, incalzare.
Può essere costruito in diversi modi:
- Narrativo: suggerisce l’atmosfera, il mood del libro.
“Una storia di colpa, riscatto e perdono.” - Comparativo: si basa su paragoni noti per collocare l’opera.
“La nuova Elena Ferrante.” - D’autore: sfrutta la notorietà del nome.
“Dall’autore di ‘Il nome della rosa’.” - Citazione stampa: riporta un giudizio critico autorevole.
“Una voce potente e originale” – La Repubblica - Emotivo: mira al cuore del lettore.
“Ti spezzerà il cuore. Ma lo farà battere più forte.”
Lo strillo, se mal gestito, può diventare un boomerang. Un testo troppo vago, infarcito di aggettivi generici (libro necessario… dio ci salvi!), rischia di essere dimenticabile. Uno strillo eccessivamente “urlato” (già alla 999milionesima ristampa!), invece, può risultare poco credibile.
Al contrario, uno strillo ben riuscito può diventare memorabile e contribuire attivamente al successo del libro. Certo, anche uno strillo goffo può rimanere impresso, magari per la sua involontaria comicità. Ma questa è un’altra storia…
Le bandelle
Le bandelle sono le due alette pieghevoli che si trovano all’interno delle sovraccoperte dei libri cartonati. Non sono presenti nei tascabili o nelle edizioni economiche, che spesso non hanno la sovraccoperta. Quando ci sono, rappresentano una delle zone più libere e narrative del paratesto editoriale.
Si dividono in due:
- bandella anteriore: in genere ospita una descrizione più lunga e articolata del libro, spesso costruita in modo narrativo o argomentativo.
- Bandella posteriore: è lo spazio dedicato all’autore. Può contenere una breve biografia, note sul contesto della scrittura, l’elenco di altre opere pubblicate. A volte c’è anche una foto.
A cosa servono davvero? Sono un ponte tra il testo e il lettore: lo spazio in cui l’editore può “spiegare meglio” il libro, collocarlo, raccontarne la genesi, oppure accompagnare il lettore con una nota redazionale o un accenno interpretativo.
Nella saggistica possono servire a chiarire il posizionamento dell’opera all’interno del dibattito culturale; nella narrativa possono sottolineare stile, temi, elementi simbolici.
In alcune collane letterarie, le bandelle sono firmate: a volte dallo stesso editor o curatore del libro.
Un buon uso delle bandelle dimostra consapevolezza editoriale: racconta il libro senza impoverirlo, prepara alla lettura ma non la sovrasta e rafforza la comunicazione promozionale

