Un po’ di Spetelibress dal mondo editoriale

Un po’ di Spetelibress dal mondo editoriale

Le ultime dallo Strega, i silenzi, gli scambisti (ma il sesso non c’entra) e quanti libri sono usciti in libreria? 

Sono usciti zero libri oggi. Vi consiglio di levarvi quell’espressione sollevata dalla faccia perché l’11 giugno erano 187, ieri 63. Cioè se ne leggeste uno al dì, sareste a posto per almeno otto mesi. Fa una certa impressione: in otto giorni i signori dei libri vi sistemano per due stagioni!

E anche adesso (mentre dormite, vi lavate i denti, pure mentre fate l’amore, sì) un autore sta scrivendo e un editor lavorando a una storia che presto verrà stampata e distribuita. Non mi preoccupa lo tsunami di titoli, mi preoccupano quelli brutti semmai. In realtà mi inquieta il voler appartenere a un mondo editoriale che ha la fedina penale sporca e reitera il reato di indecenza. E mi irrita chi ne fa parte e non sente il bisogno di dire e fare qualcosa adesso.

Sapete cosa dicevano i Monty Python? “Nessuno si aspetta l’inquisizione spagnola” invece qualcuno l’inquisizione dovrebbe aspettarsela ed è stata pure minacciata.

Domani è il 18, forse non un mercoledì da leoni ma di tremori, almeno stando alle affermazioni di Gian Paolo Serino, critico letterario, perché domani il premio Strega dovrebbe brillare. Nel senso di saltare in aria.

Se non sapete cosa sia, beveteci su e festeggiate! Vi invidio, di certo conducete una vita beata al riparo da certi orrori del mondo. Se lo sapete, allora avrete orecchiato la faccenda dell’autoplagio. Pippo Russo, il vendicatore, ha infatti evidenziato certe preoccupanti similitudini (vi avevo già segnalato il pezzo qualche giorno fa) tra Il bambino che sognava la fine del mondo (2009) e Il padre infedele (2013) di Antonio Scurati, entrambi editi da Bompiani. L’ultimo romanzo è candidato allo Strega e si trova al secondo posto nella cinquina con ben 55 voti.

Ovviamente la reazione alle perplessità è stata il solito ossimoro: un silenzio assordante. Perché quando uno prende una topica che “supercazzola” non basta per darvi l’idea, che fa? Dice: perdonatemi? (Tipo Ferruccio de Bortoli, gran signore, che si è scusato per una marchetta di un suo stipendiato). Magari prova a spiegarsi?

No. Muto sta.

Si trasforma in una sorta di mostro di gomma (un po’ blob e un po’ fango, sì, diciamo fango) che ingoia tutto, soprattutto le accuse. Punta allo sfinimento, come Muhammad Ali con Foreman a Kinshasa ma Cassius è troppo alto per tirarlo in basso in questa pozzanghera editoriale. Il punto è che tu pretendi delle risposte, ma non succede niente, e continui a domandare – ti senti nel giusto – ma niente. Alla fine passa il tempo e i tuoi interrogativi di moda e ti annoia ripeterti all’infinito (pure il soliloquio). Così smetti ma non dimentichi, che è peggio (cit.).

Il mostro di gomma, di solito, è spalleggiato da giornalisti/scrittori di pongo che picchiano sulle tastiere a suon di non sta bene farsi dei nemici: son gli scambisti, quelli del “tu fai una cosetta a me e io faccio una cosetta a te”. Magari fosse roba di sesso, anche se qualcuno che lo prende in quel posto c’è e sono i lettori.

A proposito di silenzi: mi viene in mente la gloriosa faccenda del festival dell’Inedito con due punte d’eccezione, Acciari e Scurati, a dominare il gioco sporco. Ci sono voluti la rete insorta, Carolina Cutolo e gli Scrittori Precari, Vanni Santoni e gli scrittori fiorentini, Michela Murgia e, soprattutto, una pletora, tignosa ed efficiente, di blogger per ottenere un minimo di attenzione dai media. Che hanno parlato solo quando non se ne poteva più fare a meno. Le risposte alle domande, però, sono state dribblate.

Anche stavolta la rete si è dimostrata attiva e ha rimbalzato la notizia fino alle propaggini dell’impero digitale e c’è stato pure qualche valoroso che ne ha scritto sulla carta. Ma le risposte no, quelle non sono arrivate.

Leggere che tanto nessuno si fila il vincitore dello Strega non mi sta bene. Perché non è vero. Sappiamo bene che piazzarsi al primo posto significa vendere parecchie copie e sappiamo pure che un mucchio di lettori è ancora sensibile alle fascette. E più semplicemente: perché non può vincere e arrivare secondo, terzo quarto e così via, chi lo merita?

Pretendere delle spiegazioni non è da pignoli, né da accaniti. E non mi interessa il copyright, l’originalità, la carenza di idee, il ridicolo… Per me puoi pure vendere lo stesso libro all’infinito cambiando solo la copertina in un trionfo onanistico. Ma non puoi partecipare a un premio con un libro che, in parte, ha già gareggiato (arrivando secondo) senza dichiararlo*. E, cosa più ovvia: un lettore – che è un consumatore perché paga – ha il diritto di essere tutelato. Ha il diritto di sapere che quello che compra è stagionato, non fresco di stampa.

C’è del marcio in editoria. E questa non è una domanda, ma un dato di fatto.

* Postilla necessaria avendo letto il pezzo di Garbiele Dadati. Dichiarare l’“autoplagio” per me significa motivare la necessità di una scelta narrativa, innanzitutto palesarla senza vergogna. Spiegare il prelievo da un romanzo a un altro non vuol dire trovare delle giustificazioni, ma dargli dignità. Mi aspetto questo da uno scrittore, come mi aspetto che chi è chiamato a giudicare affronti tali tematiche, sollevi delle obiezioni così da (ri)sollevare pure il livello di una manifestazione che con la letteratura pare non avere più nulla a che fare (a cominciare dalle interviste, indegne, cui sono sottoposti gli autori). Concordo con Dadati, il voto dovrebbe essere pubblico.

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8 Comments

  • Mi piaci così pasionaria, Chiara (Dolores Ibarruri)!

    • Evviva Dolores!
      È che qui si traccheggia, invece di affrontare apertamente un discorso – se non letterario, narrativo – che potrebbe pure essere interessante. I libri si scrivono, si leggono, si commentano… in Italia no. Guai alle polemiche e alle domande. O stai con me o contro di me. O meglio o parli o stai zitto. Mah…

  • come sei bella quando sei incazzata. Beato tuo marito!

    • Adesso stampo il commento e lo appendo sotto alla targa: “Attenti alla moglie”.
      Ecco.

  • Cara Chiara, il tuo è uno sfogo legittimo e lo condivido totalmente. Posso anche confermare molte tue affermazioni, mi è capitato di “origliare” confessioni “private” di autori che dichiaravano di aver copiato la trama del loro romanzo da opere di successo, e li ho visti pubblicati e promossi da case editrici senza scrupoli, se pur prestigiose. Tutto questo fa vibrar la quiete e l’indignazione è d’obbligo soprattutto pensando a quanti autori di vero talento rimangono in panchina ad aspettare che qualche editore coraggioso li presenti come meritano. E’ molto triste e mi vien da chiedere: sarà anche questa una delle cause della crisi dell’editoria? Non mi aspetto una risposta, io sono già convinta di sì.

  • Sottoscrivo il tuo post, la rabbia e il commento qui sopra di Monica. Ho diffuso l’articolo di Pippo Russo e continuo a essere indignata e triste per il marcio e l’omertà che coprono l’editoria come una nebbia dalla quale emergono addetti ai lavori seri e coraggiosi, come te, troppo pochi purtroppo.

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