No Eap

Ovvero no alla cosiddetta “editoria” a pagamento. Cioè quelle case editrici che invece di pagare un autore per il suo lavoro, gli chiedono soldi per pubblicarlo. Come se un impiegato alla fine del mese pagasse il proprio datore di lavoro. Oltre a essere assurdo è – udite, udite – del tutto inutile. (Leggete, a questo proposito, gli esordi d’autore che trovate in pubblicare.)

E se proprio nessuno lo volesse il vostro capolavoro? Approfondite il perché dei rifiuti, tanto per cominciare. Perché un rifiuto è sì una critica negativa, ma una critica è un indizio, un suggerimento per risolvere un difetto della trama o di scrittura. Se pensate “siccome l’ho scritto, allora va pubblicato”, siete sulla cattiva strada. Garantito.

Se quello che desiderate è un libro e se pensate di avere tempo e voglia di sponsorizzarvi, potete andare da un bravo stampatore e mettere in pratica l’antico adagio “chi fa da sé fa per tre”, che è un po’ come diventare editori di sé stessi (dovrete occuparvi di tutto: tiratura, distribuzione, vendita).

Se preferite le nuove tecnologie e non volete riempirvi la casa di copie, optate per il pod (il print on demand) che permette di stampare e ricevere a casa anche pochissime copie, oppure il pos (il print on sale) che consente di stampare un titolo solo al momento in cui viene venduto.

Se non temete il digitale, prendete in considerazione il selfpublishing. Potete contare su diverse piattaforme (io vi consiglio StreetLib), il libro viene venduto ormai sia in versione ebook sia cartacea (così di accontentare quelli che “ah, ma il profumo della carta”), e le royalty sono indubbiamente alte. Non vi fate però buggerare: sono pochissimi quelli che riescono a emergere, cioè a vendere. E fare tutto da soli non è una passeggiata: la filiera editoriale non è una serie di noiosi passaggi ma (dovrebbe essere) una catena di professionisti che leggono, editano, correggono, impaginano… insomma, l’editore non è un ostacolo alla vostra creatività ma un aggregatore di competenze ed è un filtro. Questo, ovvio, nel migliore dei mondi possibili.

Quello che non dovete fare? Credere che sborsando 3.000 euro (di più o di meno, poco conta) avrete per le mani un testo di qualità, una distribuzione capillare, pubblicità come se piovesse, presentazioni e recensioni sui giornali? Forse vi diranno il contrario ma, a oggi, nessun autore che ha pagato è arrivato da alcuna parte (vi prego di non citarmi Moravia perché lui, si era semplicemente autoprodotto). O meglio: se ci è arrivato lo ha fatto solo passando alle cure di un editore vero e proprio. Sarà un caso?

Non bevetevi la sciocchezza: “Per pubblicare bisogna essere famosi, ammanicati o figli di papà… oppure contribuire alle spese”. Le corsie preferenziali ci sono, per carità (in editoria come in qualsiasi altro settore), però basta entrare in libreria per verificare che le collane sono piene di esordienti sconosciuti. Invece i sostenitori della teoria del complotto, guarda caso, sono proprio quelli che vi chiedono di sborsare migliaia di euro ripetendovi che siete “imprenditori” di voi stessi. Come no (di certo c’è che loro incassano subito e voi? Voi cosa ci guadagnate? A parte le copie che ammuffiscono in cantina, ovvio).

Sappiate poi che i giornalisti e molti professionisti del settore non prendono in considerazione gli autori che pubblicano a pagamento. Anche se sono bravi? Sì, perché non farebbero mai pubblicità a chi chiede soldi per pubblicare. Al massimo si limiteranno a dare qualche consiglio per il futuro, in modo da evitare al malcapitato di ricascarci. Quindi, se volete essere presi sul serio, fate sul serio, e non scegliete scorciatoie.

Siate cauti, sempre. Prestate la medesima attenzione con gli editori, gli agenti letterari, le agenzie editoriali. I primi non vi dovranno mai chiedere una lira, al contrario dovranno pagarvi per il vostro lavoro. I secondi potranno farlo solo se vi avranno fatto firmare un contratto con una casa editrice (quindi, niente libro, niente euro), gli editor potranno offrirvi dei servizi di consulenza (valutazione, editing…) ma che il prezzo sia equo.

L’editoria non è una scienza esatta: ci sono cattivi libri pubblicati e buoni libri che non lo saranno mai. Perciò nessuno può garantirvi che pubblicherete (a meno che a dirvelo sia l’editore!), che riceverete lauti anticipi, tanto meno che il vostro testo avrà successo. Quindi attenzione a chi vi impone onerosi editing, inutili correzioni bozze o ridicole spese di impaginazione. Un conto è migliorare il proprio lavoro, tutt’altro essere abbindolati. E se un testo ha bisogno di 3.000 euro di editing, probabilmente è brutto.

62 Comments

  • Ciao bellissima!!!! grafica accattivante anche se forse un po’ lenta da caricare visto il colore pieno…ma forse è colpa del mio computer modello tartaruga….in compenso io ci metterei il tuo nome (almeno uno sa con chi sta parlando….) e magari anche una fotina….comunque, compliments! ciao, Beppe

  • Penso che mi piacerebbe essere in contatto con Chiara Beretta Mazzotta. Ringrazio dell’opportunità

  • Chiara B. Mazzotta – Tra arrivi raggelati e partenze disattese… Cordialità, appena bsibigliate.

  • Notevole l’appeal grafico-architettonico del sito e la sua particolarità.
    Se riflette quella della titolare, complimenti.

  • …che mi piacerebbe che Chiara Beretta Mazzotta leggesse qualcuno dei miei scritti e mi telefonasse per dirmi semplicemente: “Belli i tuoi scritti. Perchè non ci lavoriamo un po’ su? Dai, vieni a Roma…ti offro un caffè!”

    • Dài, vieni a Milano. In agenzia abbiamo pure la macchina del caffè 😉

      • ok. vengo. mi fissi un appuntamento? 😀

  • … che mi piacerebbe che C.B.M. non si aggreggasse al gregge che fa di tutta una erba un fascio.

  • Frank, se Kafka pubblicasse a pagamento, farei di tutto per trovargli un buon editore. Non recensirei il suo libro perché non parlo di chi, a mio avviso, non fa l’editore ma si fa chiamare editore. Questo è il mio punto di vista e il mio lavoro è collaborare con gli esordienti e consigliarli, per quanto mi riguarda, al meglio. Che ti devo dire? Viva il gregge!

  • No le ho chiesto nulla e lei… l’ostinazione di chi non vuol sapere e un esordiente anziano, ma proprio molto anziano, sa, gentile Chiara, la saluta cordialmente. Punto

  • Che ne penso?
    Pubblicare a pagamento, giammai!
    Così il mio primo libro me lo sono fatto tutta da sola, come da sola mi sono organizzata la prima presentazione e così farò con le future.
    Ho la fortuna di essere del “settore” e di avere come amico l’editore di una “piccola” casa editrice.
    È un’opera inadatta a essere commercializzata per vie tradizionali.
    Bella? Brutta? Valida? Non saprei…
    Poco importa.
    Gli introiti vanno in beneficienza: già sarebbe tanto se ci riprendo i costi di stampa e confezione.
    Ma volevo farlo. Ed è stato una gioia immensa! 🙂
    Un saluto,
    Pau

  • Posso in parte dissentire? Sono un micro editore che si occupa in prevalenza di storia e cultura locale e talvolta pubblico libri di autori esordienti a pagamento, ma con formule che si basano sulla ripartizione delle spese. Stampiamo 300 copie? Tu autore ne prendi 50/100 anche 200 (decidi tu) e ti attivi per venderle, le rimanenti le vendo io come editore nelle librerie che decidiamo insieme per evitare sovrapposizioni. Sulle mie vendite l’autore percepisce una percentuale. Il “chi fa da sé fa per tre” con stampa on demand non può dare garanzie di qualità, spesso i libri sono pieni di errori di ogni sorta, devi essere un minimo in grado di impaginare, e la copertina? Alcune librerie poi non accettano copie da autori senza casa editrice anche per motivi fiscali (come le carico in magazzino, chi me le fattura ecc.). I costi? L’ultima mia autrice per un libro di poesie ha speso 660 euro IVA inclusa (comprese impaginazione, editing, grafica di copertina). Tiratura 100 copie (che si vende lei autonomamente) e se il libro funziona lo ristampiamo alla bisogna. Inoltre la aiuto nell’organizzare almeno le prime presentazioni. Se vende le sue copie, oltre alla soddisfazione personale, dal punto di vista della vile pecunia, ci guadagna più lei di me!
    Perché demonizzare il mio lavoro?

    • Nessuno demonizza il tuo lavoro…
      Però che è anche vero che il mondo dell’editoria è cambiato. Troppo…
      Oggi costa tanto anche fare una correzione bozze e ti posso assicurare che ci sono editori che dicono di farlo – dopo aver promesso una revisione editoriale –, ma poi in realtà tocca al’autore farlo.
      Non tutti aiutano a fare le prime presentazioni. Lo promettono, ma…
      Ma poi non è così.
      Non è nemmeno reale l’impegno sulle vendite da parte dell’editore: cinque, dieci, venti libri venduti in un anno?
      Se non promuovi non vendi, se non vendi non ristampi.
      Un gatto che si mangia la coda.
      E intanto un autore spende 660 euro (iva inclusa) per 100 copie.
      Sicuramente in digitale, perché fino a 300/500 copie l’off-set non conviene.

      Andrebbe bene così, se non fosse per…
      Quel che non sopporto sono le false promesse di molti editori, micro e non, verso autori che non vedono l’ora di avere fra le mani il proprio libro stampato.
      E loro, come avvoltoi, se ne approfittano pur di guadagnarci.

      • Forse io e i miei collaboratori (che ci consideriamo anacronisticamente degli artigiani dell’editoria – anche se usiamo mezzi e tecniche all’avanguardia) intendiamo la piccola editoria in un altro modo rispetto ai molti che, in effetti, lavorano come tu dici… Odio i luoghi comuni, ma non farei d’ogni erba un fascio…

        • Non voglio fare di un’erba un fascio, anzi…
          Ma ho tanti amici poeti caduti nella trappola!
          Mi farebbe piacere avere un contatto più approfondito con te e i tuoi collaboratori.
          Un cordiale saluto, Paula.

    • Andrea,
      puoi dissentire anche totalmente, ci mancherebbe.
      Io, innanzitutto, demonizzo un atteggiamento. Quello dell’autore che ritiene la pubblicazione un suo diritto inalienabile. Nel 99 per cento dei casi è gente priva di talento, ma straripante egocentrismo che non arriva da nessuna parte.
      Rimane il fatto che chi propone progetti di stampa “partecipati” per me è altro da un editore: offre servizi e non fa l’imprenditore che andrebbe anche bene se le modalità di realizzazione del libro fossero limpide. Ci sono le liste di Eap perché chi chiede soldi o acquisto copie (cioè soldi) non lo dice. E mette in giro voci del tipo: gli esordienti non possono pubblicare senza sborsare. E da editor mi faccio un sacco di risate… voglio dire, quasi il 50 per cento dei libri che propongo nel blog sono di esordienti!
      Negli anni di libri pubblicati con contributo, fidati, me ne sono passati per le mani parecchi. E, nella maggior parte dei casi, era robaccia. Non curata, zeppa di errori, alle volte neppure impaginata… altro che autopubblicazione!
      Non conosco la tua realtà, di sicuro ci sono professionisti validi che sì chiedano soldi o acquisto copie, ma fanno bene il loro lavoro. Peccato che, per ciascuno di loro ne esistono dieci che lucrano sui sogni altrui e mettono sul mercato fuffa.
      Per questo preferisco occuparmi di editoria tradizionale.
      Un caro saluto,

      Chiara

      • Capisco e condivido la tua posizione. Io seleziono sempre cosa stampare e mi permetto di rifiutare la pubblicazione di uno scritto (anche se trattasi di autore a pagamento) quanto non lo ritengo adeguato (o come si suol dire non in sintonia con la linea editoriale). Altri invece pubblicano qualsiasi cosa purché l’autore paghi! La maggior parte dei libri che abbiamo nel nostro modesto catalogo sono di cultura locale e quindi esulano da questo discorso e nascono per pura passione e amore per il proprio territorio. In questi casi non si chiede nulla agli autori, anzi in molti casi si prevedono quantomeno rimborsi spesa.
        E’ il piccolo e difficile mondo dell’editoria indipendente (fino in fondo) che lotta per sopravvivere…Grazie per l’attenzione
        Andrea

  • Anch’io sono “incappata” nel problema dell’editoria a pagamento e senza saperlo/volerlo. La casa editrice era molto piccola, però pubblicava quasi tutti i generi, da saggi a romanzi a poesie e qualche volta avevo visto sugli scaffali le loro pubblicazioni. Ho inviato una mia raccolta di poesie e vi lascio immaginare il mio stupore quando mi hanno richiamato per fissare un colloquio. All’inizio è andato pure molto bene: la persona che aveva letto la mia raccolta sembrava molto coinvolta, aveva riportato un sacco di note ai margini dei miei fogli e faceva un sacco di domande su tutto ciò che avevo scritto. Fino a quando non ha tirato fuori il contratto che prevedeva 3000euro per la pubblicazione con un rimborso dell’ 2% sul totale delle vendite(180 libri). Ci tenne a precisare che non pubblicavano robaccia,ma che avevano scelto le mie poesie perchè avevano qualcosa in più. Ora come ora non so se fosse vero…non sono un giudice imparziale di me stessa. Però rimasi molto delusa per la svolta della situazione, per quel contratto davanti a me e perchè lucravano sui sentimenti e i sogni delle persone. Ovviamente non accetai. Capisco i molteplici problemi che una piccola casa editrice deve affrontare per non essere inghiottita nel grande mare dell’editoria, ma non capisco chi fa di questo problema un’arma per arricchiarsi! Il grande mondo degli “scrittori” è difficile.
    Ciò che dice Chiara(scusa la familiarità con cui ti chiamo) è una sacrosanta verità: libri pessimi pubblicati e buoni libri che rimangono nel cassetto. Per non parlare poi della poesia!Nel 2012 continua ad essere una cerchia d’elitè, per pochi e prossimi alla pensione.
    Non viene dato spazio a persone più giovani.
    La mia domanda è :dove sta scritto che devi avere almeno 40 anni di esperienza di vita, traumi e gioie per poter scrivere una poesia che arriva al cuore della gente? Credo da nessuna parte, ma oggi sembra proprio un dogma che guida questa elitè. E se proprio ci tieni, puoi scegliere tra numerose case editrici che ti faranno pagare, senza dare un giudizio sincero su ciò che hai scritto. Meglio di così!

  • L’ebook è il futuro ma incombe un problema che per l’editoria era marginale se non inesistente, la pirateria.
    pubblicare solo in Ebook metterà le pezze al culo agli autori e agli editori… temo.

  • ciao a tutti, scusate se mi intrometto, conosco il settore editoriale, ci lavoro, sono un art director e mi occupo di copertine di libri, siccome amo mettermi in gioco, e mi piacciono i giovani intraprendenti, mi metto a loro disposizione per la realizzazione delle copertine delle loro opere, se vendono vengo pagato – stabiliamo una percentuale – altrimenti amici come prima. Ritengo che la copertina sia molto importante per la vendita di un libro, o per lo meno fa in modo che questo venga preso dallo scaffale per la lettura della bandella o delle prime pagine, poi se i contenuti non piacciono, bhe non è colpa della copertina. Se volete potete contattarmi: rinoruscio@rinoruscio.it

  • Che ne penso… che “il tempo che non muore è quello che ritorna.”
    ps – senza scomodare l’inglese per spuntare due quadratini bianchi +Chiara B.M.

  • Sono in accordo con questo articolo, però è incompleto perché omette questo: http://www.grandieassociati.it/autori . Ecco i grandi nomi da dove vengono fuori. Si è mai provato a contattare questa agenzia e ad affidarvisi? Solo la valutazione costa una cifra da capogiro, poi c’è l’editing, perché senza editing non ti rappresentano, a meno che tu non sia un editor di tuo e immagino che anche in quel caso avrebbero di che modificare… Arrivato a quel punto magari ti pubblicherà un grande editore, ma avrai investito belle cifre, no?
    E poi c’è la questione del: «E se pensate “siccome l’ho scritto, allora va pubblicato” siete sulla cattiva strada.». Che è decisamente molto relativa visto il successo mondiale, per esempio, della trilogia delle 50 sfumature. 😉 Gli bravi stampatori del caso sono grossi editori. 🙂 Ma l’autrice non ha dovuto pagarli, sia chiaro. Sono stati loro a correre da lei. Tre libri di cui nessuno avrebbe mai sentito la mancanza se non fossero mai stati diffusi in rete e poi acqusiti da editori e venduti in cofanetti regalo per le grandi occasioni 🙂 . O magari mi sbaglio. Se il lettore è questo che vuole la regola: «E se pensate “siccome l’ho scritto, allora va pubblicato” siete sulla cattiva strada» non vale affatto.

    • (Ahia, intuisco una trafila di rogne e sofferenza e rogne nel tuo percorso.)
      Ciao Giovanni, come ho scritto consiglio di fare attenzione sempre e di valutare, SEMPRE, gli esborsi quando si tratta di agenzie ed editor. Un editore non deve mai chiedere soldi, un agenzia di servizi può farlo, ma è l’autore che DEVE sapersi difendere e valutare cosa sia giusto e cosa no. Posso garantirti che molti agenti manco chiedono un euro per la lettura e altrettanti evitano la rogan dell’editing a priori. Scelgono i pochissimi testi buoni e in cui credono.
      Non c’è scritto da nessuna parte che, per pubblicare, sia necessario pagare 3mila euro di editing. Però devo ammettere che certi autori hanno una tale voglia di pubblicare che sono disposti a farlo.
      E sconsiglio, a un autore di confrontarsi con ciò che si trova in libreria. Il mondo editoriale è ingiusto? Sì. Ci sono schifezze in libreria e meraviglie nei cassetti. Ma il mondo in genere è ingiusto. Non sempre vengono premiati i migliori? Vero. Così accade nella vita quotidiana. Purtroppo però mi duole (provo proprio dolore fisico, eh) ribadire che sono milioni i lettori che hanno letto e apprezzato (scritto piccolo e sbiadito) libri come le sfumature. Quindi temo che il problema riguardi più i lettori degli editori…
      In bocca al lupo, eh! E tieni duro.

      • In 4 anni ho conosciuto editori, editor, scrittori, agenti, valutatori, insegnanti di scrittura creativa e ti giuro che nessuno era uguale all’altro. E mi sono fatto un’idea molto molto precisa di cosa sia e di come funzioni l’editoria italiana. Dai grandi editori senza agente, o agenzia, non ti leggono manco il primo capitolo del testo, anzi… che dico :), manco la sinossi. E non lo dico io perché l’ho capito, ma me l’hanno confermato tutte le persone che ho conosciuto in 4 anni. Tranne proprio casi fortuiti, molto molto fortuiti.
        Pubblicare per un piccolo editore può dare piccole o nessuna soddisfazione, ma non è ciò a cui punto io. E da un anno e mezzo che mi sono dato all’auto-editoria. Ho i miei editor e i miei traduttori, ho i miei correttori di bozze e non mi sento inferiore a nessun editore medio italiano, per quanto questa frase potrebbe essere interpretata molto male. Chi legge questo mio commento potrebbe pensare: “eccone un altro che se la tira parecchio”. No, non me la tiro molto, ho solo capito cose che 5 anni fa non sapevo.
        Il problema è sempre il lettore. È lui che decide il successo o l’insuccesso di un libro, ma è abbastanza pilotato da una serie di eventi (il discorso è molto molto lungo). Alcune ricerche dicono che in Italia si legge poco e quei pochi che leggono non sanno leggere: http://www.internazionale.it/opinioni/tito-boeri/2013/10/23/24-3/ . Lo dicono le ricerche, non io. Se non ci vogliamo credere, allora non ci crediamo, però a questo punto ci sta perfettamente in Italia abbiano venduto migliaia di copie delle 3 opere delle sfumature. Nella leggenda si dice 50 milioni di copie nei primi tre mesi in tutto il globo, chissà, chissà.
        Personalmente nell’EAP includerei anche il dare 3000 euro a una grande agenzia per avere una grande pubblicazione, oppure coniamo un nuovo termine: PCALAP. Pubblicazione Con Agenzie Letterarie A Pagamento. Intendendo per l’appunto un equivalente di denaro come per l’EAP 😉 .

        • Non c’è dubbio. Ormai i big, i grandi editori, lavorano solo tramite agenzia. I rari casi in cui questo non accade? Sono appunto rarissimi e ci sono sempre di mezzo suggerimenti di amici e/o consulenti di prestigio che caldeggiano un dato testo.
          Tu hai scelto un’altra strada. E come scrivo, va benissimo. Soprattutto se cerchi di fare le cose in modo professionale (ma vista l’equipe, immagino ti costi un pochino…).
          Però no, mi spiace, non posso equiparare una agenzia, anche chiedesse 5mila euro!, a uno che si spaccia per editore, ti stampa una ciofeca, ti distribuisce solo nella sua cantina e manco legge il testo. L’editore vende libri, le agenzie offrono servizi. Se vai dal parrucchiere che ti chiede 500 euro per una piega sono problemi tuoi.
          Vuoi un nome? La Meucci non chiede un euro per leggerti. Neppure la Pnla.
          E poi guai a semplificare. Perché in libreria ci sono le sfumature ma anche libri meravigliosi.
          E da editor che lavora con diversi agenti, posso dirti che i miei autori non spendono 3mila euro di editing e pubblicano anche con i big. Alle volte sono necessari degli interventi sul testo, ma se uno sa scrivere impara a mettere in pratica da sé le indicazioni che gli vengono fornite. Quindi si cresce e si ottengono risultati di conseguenza.
          Tu cosa scrivi? Mandami un romanzo. Io non lavoro gratis, perciò non leggo mai gratis, ma facciamo un esperimento pubblico. Io lo leggo e scrivo qui cosa ne penso.
          Ci stai?

  • Grandi e associati è davvero un grande nome di nome e di fatto, ma ce ne sono di altrettanto valide e gratuite, te lo dice chi ci è passata ed è stata scartata, ma, mi piace pensare, per un soffio. E concordo con Chiara che alza le mani in segno di resa di fronte a certi clamori, il lettore medio e mediocre alla fine decreta il successo di romanzi che magari noi rimbalzeremmo. Forza Giovanni non ti arrendere!

  • No, grazie, non mi servono altre valutazioni. È stato fatto un lavoro soddisfacente sul testo e sono soddisfatto.

    Ho guardato sul sito di PNLA e c’è scritto che la rappresentanza la fanno solo su un testo che piace. Ed è giusto così:

    Il servizio di lettura è distinto dalla rappresentanza.
    Nel caso l’opera presenti un particolare interesse per l’agenzia, verrà proposto, a parte, un accordo di rappresentanza che potrà essere valutato dall’autore.

    Poi però si dice:
    Il costo della lettura è di € 350 + IVA per testi fino a 300 cartelle, € 400 + IVA per testi dalle 300
    alle 450 cartelle, €500 + IVA dalle 450 cartelle fino a un massimo di 650 cartelle, oltre il quale verrà concordato un ulteriore costo, basato sul numero di cartelle eccedenti.
    Le cartelle si intendono composte di 1800 battute.

    Il link è http://www.pnla.it/letture/servizio_lettura_PNLA_e_Associati.pdf e non mi sembra sia gratis come dice lei. L’autore è libero di spendere quanto meglio crede per un testo, per sottoporlo a valutazione ed editing o per pubblicare a pagamento. Se spende una cifra X sta comunque spendendo una cifra X al di là del come e del perché. La questione è questa.

    • Non ti ho offerto alcuna valutazione, Giovanni. Io ero curiosa di scoprire perché non hai trovato un editore. Perché non hai pubblicato.
      Tutto qui.
      Visto che ti lamenti in rete, potevamo dibatterne in rete.
      Punto.
      Venendo a Pnla: posso garantirti che non avevano alcun servizio di valutazione, altrimenti non te lo avrei segnalato, scusa per l’imprecisione. La Meucci rimane gratis con rigide regole di invio, ma legge tutti.
      L’autore è libero di fare quello che vuole con il proprio libro e con i propri soldi, ovvio. Se sceglie un Eap, sceglie una scorciatoia preistorica! Io, adesso, istituirei il delitto di ignoranza. Perché basta andare su internet e informarsi. Per scoprire che il pod e l’ebook sono una alternativa molto più sana e intelligente. Voglio dire prima di spendere 2500/3000 euro uno dovrà informarsi o no?
      E mi sento libera di dire che un editing da 3mila euro equivale alla riscrittura di un libro, quindi, come dico nel pezzo: che l’autore si faccia qualche domanda santo cielo.
      Se poi paragoni la lettura e la valutazione di un testo (200/300 euro) a un Eap… be’, inutile che perda tempo a difendere il mio mestiere, sarei di parte.
      Quello che so? Se fai bene il tuo lavoro, i risultati si vedono. Che nel mio caso significa leggerne delle belle (in libreria, ovvio).

      • Ho pubblicato in e-book per conto mio sugli store che contano, dopo aver inviato a Einaudi e Mondadori, ma so che è inutile senza agente, quindi ho lasciato perdere proprio. Ho ottenuto una buona valutazione da un altro editore, ma troppo piccolo. Dopo aver avuto la valutazione del Calvino e qualche altra buona valutazione, inclusa quella del mio editor, mi sono accontentato. Quelle di altri piccoli editori non sono mai arrivate perché si sa che non arrivano. E dei piccoli editori non mi fido molto, anche perché non sbarcano il lunario e quindi pubblicano 2-3 titoli l’anno, forse anche qualcuno in più, ma non rischiano molto. 300 euro di editing non sono EAP. Di valutazione non lo so. Io parlo sempre di cifre paragonabili all’EAP. I famosi 2000/3000 euro.

  • Lo so Giovanni,
    ho letto. Hai autopubblciato un romanzo dal titolo “Le parole confondono”. Ho il tuo estratto sul mio iPad e ti leggerò con piacere.
    Leggo che ti sei avvalso dei servizi di una agenzia che si chiama Talento Letterario. “Il testo ha ricevuto un lavoro di valutazione ed editing” scrivi. Giusto?
    Sono andata sul Facebook e leggo che Talento Letterario offre un servizio di valutazione a 60 euro (non so chi siano gli editor che fanno il lavoro ma pazienza).
    Ecco, mi permetto di dire: meglio farlo gratis, perché un prezzo così massacra chi cerca di lavorare dignitosamente.
    Perché?
    1. C’è il tempo di lettura del testo, appunti sul testo/riflessioni.
    2. Stesura della scheda. (Non parlo di schedine, tipo due paginette di cui metà occupata dalla sinossi. Parlo di una scheda dettagliata che serva all’autore per mettere mano al testo).
    Quante ore di lavoro?
    Diciamo che sei un manico e che procedi come una scheggia. Minimo una decina di ore. 60 euro, tassate (parlo di una partita iva) sono circa 36 euro di incasso.
    Ecco, se uno deve farsi pagare per il proprio mestiere e le proprie competenze 3,6 euro l’ora, o non sa un tubo di ciò che fa o è molto ricco e non ha bisogno di lavorare.
    La terza ipotesi? Preziosissimo volontariato.
    Ovviamente lo scopo di una agenzia letteraria è quello di trovare un editore, non valutare un testo. Perché 60 euro sono pochissime, ma se conducono al self sono pure troppe.
    Quindi una agenzia esiste e ha senso se ha dei contatti, se va alle fiere, se ha degli autori…
    Hai mandato a Einaudi e Mondadori? Be’, in effetti loro difficilmente rispondono.
    Di piccoli e medi editori è pieno. Ce ne sono di validissimi per iniziare e fare la gavetta, io non li snobberei sai?
    Diciamo che avevi fretta, Giovanni. Fatti un giro sugli esordi degli scrittori che sto pubblicando da un po’. C’è gente che ha lavorato anni (da solo e senza editing). Libri buttati, rifiuti e compagnia cantante. Poi ci sono arrivati. Altri hanno trovato subito “casa” ma poi, spesso, le difficoltà sono arrivate comunque quando è toccato ripetersi.
    Detto questo: ognuno fa ciò che sente e di cui ha bisogno. Basta che non sia Eap. Quello è uno spreco.

    • Sono un autore indipendente, fiero di esserlo. Ho fatto esperienza con editori. Uno mi ha pubblicato per 8 volte in due anni senza chiedere nulla in cambio, ma solo un anno fa ho maturato la piena decisione. Non volere editori. Forse uno grande sì, ma anche in quel caso non so davvero cosa avrei fatto in caso mi avessero risposto di essere interessati.
      Non ho avuto fretta. In otto anni ho scritto due romanzi completi e fatta tantissima revisione, un testo lo metti in sesto e capisci tante cose. E scrivo da moltissimo tempo.
      Io capisco che come editor lei deve difendere il suo lavoro, ma una valutazione a cui segue un editing è diverso da una semplice valutazione. Non conosce come lavora Talento Letterario e le assicuro che dopo tanti chiacchieroni in rete che l’unica cosa che sapevano sparare erano cifre sempre più alte, Talento Letterario si è dimostrata un’ottima cosa. E non li cambierei per nessun altro al mondo. Sono gente in gambissima.
      Il self-publishing, come pure le agenzie che fanno valutazioni a basso prezzo o gratis minacciano il suo lavoro. E fanno paura. Questo è comprensibile.

      • Scusa, Giovanni, ma dopo aver letto il tuo estratto no, non mi sento affatto minacciata dalla concorrenza.
        E, francamente, avendo visto sul tuo profilo Facebook che, dopo tre ebook autoprodotti, ti definisci “scrittore” (attributo che autori pluri-pubblicati con editori grandi e seri non osano affibbiarsi) mi rendo conto che abbiamo due visioni del mondo diametralmente opposte.
        Poco male.
        Io non difendo il mio lavoro. Io difendo il lavoro e le competenze di ciascuno in generale. Troverei immorale che qualcuno si facesse pagare 5 euro per scrivere un pezzo. O se ne facesse dare altrettante per tenere un bambino. O fosse costretto a infiniti stage non retribuiti.
        Perché è immorale. Tutto qui.
        Perché con questa politica dell’outlet (c’è pure quello del funerale, quello editoriale non mi stupisce granché) si sviliscono le competenze di ciascuno.
        Io continuo a fare il mio mestiere e i miei autori desidero vederli il libreria.

        • Credo non credo di aver altro da aggiungere. Uno ci prova a spiegare un punto di vista, ma non serve. Buon lavoro.

      • Concordo pienamente.

    • Ecco brava, vai a pubblicare da Mondadori, genia.

  • Penso che ieri erano Tutti Santi e oggi sono Defunti https://plus.google.com/u/0/+FrankSpada/posts
    Mandi a Mandi, per via che se qualcuno è uno scribacchino indipendente lo dimostra, facendo tutto da sé, solo per gioco.

  • Bellissimo blog che ho conosciuto grazie a radio 105. Mi chiamo Lorenzo Bosi.Dal 2004 al 2012 ho pubblicato qualche romanzo ed ho partecipato ad progetto letterario di una casa editrice. Dopodiché il vuoto. Ho qualche romanzo, affidato ad un’agenzia letteraria che li ha giudicati pubblicabili ma ahimè non si riesce a compiere il passo successivo. Molti editori si mostrano interessati poi però…silenzio totale. Non ho alcuna fretta e nel frattempo continuo a scrivere ma questo fatto mi sorprende. Da un lato, l’agenzia elogia i miei scritti, dall’altro, nessuna casa editrice è interessata alla pubblicazione. Sicuramente ci sarà una spiegazione…. e scusa per lo sfogo.
    Un abbraccio

    • Ciao Lorenzo,
      capisco benissimo. Momentaccio, davvero un momentaccio. Ho per le mani romanzi davvero validi che vorrei leggere, vorrei incontrare sugli scaffali ma nulla. E lo dico da editor, ben sapendo quali rogne passano gli agenti. E gli editori sono nel balordone. Altro che best seller, cercano di non colare a picco.
      Però: in dieci anni e più (mamma se passano in fretta!) non ho mai visto un autore con talento o, meglio ancora, con mestiere che non sia approdato in libreria. Quindi, in bocca al lupo! E tieni duro.

  • Grazie mille per la risposta! Terrò le dita incrociate. Nel frattempo continuo a scrivere. Spero di riuscire a farti recensire un mio libro….prima o poi. Un abbraccio

  • non sempre è vero che chi chiede contributi per stamparti un libro non ti porta da nessuna parte.io ho avuto una bellissima esperienza con una casa editrice che forse è considerata a pagamento ma che con poche centinaia di euro, ripeto, centinaia, non migliaia, mi ha fatto editing, una splendida copertina e anche una piccola recensione sul corriere della sera, e non è che l’inizio,perchè mi è già stato proposto di partecipare a fiere del libro ed altre iniziative.non tutto è sempre scontato…

    • Cecilia, no, proprio non mi trova d’accordo.
      Andare a una fiera o ottenere una recensione non conta granché. Neppure pubblicare conta granché. Fare le cose per bene, quello conta.
      Gli editori vendono libri, gli autori li scrivono e le agenzie offrono servizi. Editing, copertina e ufficio stampa sono un lavoro che spetta all’editore, se non è in grado di farli allora cambi mestiere. L’autore (se il suo libro vale) deve essere retribuito e seguito. Perché se non gli fai un editing e se non trovi la copertina a tuo giudizio migliore come diavolo lo vendi il libro?! Non è un di più è il minimo.
      Il resto, casi personali compresi, sono divagazioni sul tema scorrettezza, fuffa, pocaggine, furberia… a lei è andata benino? (Ha comunque pagato per una cosa che non andava pagata) Lei ha pagato pochino? (Centinaia di euro saran poi pochino?) Be’ pensi che c’è chi non paga nulla, viene seguito a dovere, vede il proprio libro pubblicato e ha lettori e recensori felici di leggerlo. Dia una occhiata a #InPrincipioFu.
      Io le auguro di trovare un editore serio.
      Chiara

  • prima di esprimere giudizi, sarebbe opportuno che leggesse le opere del poeta Maurizio Lancellotti che ha offeso, questo modus operandi che punta a screditare l’interlocutore non potendo ribattere con argomenti alle posizioni espresse dalla controparte è figlio di una modo di pensare che non accetta il confronto, chiuso e autoreferenziale, proprio delle conventicole, lontano dagli ampi spazi della poesia e della letteratura. Non so cosa sia bookblister e non mi interessa dato il basso livello degli interventi.
    Federico Barracci

  • Sembra tutto coerente, fino a quando si consiglia il selfpublishing; Narcissus.
    Se discriminate l’editoria di autopubbicazione dunque, perché ne consigliate la stessa?
    Personalmente mi sto spulciando tanti di quei siti che parlano di “editing serio”, che ne sono davvero indignato.
    Premetto, sono un autore non affermato.
    Ma questo poco conta. Giusto per capirci.
    Tutto è confuso e molto complesso. E di certo i milioni (di miliardi) di siti che parlano di editoria compresi i No EAP non sembrano essere da meno.
    Narcissuss offre sì, un’ autopubblicazione gratuita ma “se si vuole dei servizi aggiuntivi” bisogna inevitabilmente mettere mano al portafoglio.
    Davvero allettante.
    Il vostro stesso discorso che sembrava molto interessante si riduce a : “Siate cauti, sempre. Prestate la medesima attenzione con gli editori, gli agenti letterari, le agenzie editoriali. I primi non vi dovranno mai chiedere una lira, al contrario dovranno pagarvi per il vostro lavoro.”
    Quindi ora mi domando perché Narcissus chiede 59, 00 euro per la realizzazzione di una sola copertina?
    Questo per rendere ridicolo (e lo dico con tutta l’indignazione) il vostro “trafiletto molto coerente”.
    Peggio.
    Quella sopra potrebbe risultare solo una sottigliezza.
    Il lavoro redazionale di Narcissus?
    L’accurata e attenta valutazione del manoscritto da parte dell’editoria (???) .
    Be’, forse è solo un’altra “opzione aggiuntiva?” Naturalmente se l’autore è daccordo.
    Ancora e poi chiudo qui.
    I nostri “capolavori” si chiamano sogni.
    I nostri “capolavori” si chiamano duro lavoro.
    I nostri “capolavori” hanno più dignità di quello che si pensi.
    Nei nostri “capolavori” convogliamo tutto ciò che è la nostra massima espressione linguistica e letteraria.

    Ma i nostri “capolavori” non sono merce da svendere al primo editore illusorio che non sa neanche definire se appunto i nostri possano essere davvero dei capolavori.

    Dov’è la coerenza degli stessi?
    La serietà, la dignità, la professionalità di tutti?
    Sembrerebbe nulla è più credibile.

    Dio salvi la regina!
    E anche noi.

    • No. Giovanni. Non confondiamo le idee. Narcissus non è un editore. È una vetrina, mette in vendita e non pubblica. Non sceglie, non seleziona. Offre servizi. Punto. L’eap si definisce editoria. Bella differenza. Tremila euro per sentirti dire che sei uno scrittore o ti metti in vendita e che dio te la mandi buona? E ti dà dei servizi? Bene. Libero di non usarli. Ma non è un editore. Se sei su Narcissus non hai pubblicato alcunché. Non hai pubblicato. Narcissus è una piattaforma non un editore. Sono anni che discuto di eap, non sono parole, sono mondi.

      • Certo, se metti un testo su Narcissus non sei nessuno, se invece paghi un’agenzia letteraria per farti valutare e per editare e spendi… 2000 euro? Poi magari pubblichi su Narcissus (perché che le piaccia o no, per pubblicare basta un codice ISBN, cosa che Narcissus dà) la cosa cambia? Magari se si rivolgono alla sua agenzia, va ancora meglio, no? Sa, ci sono tanti editori no eap, come li chiama lei, che certamente non sono agenzie di beneficenza e che non hanno il monopolio della cultura che tanto osannano e che vendono spazzatura a vagonate, in serie, ma il problema sono quelli che secondo lei non pubblicano su Narcissus, ma che in realtà lo fanno. Se non hai un editore non sei nessuno, anzi, andiamo ancora più indietro: se non paghi un’agenzia per farti valutare ed editare e poi vedi se un editore te lo trovano, prendendosi un’ulteriore percentuale sulla cosa, non sei nessuno.
        Questo però lei non lo dice esplicitamente. Che ne parli chiaramente in un articolo: se vuoi essere chiamato autore, contatta la mia agenzia letteraria, paga e poi noi ti troviamo un editore non a pagamento, però nel frattempo hai pagato noi, sempre qualcuno devi pagare, quindi il suo accanimento contro editori a pagamento fa davvero sorridere. Come se pagare un’agenzia o un editore faccia la differenza… o magari sì se ti trovano un grande editore, ma resta il fatto che hai pur sempre pagato e resta il fatto che un editore con grande distribuzione non ti calcola se non passi attraverso un soggetto del genere. E non mi venga a dire che una buona agenzia non ti fa pagare, perché nessuno lavora gratis e poi si marcia sempre sul fatto che il testo non può essere presentato nella forma in cui si trova, le pare?
        Diceva Oscar Wilde: “chi sa fa, chi non sa insegna”. E nel caso dell’editoria ci sono tanti che tra scuole di scrittura, agenzie di valutazione ed editing “insegnano” ad altri a fare quello che loro non fanno/sanno fare. Si guadagna di più a “insegnare” che a scrivere e farsi pubblicare, su questo non c’è alcunissimo dubbio.

        • Le parole sono importanti Miriam. Chi fa self si mette in vendita, un editore pubblica (non si parla di qualità, si parla di filtri). Un eap viene pagato da chi dovrebbe invece essere pagato: non serve e l’autore si svaluta agli occhi dei professionisti del settore (è un dato di fatto). Io non sono una agente ma una editor e non insegno alcunché, io leggo e lavoro una storia insieme con chi l’ha scritta. E lavoro con molti autori che si autopubblicano e con altrettanti che scelgono la via “tradizionale”.
          Le agenzie non sono obbligatorie, né le letture, né gli editing. Ci sono centinaia di editori free che rispondono agli autori e li leggono. Una agenzia che fa un lavoro deve essere pagata certo (quanto? questo al massimo va discusso per bene). Al contrario se un editore chiede soldi non è un editore. Poi possiamo discutere di qualità in libreria, possiamo pure dire che molti successi sono nati su Amazon e gli editori non se ne sarebbero mai accorti. Ma non ho mai scritto che un self è nessuno. E una agenzia non trasforma un autore in uno scrittore, ci vuole un editore e tanti lettori per questo.
          Da quello che leggo, ipotizzo una lunga trafila di agenzie e altre rogne… se ha voglia di condividere le pessime esperienze, siamo qui.
          Un caro saluto,

          Chiara

          • Gentile Chiara,
            ho seguito con interesse la conversazione nelle sue varie diramazioni e mi trovo d’accordo con lei sul fronte no-EAP.
            Ho anche visitato il suo sito, letto e visti alcuni video e mi piace, al contrario, ragionare in termini di contratti, di anticipi che un autore che si definisca tale merita di ricevere da un editore.
            Essere pagati, non pagare di tasca propria.
            E, di conseguenza, pagare o dividere con un agente dopo, a libro pubblicato, per una serie di servizi di rappresentanza e promozione, perché il libro venga diffuso e sostenuto, laddove un piccolo editore non ha i mezzi per farlo e un medio-grande non si impegna più di tanto a fare, se non per i pezzi grossi già collaudati.
            Quello che proprio fatica a entrarmi in testa è pagare prima.
            Quando il manoscritto non è ancora un libro e nemmeno si sa mai se lo diventerà.
            Pagare per farsi leggere. Pagare per l’editing.
            Pagare incrociando le dita che il manoscritto a lavoro fatto non torni a dimorare in un cassetto.
            In un punto del suo sito lei stessa solleva la domanda:
            “È sempre necessario fare un editing, non dovrebbe essere un compito dell’editore?”
            In altri punti lei stessa risponde in parte di no, è una cosa che deve partire dall’autore, se non si sente sicuro, se sente di avere delle carenze eccetera. E se non ci sente, invece, da quell’orecchio?
            Io ho un manoscritto, ad esempio, che considero pensato, scritto e rivisto a dovere. Non sarà pronto per essere stampato, ma ha già una sua identità ed è un’identità anche difficile, che non può andare a genio a tutti, ma a qualcuno sì. A chi voglia leggere qualcosa che si sforza di essere diverso nel panorama editoriale.
            Certo, ciascuno di noi ritiene di essere unico e invece magari non lo è, c’è bisogno di un professionista per stabilirlo. D’accordo, ma il professionista ha bisogno di leggere il testo da cima a fondo ed eventualmente editarlo prima di capire se è un cavallo su cui l’editoria vera scommetterà o meno? Un professionista non lo capisce già da una sinossi integrale e da uno o più estratti?
            Glielo chiedo perché fino a un certo punto mi pare di andare d’amore e d’accordo con i suoi ragionamenti, ma poi, una volta che navigo nel sito della sua agenzia, mi pare che anche con lei si profili la catena di servizi: valutazione – editing- eventuale rappresentanza – promozione… non è proprio possibile scavalcare i primi due e arrivare a un verdetto del tipo: il testo avrà bisogno di una revisione, ma la revisione la facciamo dopo il contratto, quando già sappiamo che il manoscritto diventerà un libro, non prima?
            Logicamente, leggere e valutare, in toto o anche solo in parte, un romanzo professionalmente richiede tempo.
            E il tempo di un professionista costa.
            Ma siete anche agenti, dico io, figure di mediazione volte al raggiungimento di un obiettivo.
            Chiedere soldi prima senza essere disposti a investirci un po’ anche del proprio sarebbe come se un agente immobiliare chiedesse un gettone a ogni appartamento che mostra al cliente, perché la visita occupa un tempo nella sua giornata lavorativa, più la percentuale al rogito a cose fatte.
            La prego, non mi risponda che lei non fa l’agente, ma fa l’editor, perché con la domanda che le rivolgo mi sto riferendo al sistema che sembra stia imperando.
            Perciò, se può essermi utile, la mia domanda è: fanno davvero tutti così?
            (a parte la Meucci con la sua giostra di mezzanotte: proverò anche quello, ma mi risulta che la stragrande maggioranza di chi viene preselezionato e attenzionato non venga poi rappresentato… e siamo al punto di prima)
            Non c’è un’altra via per poter lavorare con le agenzie che offrono servizi editoriali che compiere questo percorso verticale?
            Cordiali saluti

            Matt

  • Salve. Ho letto adesso questo articolo, ma ti seguo da tempo (e condivido i video sulla mia pagina). Sono assolutamente d’accordo, anche perché io sono uno di quelli che ci è cascato, a suo tempo, pur spendendo una cifra tutto sommato ridicola (250 euro). Oggi come oggi rifuggo gli eap come la peste e mi fa male che in una città come la mia ce ne siano due (Ferrara è piccola). Comunque, i miei complimenti vivissimi.
    Un saluto.
    Rolando

    • Grazie mille, Rolando!
      E mi spiace per la brutta esperienza (ti è andata bene, di solito si parla di 1500/3000 euro).

  • Buon giorno Chiara!
    Anche io mi trovo assolutamente d’accordo con te! E’ solo dopo aver navigato un po’ che ho scoperto che per pubblicare un libro non deve essere l’autore a dare soldi (prima mi erano state fatte proposte da un EAP ma ho rifiutato perché la cifra era troppo alta!). Successivamente a questo episodio ho vinto un “concorso” in cui gli autori selezionati avrebbero avuto una pubblicazione a patto di un famigerato acquisto copie e lì, ahimè, ci sono cascato! La fortuna sta nel fatto che ho speso poco meno di 170 euro (infatti la qualità del prodotto non è stata molta… la fase di correzione di bozze… non c’è stata e alcune poesie hanno dei refusi!). A questo punto, un viaggio in rete più approfondito mi ha portato ad alcuni video (tra cui i tuoi) in cui si diceva “Occhio all’acquisto copie” (e lì il mio conto in banca si accigliato e mi ha dato una sberla!).
    Sicuramente mi è andata bene vista la cifra che ho speso ma la prossima volta farò attenzione!
    Grazie per tutti i preziosi consigli!
    Luca.

  • Buongiorno Chiara! Seguo i tuoi video, e in pochi minuti ho letto questo lungo botta e risposta su eap sì/eap no, agenzie serie/agenzie esose. Ebbene: scrivo poesie (e so che non te ne occupi). Ho inviato il mio lavoro un po’qui un po’là. Finora mi hanno risposto due nomi medio-grandi rivelatisi a doppio binario e salutati seduta stante (avevo chiesto a entrambi via e-mail se lo fossero, mi avevano risposto eludendo la domanda, e già mi sarebbe dovuto bastare) , e un piccolo editore non eap che dice di amare le mie cose, mi ha inviato al volo il contratto, non mi chiede una lira, mi concede una (una!) copia omaggio del mio libro, e mi lascia piuttosto in dubbio sul fronte della promozione (interpellato, mi scrive: “partecipiamo a fiere – saranno al salone di Napoli, in effetti – organizziamo presentazioni in collaborazione con gli autori, inviamo comunicati stampa, usiamo i social eccetera”.
    A questo punto, che fare? Per di più è poesia: meglio un editore minuscolo non a pagamento o aspettare, col rischio di rimettere il lavoro nel cassetto? O ancora lasciar stare e farsi fare una valutazione seria da un’agenzia (quale?) e cercare di capire di più sulla qualità dei miei versi? In ogni caso grazie per quello che scrivi, seguendoti si impara tanto. E ci si sente un po’meno soli!

    • Ciao Alessandra! Eh che fatica…
      Io sono “fuori territorio” perché mi occupo di narrativa e saggistica ma prova a dare un occhio a Interno Poesia e a Marco Saya.
      Di agenzie proprio non ne conosco, ma dato il mercato ristrettissimo non credo proprio ce ne siano.
      Un editore piccolo può andare benone se è serio e se ha pubblicato autori di qualità.
      Spero che in futuro il percorso sia meno impervio.
      Un abbraccio

  • Premesso che non sono uno scrittore ma un giornalista, 4 anni fa tentammo con la redazione un esperimento, recensendo un paio di libri non arrivati da case editrici “tradizionali”, per i primi libri andò bene, poi fummo immediatamente invasi da richieste di recensioni di romanzi (il più delle volte) scritti male, pieni di refusi e approssimativi e dovemmo immediatamente bloccare l’iniziativa, anche per non dover pubblicare solo stroncature.

  • Buongiorno, come inquadra un editore che ti propone il 4% fissando un prezzo di copertina e poi aggiunge: “se vuoi di più, il prezzo di copertina salirà proporzionalmente”?
    Grazie Chiara, gran bel posto questo.
    Alberto

    • Alberto,
      ciao, sai che non ho capito cosa vuol dire?
      Che aumenta il prezzo della cover se vuoi di più?
      Direi che al massimo si deve fare una proposta a scaglioni. Si parte dal 4 che è poco e si sale se si vendono un tot di copie. Questo ha senso.

  • Sarà che ho appena finito il mio primo romanzo (sei-anni-sei di scritture e riscritture!) e quindi ne capisco poco, però un’idea me la sono fatta.
    Sono uno scienziato e da qualche anno, da quando si paga per pubblicare e non per leggere, la qualità degli articoli scientifici è calata bruscamente a livello internazionale.
    Ok, quella non è narrativa.
    La narrativa. Qualche anno fa, un mio collega si è inventato scrittore: ha scritto un giallo, lo ha mandato a una casa editrice e poi, tutto tronfio, agli amici (quindi non ha me) ha detto che il suo manoscritto era stato “selezionato”, e che addirittura gli era stato fatto un editing del testo. Ha fatto una presentazione tra noi colleghi (con la sua collaboratrice, in corsa per l’assunzione, a fargli le domande). I colleghi presenti, mossi a compassione, non tutti per altro, gli hanno comprato il libro. Altri sono stati letteralmente inseguiti per strada e posti di fronte all’aut aut: me lo compri oppure, guarda – visto che sei tu – te lo do in visione.
    Ho scaricato l’estratto: tre errori nella prima pagina. Ho chiuso l’estratto.
    “Ragazzi, secondo me, per capire il mio corso [universitario] di farmacia vi sarebbe utile comprare il mio giallo”, decuplicando così le vendite grazie alla decina di studenti universitari invitati a farsi una cultura su quel testo neorealistico.
    Be’, se ‘sta cosa non mi mette tristezza è solo perché ‘sto grande autore non mi è proprio simpaticissimo, ma comunque mi fa pensare.
    Ho il mio romanzo, le prime due stesure le ho fatte con il mentoring di un noto editor, che è stato bravo e professionale finché non ha scritto il suo romanzo, poi è sparito. Morale: il finale l’ho scritto con lui che mi diceva di chiudere, chiudere! Ho chiuso e lui mi ha detto che andava bene. A me non convinceva. Grazie a Dio non l’ho mandato in giro. Ho cominciato a studiare con Francesco Trento quando ancora non era passato ai corsi online. Ho capito un sacco di cose, e queste cose mi hanno fatto studiare sempre di più. Francesco ha letto il mio testo e – tra le altre cose, guarda caso – mi ha detto che la storia finiva in un imbuto. Insomma il finale-chiudere-chiudere non andava bene per niente. Ho stravolto il romanzo, sono ripartito dai fondamentali, l’ho riscritto e riscritto ancora. Ora è pronto? Non lo so, ma so che non lo venderò agli studenti del mio corso, non lo pubblicherò pagando un tipografo che si spaccia per editore, non mi farò fregare da quelli che ti dicono che non ti chiedono soldi per pubblicare ma poi ti promettono di restituirti i 700 euro anticipati per le prime copie vendute, non mi farò ammaliare da quelli che ti propongono il crowdfunding (Chiara, posso chiederle cosa ne pensa di questi ultimi?). Insomma, solo una cosa sopporto meno di essere preso in giro dagli altri: prendermi in giro da solo.

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