E per gli Scelti da voi torna il tagliente © Aldo Costa, il recensore atipico, che i libri ce li racconta senza svelare alcunché.
I racconti li amo rotondi, chiusi e saldati come gli anelli della catena di un’ancora. Voglio dire che ci dev’essere un’idea forte, un concetto molto ben chiaro che si palesi all’inizio, si sviluppi strada facendo, e alla fine, ormai in vista del porto, pugnali. Possibilmente alle spalle.
Da questo punto di vista, Carver – che incontro per la prima volta – non mi accontenta. I suoi anelli sono aperti come maglie di una catena strappata. I finali non sorprendono e se lo fanno è proprio per la mancanza di qualsiasi sorpresa. Dico di più: se le ultime dieci righe di ogni racconto non ci fossero, credo che non cambierebbe nulla.
Ma tutto questo non ha molta importanza, perché, finali o non finali, i racconti di Principianti mi hanno speronato all’improvviso e con violenza inaudita, come fece lo Stockholm con l’Andrea Doria, e per tutta la lettura, sono rimasto basito e sbandato di tre quarti, nel letto, (per fortuna senza fare acqua) pronto ad andare a fondo con il libro in mano.
Ora, come è possibile che racconti lontani dalla formula che amo (quella di Buzzati per capirci) mi abbiano colpito così forte? Credo che sia la potenza della scrittura. Le parole, qui, sono immediatamente commutate dal cervello in immagini e ogni scena che si compone è una mazzata senza pietà. I quadri che si formano nella mente non sono jpg; sono radiografie, ecografie, Tac e risonanze. Non vedi i volti dei protagonisti, sondi direttamente i loro sentimenti, quando ci sono, e nello stato in cui si trovano, quasi sempre distrutti.
Credo che in casi come questi, di potenza di scrittura fuori scala, si debba riconoscere al traduttore quel che è suo. Per Principianti la versione italiana è di Riccardo Duranti e credo che gli vada dato il merito di aver saputo mantenere, o addirittura esasperare, la ruvidezza e di non aver fatto (giustamente) nulla per rendere dolce il naufragare.
Principianti, Raymond Carver, traduzione di Riccardo Duranti, Einaudi, p. 289 (19 euro) ebook (6,99)
7 comments
Questa cosa dei traduttori è interessante, però io penso che uno valga l’altro. L’importante è lo scrittore.
cazzo dici? è vero l’opposto. Prova a pensare ai doppiatori dei film Da quando è morto Ferruccio Amendola, De Niro non ha più avuto la sua voce di velluto. E’ come se a Robin William avessero messo la voce di Carlo Conti, sai che schifo?
Cos’è ti fai le domande e ti dai le risposte? Sdoppiamento di personalità mattutino? 😉
la discussione aveva preso una piega che non mi piaceva… 🙂
E dire che mi pareva tutto tranquillo 😉 Va be’ fai come Marzullo insomma. Però Carlo Conti di prima mattina è una cattiveria, vera.
“Ora, come è possibile che racconti lontani dalla formula che amo (quella di Buzzati per capirci) mi abbiano colpito così forte?”
Perché i luoghi della cultura americana, intendo quelli fisici e quelli metaforici, sono impressi nelle nostre teste. Ce li hanno ficcati a forza fin dall’infanzia che adesso risultano più nostri di quelli italiani.
È tutto qui. Carver resta un autore sopravvalutato e ridondante, coi suoi fumi e il suo alcool.
Credo che ci sia del vero in quel che dici. Se è così, però, è stato il cinema a farlo. Più il cinema dei libri.
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