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Una storia nera – Antonella Lattanzi

Un uomo stimato. Un uomo che ama i suoi figli. Un uomo che diceva di amare pure sua moglie. E Carla, Vito, lo ha amato da morire. Quasi quasi ci riusciva pure a morire… almeno lui glielo ha promesso un mucchio di volte: “Ti sgozzo come un porco e ammazzo pure i nostri figli” le gridava.

Mentiva, in parte. Perché in realtà l’unica a prenderle è stata Carla. E di botte ne ha viste tante fino a pensare che fossero normali e anche se lo sa che è stato il marito peggiore che potesse immaginare non riesce a sentirlo per davvero. Si può amare il proprio carnefice?

Nonostante tutto però Carla è riuscita ad allontanarsi dal marito, lei e Vito si sono lasciati. Adesso Carla vive con i suoi tre figli, due grandi e poi c’è la piccola Mara che sta per compiere tre anni. E il suo papà lo vorrebbe alla festa di compleanno… anche se la famiglia non è più unita, il regalo di una famiglia per una sera lei lo vorrebbe.

E così Carla alza il telefono e invita l’ex marito. Incredibilmente la serata trascorre tranquilla. Niente botte, niente crisi di gelosia per un sacchetto del pane diverso da solito, nessuna recriminazione per i vestiti indossati… sembravano quasi una famiglia tutti e cinque attorno al tavolo. Il giorno dopo, però, Vito sparisce.

Ha il ritmo del noir questo romanzo che però sceglie un montaggio inusuale – si parte dalla tragedia, a metà del libro si scopre il colpevole… forse – e tenta di raccontare non cosa sia il femminicidio o la violenza sulle donne, ma cose ne è di noi esseri umani quando abbiamo subito violenze, le abbiamo vissute, ci siamo cresciuti dentro. Non ci sono buoni, non ci sono cattivi, qui ci sono sopravvissuti (e non è detto che non siano pericolosi).

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2 comments

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Laura 11/04/2017 at 06:45

L’assoluta inutilità di questo romanzo. Non è un noir, perché non ne ha il ritmo; la violenza nei confronti delle donne è trattata come tema marginale e, giusto per non farsi mancare nulla, dopo 30 pagine si intuisce perfettamente il finale.

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Chiara Beretta Mazzotta 12/04/2017 at 08:23

Ah, direi che ti è piaciuto, Laura!
Parere da lettrice meno arrabbiata: non è che si intuisce il finale, il finale è dichiarato ma il punto non è quello. E non è un libro sulla violenza nei confronti delle donne ma sui sopravvissuti.
Comunque un libro inutile è un utilissimo ferma porta. Per i tavoli che ballano no, è troppo alto… ma come sotto tazza ci può stare! 😉

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