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I FOLGORATI
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I folgorati – Susanna Bissoli

I FOLGORATI
di Susanna Bissoli, Einaudi, pagine 194, anche in ebook

“Prezzare le borse mi faceva bene, le parole si mettevano in fila nella testa. Forse per via del rumore, che mi ricordava quello delle dita che battono sui tasti – tic tic tic tic tic. Ad ogni modo, dopo che mi ha assunta, a mia sorella non glien’è importato più niente della mia scrittura. Avevo scelto le borse, perciò dovevo essere coerente. Come se la scrittura fosse una scelta e non il fiume che mi scorre sotto i piedi.”

La prossima volta mi butto da un ponte, si era detta. Ma la prossima volta è adesso e pare quasi non accorgersene mentre ricomincia le cure e si fa operare e via, con tutta la trafila. Continua, come se nulla di questo fosse in discussione.

C’è da discutere invece sugli abbracci sghembi della sorella; sui regali di un padre che profuma di camomilla e pino silvestre, strappa un sorriso ogni due parole e compie gesti affettuosi ma un po’ stonati. C’è da discutere sul bisogno di solitudine che ferisce tutti quelli che si sentono inutili, fuori dai confini.

E poi c’è pure chi è vulnerabile, nonostante un lavoro che dovrebbe anche indurirti o forse renderti solo più spesso. C’è Franco, un medico, un amico, un compagno, qualcuno da cui stare durante le cure, anche se quando ti hanno detto che il cancro è tornato ha avuto un attacco di panico e gli è servita una flebo di valium. Ma non lo ami uno così?

Perché, nonostante la vita ti folgori con le sue prove, il vero stupore te lo regalano le persone. Quelle che credi di conoscere, quelle che pensi di poter incasellare.

E così scopri – tra le altre cose – che tuo padre vuole imparare a scrivere al computer perché “alla fine, dai, è come un microonde, piuttosto comodo se sai cosa metterci dentro”. E lui sa cosa metterci dentro, eccome! Storie e storie che negli anni ha scritto con pazienza a mano.

E così rimpari a conoscere qualcuno attraverso le parole, le sue, le tue. E rimetti a posto i pensieri. Colmi i vuoti di una famiglia un po’ a metà, o forse no, li tieni vuoti perché è così che sono.

Ho iniziato a leggere cercando di uscire dalle pagine alla svelta, perché la malattia di Vera gli attacchi di panico li fa venire a me. Ma sono precipitata nelle sue parole alla svelta e mi ci sono accomodata. Non comoda, in effetti, un po’ sul chi va là, come quando ti siedi in pizzo sulla sedia pronta ad alzarti e a andare via. Ma sono rimasta.

Leggendo ho pensato che noi siamo un mondo e per quanto possiamo essere liberi e indipendenti, dipendiamo da chi abita con noi questo spazio. Concesso o occupato, non importa.

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