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Raul Montanari: volevo essere Bobby Fischer

La storia di un esordio oggi ce la racconta Raul Montanari, traduttore e scrittore, lavora con le parole (editoria, cinema e teatro) da un quarantennio; autore di oltre venti libri tra romanzi, raccolte di racconti, saggi e raccolte poetiche, dal 1999 gestisce l’omonima scuola di scrittura milanese che ha sfornato un notevole numero di autori pubblicati e di successo. 

La storia dei miei inizi di scrittore è molto diseducativa, ma questo si spiega con il fatto che sono più vecchio e ho cominciato a scrivere molto prima della maggior parte delle persone che sono già intervenute qui.

Da bambino avrei voluto fare il caldarrostaio; in seguito mi interessai al mestiere di tramviere, poi di avvocato, ma soffrivo di abbassamenti di voce e non mi vedevo a fare arringhe torrenziali come Perry Mason. Infine, fra i 13 e i 15 anni, il grande sogno della mia vita: diventare un campione di scacchi e vivere di quello. Riuscii ad arrivare al livello dei campionati italiani juniores, ma i miei maestri mi spiegarono che non avevo abbastanza talento per andare oltre. Quindi mi rassegnai ad aspirare a diventare uno scrittore. Se questo inizio vi sembra poco romantico, se vi indignate all’idea che la letteratura possa essere un ripiego, tenete presente che Luca Doninelli (uno dei più grandi scrittori italiani) ha raccontato più volte di aver deciso di diventare un autore letterario dopo aver scoperto che non riusciva a suonare Stairway To Heaven come Jimmy Page. Dato che vengo da una famiglia pressoché indigente (papà impiegato, mamma casalinga, soldi pochi, conoscenze meno di zero) dovetti anzitutto pensare a procurarmi da vivere, e questo avvenne con lezioni private di italiano, latino e greco, e con due anni molto belli in una grande agenzia pubblicitaria milanese, l’85 e l’86. Dopodiché mi licenziai e cominciai a tampinare gli scrittori, con il mio mazzo di racconti scritti con la Lettera 32.

Questa è la parte diseducativa, perché sconsiglierei a chiunque di cercare di farsi leggere dagli scrittori, oggi. E che scrittori! A interessarsi alle mie cose e aiutarmi furono, più o meno nell’ordine, Antonio Porta, Milo De Angelis, Giovanni Testori, Aldo Busi, Giuseppe Pontiggia. Avevano tempo di farlo, di occuparsi di un perfetto sconosciuto, perché non c’era ancora l’assedio spaventoso di manoscritti che c’è adesso. E infatti da molti anni nemmeno io, che non mi chiamo Busi o Testori o Pontiggia, ho tempo di leggere gli esordienti, fuori dal rapporto professionale che ho con gli allievi della mia scuola di scrittura.

C’è anche da dire che il mio approccio era un tantino più rispettoso di quello che molti avevano e hanno. Prima di incontrare un Testori o un Busi ci si prepara sulla sua opera come se si dovesse sostenere un esame, no? Ci si mette almeno in grado di dargli la nostra attenzione in cambio della sua, di poter parlare con lui dei suoi libri e dirgli qualcosa di intelligente. Si ama questo autore, prima di aspettarsi di essere amati da lui. Non vi pare logico? Be’, non lo fa quasi nessuno.
In ogni caso, curiosamente, l’esordio arrivò prima e non fu dovuto a costoro.

Il mio primo racconto venne pubblicato nel 1987 ed era stato scritto 7 anni prima, quando avevo vent’anni. Lo considero l’esordio vero e proprio perché un importante critico mi raccontò, in seguito, che quel racconto di sole 3 pagine aveva impressionato molto e mi aveva “messo sulla mappa”, come si dice: a quel punto ci si aspettava che prima o poi avrei pubblicato un romanzo, e questo avvenne poco tempo dopo.

Ma torniamo all’esordio. Era fine ’86 e avevo mandato i miei racconti al premio Calvino Opera Prima. Qualche mese dopo, inorridito, leggo un articolo su “Repubblica” in cui si dice che quell’anno i giurati avevano deciso di non assegnare il premio perché il livello qualitativo delle opere ricevute era troppo scarso. Io m’incazzo, ne deduco che non mi hanno nemmeno letto (che presuntuoso! Però avevo ragione) e scrivo a quello che allora era il direttore artistico del premio, Goffredo Fofi, protestando.

Con indicibile umiltà, Fofi mi risponde e si scusa. Ammette la possibilità che la lettura non ci sia nemmeno stata e fa un’autocritica amara sulla decisione di non premiare nessuno, che col senno di poi gli sembra insensata. Mi promette che guarderà le mie cose, quando avrà tempo, e semmai si farà vivo lui.

Passano di nuovo alcuni mesi, è ormai l’87 e arriva la telefonata di Fofi: “In generale non mi piacciono tanto, ma ce n’è uno che è un capolavoro. Te lo pubblico sulla mia rivista, Linea d’Ombra, a novembre”. Linea d’Ombra allora aveva un prestigio paragonabile a Nuovi Argomenti, e quella prima pubblicazione fu lo spiraglio decisivo per entrare in quel mondo, alla cui porta battevo da quando avevo capito che non sarei mai stato il Bobby Fischer italiano.

Il resto della trafila, al confronto, fu così facile che non sto neanche a raccontarlo: c’erano voluti 7 anni per pubblicare un racconto, ne bastarono 3 per far uscire il primo romanzo e in seguito i tempi andarono accorciandosi sempre più.

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5 comments

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lavolpeviola 14/10/2013 at 12:34

Bello aver esordito in un momento storico culturale, dove la gente leggeva ancora cose qualitativamente superiori. Ora i lettori che vorrebbero qualcosa in più, trovano per la maggior parte libri che parlano di shopping, di amori “rosa”, di libri erotici che tutto sono tranne che erotici, e ora c’abbiamo anche i T-Rex che fanno la “corte” a Milf annoiate. E’ una gran fatica trovare libri che valga ancora la pena di leggere. Non di meno, è deprimente per noi stupidi aspiranti scrittori, assistere a un mercato che non guarda più tanto al messaggio e alla qualità e originalità della scrittura ma solo alla moda del momento che fa vendere di più. Che dire? Bravo Raul, bravo Muzzopappa, brava Rubino e tutte le persone che lottano con tenacia e amore per farci leggere quel qualcosa in più! In bocca al lupo a chi scrive sul serio.

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sandraellery 14/10/2013 at 16:31

Bellissimo il commento qui sopra, grazie. Meno male che c’è Chiara che scova per noi i libri belli ancora in circolazione, dai ce ne sono, nascosti ma ci sono. In quanto a Montanari, be’ lo conosciamo tutti e ora conosciamo anche il Raul-pre-successo. baci

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Chiara Beretta Mazzotta 14/10/2013 at 17:40

Che dire se non: grazie a voi.
(Comunque la letteratura rosa con i T-Rex supera ogni mia peggiore previsione 😉 )

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delly 15/10/2013 at 02:50

ma è una serie su come hanno esordito i vari scrittori? bello

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Chiara Beretta Mazzotta 15/10/2013 at 09:44

Ciao Delly,
sì, visto che si parla poco del “prima” e che molti (tipo gli editori a pagamento) dicono che se non paghi e/o hai santi in paradiso non pubblichi, ho deciso di raccogliere le storie di come è andata per chi, invece, ce l’ha fatta.
Ogni lunedì troverai una nuova storia…
A presto!

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