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Antonio Menna: ma ho esordito?

La storia di un esordio. Ce la racconta Antonio Menna. 

Quando mi hanno chiesto di raccontare il mio esordio letterario, la prima cosa che mi sono chiesto è: ma ho esordito? Non ne sono convinto.
Certo, ho pubblicato. Il delirio di un me solo alla scrivania che crea personaggi, e li fa interagire, li porta al mare, oppure a morire, gli mette in bocca parole, nelle mani oggetti, quel delirio lì, di un me solo alla scrivania, è diventato qualcosa d’altro. È diventato il delirio di un altro in poltrona che legge, fa entrare quei personaggi nella sua vita, si domanda, ride, si diverte oppure chiude, forse, il libro indispettito pensando “ma questo che vuole?”.
Ho pubblicato, certo. E quindi ho esordito ma sentirò di averlo fatto davvero quando guardandomi indietro vedrò un’Opera, perché oggi un libro ce l’hanno tutti, ma un’Opera no. Tutti sono autori di qualcosa, ma non scrittori. Io ho esordito come autore, certo, ma come scrittore prendo ancora il latte alla mammella – cioè sono lettore, e soprattutto lettore di scrittori –  e ambizioso di scrittura, e forse non esordirò mai.

Allora vi racconto il mio esordio come autore, non come scrittore, ed è nato così, un poco alla volta, tra alti e bassi, poco alti, molto bassi.
Nel 2005 mandai un racconto a un concorso dal nome il “Racconto nel cassetto”. Un concorso serio, molto partecipato, con una giuria popolare che seleziona i dieci finalisti e una giuria di qualità (tre scrittori) che seleziona la terna di vincitori. Vi partecipano mediamente almeno mille racconti, ogni anno. Io fui, con mia enorme sorpresa, subito selezionato tra i dieci finalisti ricevendo, poi, una menzione speciale dal presidente della giuria di qualità, lo scrittore Giuseppe Montesano. Il racconto fu pubblicato in un’antologia. Due anni dopo partecipai di nuovo, e arrivai di nuovo tra i finalisti, e poi terzo. Nuova pubblicazione, questa volta in un volumetto singolo, con il racconto premiato, più un altro mio inedito.

Successivamente ho partecipato ad altri concorsi, avendo cura di selezionarli tra quelli che mi sembravano affidabili, seri, con molti concorrenti e una giuria di valore. Mi sono sempre classificato bene: ho vinto “Letti in un sorso” (organizzato dalla casa vinicola Santa Margherita e dalle librerie Feltrinelli), sono stati finalista a “Parole in corsa” e a “Lama e trama”. I racconti sono stati pubblicati nelle antologie dei premi.

Il primo romanzo l’ho pubblicato nel 2007, con una piccola casa editrice toscana, Cicorivolta edizioni. Non ho pagato nulla. La precisazione sembrerà ovvia ma è necessaria. L’editore ha fatto un investimento in proprio, credeva nel libro e l’ha sostenuto. Naturalmente con i pochi mezzi che la piccola editoria ha nel nostro Paese. Come sono arrivato a Cicorivolta? Per intercessione di un altro scrittore, Fabrizio Bianchini. Siamo capitati insieme in finale in un concorso per racconti. Lui dopo aver letto il mio, mi ha scritto facendomi i complimenti e chiedendomi se avevo scritto storie più lunghe. Gli dissi di sì, avevo un romanzo, e glielo mandai in lettura. Gli piacque e ne parlò al suo editore, Cicorivolta, appunto, che mi propose un contratto. Una bella edizione, ma con tiratura bassa e scarsa distribuzione, purtroppo; il libro ebbe buone critiche e anche una proposta di contratto da un editore più grande, Newton & Compton, che voleva ripubblicarlo. La cosa, poi, pur firmato il contratto, non andò in porto, e il libro è rimasto lì. Intanto, Cicorivolta mi chiese un nuovo romanzo, e io firmai il contratto senza ancora averlo scritto. Ci lavorai intensamente, il romanzo uscì nel 2009. Ci fu un buon riscontro ma non eccezionale. Fu in quell’occasione, però, che conobbi un’agente molto attenta, competente, seria che aveva letto i due libri, e mi chiese di scrivere ancora, di insistere, perché, secondo lei, c’era la possibilità, con un libro non ancora edito, di proporsi con successo ad un editore più grande e guadagnarsi più spazio, più attenzione.

Ho cominciato, così, a scrivere un nuovo romanzo, che però non ha mai trovato la fine. E’ ancora lì, in attesa. Nel frattempo è successo altro.
È successo che un giorno di ottobre del 2011, un breve racconto pubblicato sul mio blog ha avuto un incredibile successo sul web: circa 400mila lettori in tre giorni, più di 10mila condivisioni sui social. Una piccola storia paradossale, provocatoria, che parlava di uno Steve Jobs nato a Napoli. Del racconto, tre giorni dopo, parlò addirittura Le Monde. Pensai che forse quel racconto poteva essere sviluppato su un cammino più lungo, e diventare un romanzo. La stessa idea venne anche a un editore napoletano che mi contattò e mi disse che lui era pronto a pubblicarlo, se lo avessi scritto. Ne parlai, però, prima con l’agente, che mi disse fermati, possiamo proporre l’idea a un editore più grande. Buttai giù una scaletta, una sintesi della trama, e l’agente fece il resto. Tempo tre giorni e firmammo il contratto con Sperling & Kupfer. Un contratto senza ancora il romanzo. C’era il post, c’era una scaletta, c’era l’idea, c’era anche una scadenza perentoria. Mi misi al lavoro, consegnai il testo nei tempi giusti. Il libro è uscito tre mesi dopo ed è andato molto bene: quattro edizioni, migliaia di copie vendute, una ristampa in tascabile. E’ arrivato il contratto anche per un secondo libro, uscito a marzo del 2012, con meno successo.

Eccoci qui. A conti fatti ho pubblicato quattro romanzi, un volumetto di racconti, e altri racconti sparsi in antologie. Ma sento di non aver ancora esordito del tutto. Non so quando accadrà, e se mai accadrà.
Forse esordirò con l’ultimo libro.

Antonio Menna

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10 comments

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Daniela 21/10/2013 at 12:54

Ecco. Io non ho pubblicato nulla, forse non succederà, ma in questo tuo post Antonio c’è riassunto chiaramente quello che da anni dico e “sento”: pubblicare non è per me essere uno scrittore ma essere un autore. Ho capito però che senza il primo il secondo non può esistere. E capisco anche che tanti si imbrodano e sbrodano quando semmai, devono solo asciugarsi le gocce di latte. Grazie, davvero.
Buono studio/lavoro e giornata.

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Aldo Costa 21/10/2013 at 15:50

Non faccio fatica a immedesimarmi e trovo molto, ma molto carino, da parte dell’autore non aver citato i titoli dei suoi romanzi. Una delicatezza che ricompenserò andandomeli a cercare.

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Chiara Beretta Mazzotta 21/10/2013 at 15:57

(Io li ho messi nei tag… ma è una mia iniziativa!)

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sandraellery 21/10/2013 at 20:51

oh ma io il raccontino dello Steve Jobs napoletano lo ricordo bene, girava non so come, c’era sempre qualcuno che te lo leggeva/mostrava. Pazzesco davvero pazzesco, gli esordi sono di tutti i tipi, anche i non-esordi! : )

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maurizio 26/10/2013 at 11:45

Due domande, se posso: volevo sapere il nome dell’agente seria e quante sono, più o meno, le “migliaia di copie” del cartaceo. Questa mia curiosità è solo per raffrontare il dato ai quattrocentomila lettori (in tre giorni) della versione online, un numero pazzesco, incredibile, strabiliante (e non solo in questi tempi di vacche magre)
Non voglio impicciarmi! 🙂

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antoniomenna 26/10/2013 at 20:28

ciao, Maurizio. L’agente è Loredana Rotundo. Le copie, al momento, sono circa 15mila.

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Chiara Beretta Mazzotta 26/10/2013 at 21:07

(Grazie, Antonio!)

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sarah 16/08/2015 at 11:30

molto interessante leggere questa intervista, non so se esista davvero la differenza tra autore e scrittore, credo che per alcune persone sia quasi una necessità dover raccontare delle storie. Se non lo fai ti senti in colpa, se lo fai ti senti bene, è quasi una droga che non distrugge ma rafforza. Anche io ho avuto da poco la mia prima esperienza con Cicorivolta , positiva direi, ed anche per me è stato casuale arrivare a loro. Trovare qualcun altro che è riuscito a realizzare un sogno difficile , visto che oggi si legge poco, aiuta a credere che forse è possibile!

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Chiara Beretta Mazzotta 18/08/2015 at 23:52

Per me la differenza esiste. Le parole sono importanti.
Sono i lettori che decretano gli scrittori, alle volte non si è d’accordo. Alle volte è il tempo. E io la chiamo letteratura. Il resto? Voglia di scrivere e raccontare. Preziosa. Ma essere autore e essere scrittore sono due cose ben diverse. In bocca al lupo!

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Cornetta Maria 14/04/2016 at 20:20

Il grande scrittore sa rendere interessanti anche le banalità, al contrario, il “parolaio” riesce a banalizzare anche ciò che è interessante. Io sono uno dei molti talenti senza gloria e, pur essendo una scrittrice “conclamata”, il mio viaggio nella psiche della gente che incontro ( “i miei libri” come li definisco io) non è terminato. Vorrei pubblicare una serie di caratterizzazioni molto originali, che spaziano dal genere romantico a quello ironico, dal drammatico al surreale…genere misto, come la vita, come le singole personalità. Tutto questo si riassume in una sola parola: umanità, il sentimento che domina le mie storie e le rende uniche. Se vi sembro presuntuosa, perdonatemi. Vi lascio con un mio aforisma: la falsa modestia è la superbia travestita da virtù…

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