Jacopo Cirillo di Finzioni per minimum fax tiene “Come creare un blog letterario di successo” un corso per futuri lit-blogger. Una follia? Una furbata spenna pivelli?
Tempo fa un professore – uno di quegli eroi che insegna letteratura con un tweet, parla di storie e scrittori cercando di instillare passione – mi ha scritto una mail chiedendomi di tenere una lezione alle sue allieve. Voleva che raccontassi loro i trucchi per scrivere una recensione.
Nulla di strano. Scrivere un pezzo (dalla cellulite ai buchi neri) è complesso, divulgare informazioni lo è. Raccontare un libro non fa certo eccezione. Bisogna avere gli strumenti e un poco di mestiere. E non mi stupisce che ci sia un corso per imparare a farlo.
Però, se il corso si rivolge ad aspiranti lit-blogger, mi stupisco eccome. Per il “lit”, non per il blogger. In Italia, su cento persone, abbiamo 4 lettori e 96 non lettori. Chi parla di libri si rivolge a pochi, anzi, in pratica parla al vento. Non ci si guadagna un euro. O si fa da soli (ammazzandosi di lavoro) o si “sfrutta” inevitabilmente il lavoro/il tempo/la passione altrui. In questa Chernobyl ecco che Jacopo Cirillo – fondatore di Finzioni Magazine, sceneggiatore per Topolino e autore – per l’editore mimum fax terrà proprio un corso per chi desidera creare un blog letterario.
Perché diavolo ti sei ficcato in questa situazione, Jacopo?!
È andata così: minimum fax organizza dei corsi a Bologna e ha pensato di farne uno sui blog letterari: cosa sono, cosa sono stati, cosa saranno, cosa fanno, come sono e come si mettono in piedi da zero. Tutte informazioni tutt’altro che banali per chi non li legge o non ci ha mai ragionato troppo sopra. Mi hanno contattato e mi hanno chiesto di tenerlo. Io ho accettato molto volentieri, perché Finzioni l’abbiamo costruito da zero sei anni fa e abbiamo imparato molte cose, provando, sbagliando e riprovando. Poi, certo, non bisogna essere laureati in astrofisica per farsi un template con WordPress o decidere una linea editoriale, tuttavia un po’ di cose da sapere ci sono e io sono lì per raccontarle, a partire dalla mia esperienza e da quello che ho visto in questi anni. Non sono un professore che rivela i segreti nascosti dei lit-blog, semplicemente uno che racconta che cosa ha fatto, come l’ha fatto e prova a sistematizzare quello che ha imparato, prendendo in considerazione tutti gli aspetti possibili, positivi e negativi, nei rapporti con i lettori, i collaboratori e le case editrici.
Da lit-blogger sai bene che è un lavoro che si fa per passione, soldi zero. Non si dovrebbe dare prima dignità al mestiere del recensore/critico/redattore, al lavoro culturale in genere prima di formare qualcuno?
Chi decide di aprire un blog letterario non lo fa per guadagnare soldi, non avrebbe senso. Tra l’altro, parlare di “blog di successo” non significa certo parlare di guadagni, presenti o futuri che siano. Si può aprire un blog letterario per divertirsi, per polemizzare, per farsi un nome nel mondo dell’editoria, per ingrossare il proprio curriculum, per avere libri gratis, per far colpo sugli amici, per avere un argomento di conversazione in più o per mille altri motivi. E non mi sento di dare giudizi di valore a riguardo.
La dignità al mestiere del recensore/critico/redattore gliela diamo tutti noi che da anni scriviamo di libri nel nostro tempo libero, che ci impegniamo a postare contenuti di qualità, diffondere la voglia di leggere e consigliare i nostri libri preferiti. E lo facciamo tutti i giorni. Senza lamentarci troppo. Che poi questa dignità venga riconosciuta da terzi (l’editoria? Il pubblico? I giornali? Gli autori? Gli intellettuali?) è una necessità, certo, ma è anche un altro discorso, poco attinente con il corso.
Poi non ne farei una questione diacronica: prima dignità e poi formazione. Anche perché in 10 ore di seminario – confrontate con anni di esperienza – non parliamo certo di formazione vera e propria, quanto di competenze e capacità propedeutiche.
Ma poi, da quando in qua uno si iscrive a un corso e ha come unico scopo quello di fare soldi? Da quando i corsi servono (e sono legittimi) solo se hanno un ritorno economico immediato? Magari dal corso uno impara a fare un sito su WordPress o impara a usare google drive e dropbox per condividere i file o i google group per gestire una redazione da remoto e sono quelle competenze, e non il blog letterario in sé, ad aiutarlo nel suo lavoro, che magari non c’entra nulla con la letteratura.
Quello che non capisco, anche dalla polemica che è venuta fuori, è: chi mai ha parlato di guadagnare? Chi mai ha promesso agli aspiranti lit-blogger che faranno soldi? Semplicemente, visto che è una possibilità (anche se remota), è stata contemplata nel programma del corso. Che poi sia giusto che il lavoro culturale venga remunerato è sacrosanto, ma stiamo parlando d’altro.
Cosa si aspetta miminum fax? Perché un editore si interessa alla formazione dei lit-blogger? Ne vuole di più competenti, ne vuole di compiacenti?
Questo deve dirlo minimum fax, non io. Non voglio certo parlare per loro. Quello che non capisco è che differenza ci sia tra un seminario sui lit-blog e un corso di scrittura creativa. Non credo che tutti i partecipanti a un corso di scrittura creativa si aspettino – anzi, pretendano, visto che hanno pagato – di scrivere un libro e guadagnarci. Alcuni, certo, ci provano, altri magari vogliono solo imparare a scrivere meglio le lettere alle loro fidanzate. Se poi non ce la fanno, non penso che la colpa sia del corso che hanno seguito.
Io penso al blogger come a un cane sciolto. Preparato, appassionato, uno che se la deve vedere con un pubblico di lettori esigente che concede poco e pretende onestà, trasparenza. Uno che magari sfrutta le proprie competenze lavorative (è un giornalista per esempio) ma che in rete si permette il lusso di essere libero. Qualcuno che, più in generale, vuole trasmettere un sapere, condividere dei contenuti che hanno per lui valore, sono tanto preziosi da giustificare il suo impegno, la sua militanza. Uno così frequenta un corso? Tu a chi ti rivolgi?
Hai appena descritto la figura di qualcuno che potrebbe tenere il corso, non parteciparvi. Io mi rivolgo a chi non è un lit-blogger, a chi non sa bene cosa sono e cosa sono stati siti come Carmilla o Nazione Indiana, a chi non ha mai scritto una mail a un ufficio stampa, a chi non sa cos’è e come si costituisce un’associazione culturale e a chi non è mai stato coinvolto in una polemica su Facebook riguardo a un certo corso sui lit-blog.
C’è bisogno di altri 30 lit-blogger?
Anche in questo caso, non credo che sia questa la domanda giusta. Non ce n’è “bisogno”, anche perché il bisogno di cui parli implica un ragionamento di spartizione di risorse che, come hai fatto notare prima, scarseggiano. Se la metti invece su un piano culturale, ben vengano altri 30 o 300 lit-blog. Io penso che la letteratura non sia fatta dai libri ma dai discorsi sui libri. 30 lit-blog in più fanno letteratura, e mi sembra una bella cosa. A meno che non si intenda la blogosfera, o internet in generale, come un posto troppo piccolo in cui bisogna sgomitare per entrarci.
Il titolo del corso è “Come creare un blog letterario di successo”? Di che successo parli? Di sicuro non di soldi. Parli di influenza? Di visite? Di aumentare il numero di lettori? Smuovere copie? Di soddisfare il proprio ego? Ottenere visibilità?
No, non parlo di soldi, non ho mai parlato di soldi. Il successo principale di un blog letterario, secondo me, è la sua sostenibilità nel tempo. Mantenere, o addirittura alzare la qualità di quello che si scrive per anni, avere persone che ti leggono, che commentano, che interagiscono, imparare a scrivere e soprattutto a leggere libri. Un blog letterario di successo è un blog che non chiude dopo sei mesi perché nessuno ha più voglia di scriverci, “visto che tanto non ci sono soldi”.
In rete non sono mancate le domande e le critiche, penso a Gaia Conventi di Giramenti, per esempio. Deontologia professionale, la libertà del blogger (quindi il complicato rapporto con gli editori), la questione dei soldi e dei pagamenti ai collaboratori, la trasparenza di chi fa questo mestiere… Cosa rispondi alle critiche? Quali obiettivi ti poni?
Le critiche e le polemiche in rete e su facebook mi hanno un po’ stupito perché, a parte qualche attacco diretto alla mia persona (irrilevante, ovviamente), si è finito subito per parlare di soldi. Il tutto solo perché un punto del programma si intitola “pagare i collaboratori?”.
In un seminario in cui si parla a 360 gradi di come funziona un blog letterario, mi sembra una domanda più che legittima, una domanda che non si può non porre. Anche perché se io guadagnassi soldi da Finzioni, li dividerei con tutti quelli che ci scrivono. Visto che non ne guadagno (anzi, tra il dominio, la grafica e altre cose sono pure sotto di qualche migliaio di euro), non ho nulla da dividere.
E poi, insisto: è così strano pagare per un corso? Dovrebbe essere gratis? Se non sei d’accordo con l’idea di base allora ok, dimmi che il corso è una cazzata e non serve a niente. Ma gratis? Tutti i corsi a pagamento sono tali solo perché ti danno in cambio un sicuro introito? Io credo proprio di no. Come credo che chi si iscriverà non si aspetterà certo di fatturare dal giorno dopo. Come credo che chi non fatturerà dal giorno dopo non darà la colpa al corso.
Il senso del seminario verte su tutt’altro: dare i rudimenti per mettere in piedi un progetto a partire dall’esperienza che mi sono fatto mettendo in piedi Finzioni. Questo è quello che voglio raccontare.
Un’ultima cosa sul post di Gaia Conventi. Lei sostiene che l’Editoria voglia mettere le sue grinfie sulla libertà di pensiero di “noi cavalli pazzi”, citando punti del programma come «Linea editoriale: come parlare di libri e a chi» e «Recensioni: cosa fare e cosa non fare».
Ecco, qui c’è un grosso errore di comprensione. Intanto io non sono l’editoria e l’editoria non mi ha detto che cosa mettere nel programma. In più, quando parlo di linea editoriale parlo dell’importanza di averne una, non quale linea editoriale nello specifico. Quando parlo di cosa fare o non fare nelle recensioni, parlo di aspetti stilistici e di contenuto, non di leccare il culo a minimum fax e ai suoi libri. E per aspetti stilistici e di contenuto, per esempio, intendo non raccontare tutta la trama per filo e per segno, non scivolare in una critica letteraria da vecchi tromboni e di stilemi come “la dimensioni icastica della scrittura” o “il periodare arioso”. Poi, certo, ognuno scrive come vuole, semplicemente io dico la mia.
Ringrazio Jacopo per aver risposto alle domande. Ci sarebbe di sicuro molto altro da dire, per approfondire il dibattito lunga vita ai commenti! Sono certa che ne approfitterete.
30 comments
Scusa Jacopo, ma dato che sostieni che da nessuna parte si è mai parlato di “Fare soldi” sono davvero curioso di sapere cosa pensi del punto 9 del programma del tuo stesso corso.
Holden, essendo un aspetto inerente a un discorso ampio sui blog letterari, è un tema che va trattato. Mi sembrerebbe ridicolo parlare di lit-blog per 10 ore e non affrontare anche quell’argomento. Ma da qui a farne il perno di tutto il discorso ce ne passa. Essendo un programma articolato per punti e non un saggio, il punto 9 si intitola “fare soldi” per indicare una serie di ragionamenti attorno alla possibilità di guadagnare con un blog. Non alla promessa, non alla probabilità di farlo, ma alla possibilità.
Le risposte tutte legittime. C’è soltanto un grave errore di fondo. Il titolo del corso.
Sarebbe stato lecito chiamarlo: “Come TENTARE di creare un blog letterario di successo”. Perché queste cose confondono, come Dio.
Vedo che Holden mi ha preceduta, del resto io avevo sollevato il problema da Gaia, ieri. Comunque sono felice: ho scoperto di avere un lit-blog di successo. Non ho chiuso dopo 6 mesi e la gente con me (e dico “con me” non “grazie a me” perchè davvero il mio blog è una piazza aperta dove si interagisce molto) ha addirittura ripreso a leggere qualcosa che ho proposto. Non ho frequentato un corso, mi aprì il blog mia sorella 4 anni fa, io ero a zero proprio e piano piano mi sono fatta conoscere e apprezzare. Ho frequentato invece molti corsi di scrittura creativa, e Jacopo ti garantisco che tutti i partecipanti aspirano a pubblicare un libro. Grazie per lo spazio a Chiara e a Jacopo per la presenza.
@marco hai ragione, ma secondo questo ragionamento qualsiasi corso dovrebbe aggiungere il “tentare” nel suo titolo. Facendo l’esempio di un altro corso in programma, quello di Carola Susani “Scrivere un libro”, il titolo giusto sarebbe “Tentare di scrivere un libro”, e così via.
@sandra non ho mai frequentato un corso di scrittura creativa, ma se tutti i partecipanti aspirano a scrivere un libro, chi poi non ce la fa (e immagino sia la maggior parte) dovrebbe lamentarsi del corso e del fatto che l’ha pagato?
Può essere caro Jacopo,, ma non sono tra questi.
Secondo me l’errore più grave del titolo è stato intitolare il corso “Come creare un lit-blog di successo” invece che “Come creare un lit-blog di qualità”, ché è di quella che c’è bisogno nei lit-blog. Ma capisco che il successo abbia più successo della qualità.
Ma comunque niente, auguro al corso tanta fortuna (anzi, successo) e suggerisco di aumentare la quota di partecipazione, per le prossime volte. Per chi segue questi corsi 320 euro sono troppo pochi.
@Holden visto che a questo punto mi sembra chiaro che di soldi da guadagnare non ce ne siano, il successo di un blog, se non può essere economico, risponde a criteri di sostenibilità nel tempo e di qualità. Visto però che la qualità dipende molto dalla persona e dalle persone che tengono il blog, l’idea è quella di dare gli strumenti (soprattutto tecnici e organizzativi, cioè 9 punti del programma su 10) per mettere su la baracca.
E ti ringrazio per l’augurio di successo, la prossima volta vedremo di aumentare i prezzi, visto che, come giustamente immagini, sono io a decidere la quota d’iscrizione.
Non ho idea di chi decida le quote d’iscrizione, sorry, non ho mai partecipato a corsi né come conferenziere né come ascoltatore.
Al di la di quello che uno possa pensare del corso, bello o brutto, giusto o sbagliato, trovo che l’idea che, per forza, una persona si iscriva (a pagamento) a un corso solo per ricavarne in futuro un introito pecuniario mi pare alquanto balzana. Inoltre mi è piaciuta la voglia di Jacopo di metterci la faccia e di rispondere in maniera trasparente.
“Tutte informazioni tutt’altro che banali per chi non li legge o non ci ha mai ragionato troppo sopra.”
Cioè, non scusate, non ho capito, ma “per chi non legge” cosa? Libri? (quindi un lit blog è inutile); Internet?(e allora che si apre un lit-blog a fare)?
E poi, l’argomento soldi… vabbe’…
@stranoforte se vogliamo trovare sempre il cavillo lessicale per alimentare la polemica e finiamo le frasi col vabbè… senza argomentare non la finiamo più, su. Mi sembra perfettamente plausibile che esistano lettori di libri che hanno voglia di dire la loro su quello che leggono ma non hanno gli strumenti per farlo (wordpress, organizzazione di una redazione, tool come google drive, google analytics, google groups eccetera), anche se stanno su internet. Tutto qui. A meno che, visto che ho nominato tre servizi di google, non si pensi che il corso sia sponsorizzato anche da Page e Brin.
E l’argomento soldi. Vabbè in che senso? Se dobbiamo parlare di tutti gli aspetti di un blog, bisogna tralasciare l’argomento soldi? E poi: soldi guadagnati da un blog o soldi spesi per il corso? Non capisco.
Il cavilo lessicale? Non mi pare, se poi dire la propria equivale ad alimentare la polemica”, la chiudo qui, non vorrei che le voci fuori dal coro siano scambiate per provocatrici.
Sui soldi, visto che la struttura del programma lascia intravedere uno spiraglio di guadagno, idem, taccio.
Non hai detto la tua, hai semplicemente fatto finta di non capire (il “li” si riferiva ai blog letterari, se la grammatica non è un’opinione) e poi hai scritto vabbè…
Io non la chiamerei una voce fuori dal coro, visto che di fatto non hai detto nulla. E visto che di cori, qui, mi sembra non se ne vedano.
Sui soldi, “la struttura del programma”, come la chiami tu, dunque un punto su dieci, certo che lascia intravedere uno spiraglio. Si può. E’ difficile, magari non a tutti interessa, magari molti pensano che sia immorale guadagnare da una cosa sacra come la passione per la letteratura, ma di fatto si può. E parlare della possibilità – e magari anche solo dell’impossibilità – mi sembra un dovere di completezza per un corso.
E mi fanno ridere tutte queste congetture su un corso che non c’è ancora stato; io, dalla lettura di un semplice programma non darei tutte queste sentenze, come non giudico un libro dal suo indice.
Il grande problema è che in Italia non abbiamo un’intelligenza collettiva educata ad accettare il fatto che per avviare un’impresa culturale occorre investire soldi (e un blog letterario è, a suo modo, un’impresa culturale). E lo è anche un corso che ti spiega come metterlo in piedi.
E così giù a trovare cavilli.
Inghippi.
False promesse.
L’idea di organizzare un corso di questo tipo è valida e stimolante. Sempre che poi qualcuno non si offenda per dover sborsare qualche centinaio di eurini per acquisire competenze in questo settore.
Io mi formo, da sempre, sul web.
In particolar modo sono iscritto a decine di newsletter (soprattutto in lingua inglese), cercando – anzi, TENTANDO – di imparare dai migliori (che in termini pratici sono quelli che riescono a farsi leggere da un pubblico ampio). Certe volte investo qualche eurino (eBook, webinar) altre volte lo faccio gratis. Ad oggi non avevo mai preso in considerazione l’idea di partecipare a un corso su come aprire, e gestire, un blog letterario. Forse perchè non sono proprio o a digiuno, diciamo cosí.
Comunque in bocca al lupo.
Intelligenza collettiva? No, grazie, preferisco mantenere una mia personalità ed eventualmete confrontarmi con altri.
Ecco, appunto. Non hai detto la tua, ma hai semplicemente fatto finta di non capire.
Il titolo del corso è sbagliato, imho. Doveva recitare così: “Come creare un blog letterario che faccia lievitare le vendite di Alkaseltzer”.
L’Alkasektzer? Eh, certo, le vendite di Alkaseltzer lievitano per forza. Serve per digerire tutta la robaccia che pubblicano 😉
(Grazie per i commenti, gli interventi, le risposte di Jacopo… e per non esservi accapigliati troppo!)
Chiara… se vuoi rimedio subito… 😀
Te fai il bravo fai! 😉
Scherzi a parte. Sono felice di aver fatto le domande e sopratutto sono curiosa di vedere l’evoluzione del corso. Inutile dire che, alla fine del seminario, sarà un piacere intervistare qualche partecipante.
Certo. Sarebbe anche interessante vedere il post-corso, ossia i lit-blog che nasceranno.
Per caso vi rode che qualcuno ci ha pensato prima do voi? Oppure perché non hanno chiamato voi con i vostri blog a tenere il corso? Avete scritto solo parole al vento.
“Che te batte er core o te rode er culo!?” Perla romanesca che si può elargire dinnanzi a un coinvolgimento sentito. Qui “batte er core”, suvvia. E no, non liquiderei il botta e risposta come “parole al vento”, di questioni interessanti ne sono emerse. Questioni e persone, pure nomi e cognomi. Ah, i nomi e i cognomi 😉
Non vi hanno interpellato, quindi traete le considerazioni sull’utilità dei vostri blog. Buon rodimento.
Grrrrrrr. Ahahahaha
http://www.noquarterusa.net/blog/wp-content/uploads/2012/02/troll-away.jpg
Complimenti ottimo post come sempre! 🙂
L’esperienza poi come si è rivelata ?
Lo chiediamo a Jacopo! È passato ormai parecchio…
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