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Un, due, tre… Strega! # 1

Pensavate mi fossi dimenticata? Eh, no! Tempo fa ho impavidamente annunciato che avrei detto la mia sulla dozzina dello Strega come un serio lit blog (cosa che BookBlitser non è, sia chiaro, io mi occupo solo di storie, la letteratura la lascio ai valorosi). Quindi ogni settimana, fino all’11 giugno, vi toccherà sorbirvi una triade di candidati.

Partiamo dal romanzo presentato da Maria Rosa Cutrufelli e Piero come-fossi-solo-cop-h900p-XDW4JSL6Gelli: Come fossi solo (Giunti, anche in ebook) di Marco Magini di cui ho parlato qui. Confesso di aver ricevuto il libro e storto il naso. Un ragazzo che parla del genocidio di Srebrenica? Senza averlo vissuto? Parliamo della guerra in Bosnia ed Erzegovina: l’11 luglio del 1995 migliaia di musulmani bosniaci furono uccisi da parte delle truppe serbo-bosniache. Nel romanzo Magini sceglie tre differenti voci. Quella di un soldato, si chiama Dražen ed è un ventenne serbo-bosniaco. Si è arruolato per disperazione, non per fanatismo. Non è un dettaglio da poco, perché lui è stato dalla parte dei cattivi quelli che hanno fatto un massacro e ora lui è l’unico imputato in un processo per crimini contro l’umanità. E poi c’è Dirk, un olandese, lui faceva parte dei “buoni”, i caschi blu, una task-force che ahimè non ha impedito l’orrore. La terza voce è quella di Romeo González, è un giudice spagnolo e ha l’ingrato compito di dover giudicare Dražen (che è poi l’unico a essersi ribellato all’ordine di uccidere degli innocenti). Un esordio che ricorda il potere della narrativa: renderti capace di vivere e descrivere qualcosa che non ha fatto parte della tua vita (l’autore nel 1991 era solo un bambino).

Non dirmi che hai pauraProseguiamo con la storia presentata da Giovanna Botteri e Roberto Saviano Non dirmi che hai paura (Feltrinelli*) di Giuseppe Catozzella. Qui la narrativa si mette al servizio della storia, quella vera, e ci racconta la vicenda umana di Samia Yusuf Omar, ragazza somala con il talento per la corsa. La piccola Samia comincia sgusciando per i vicoli di Bondere, quartiere di Mogadiscio, e poi facendosi cronometrare dall’amico Ali. Complice una famiglia affettuosa e incoraggiante, persevera nel proprio talento. Solo che il mondo intorno a lei sta cambiando: in Somalia l’integralismo annienta speranze e dignità. Samia vive il dolore della perdita, la morte del padre e dell’amico del cuore, una sorella che parte per l’Europa. I 200 metri sono però la misura del suo sogno, sogno che inizia per davvero con le Olimpiadi di Pechino (anche se arriva ultima). Ma il primo avversario da battere è l’integralismo, quello che la costringe al burqa, le impedisce di allenarsi. L’unica via di fuga, l’unica strada per correre è la fuga in Europa. Ed ecco il viaggio, 72 ore nel cassone di un fuoristrada verso Addis Abeba, il Sudan e poi la Libia fino al mare. Su un gommone che non la porterà a Lampedusa, terra promessa per realizzare il sogno di qualificarsi e correre alle Olimpiadi. La vita di Samia finisce in quelle acque.
Catozzella ha il grande pregio di aver raccolto una storia tragica e avvincente, di aver dato voce a un personaggio femminile eroico e allo stesso tempo terreno. Non c’è retorica, altro pregio. La scrittura è cristallina, semplice che di certo non accontenta chi è a caccia di una voce, di una cifra stilistica peculiare. Ma accontenta tutti gli altri.
* Signori di Feltrinelli, fateli gli ebook. Siamo nel 2014.

E chiudiamo con il romanzo presentato da Umberto Eco e Walter Siti: Il padre infedele (Bompiani, anche in ebook) di Antonio Scurati. Dichiaro, vostro onore, di non nutrireIL padre infedele alcuna simpatia per l’autore ma dichiaro anche di aver letto il romanzo tenendo presente questo mio handicap, così da evitare di esserne travolta. Tra l’altro è la prima volta che tema e trama dello scrittore mi interessano a priori. Il soggetto è una famiglia, luogo narrativo eccellente visto che la narrativa si occupa di conflitti: un uomo, una donna e una bambina appena arrivata. Una diade che ha il gravoso compito di spezzarsi, per trasformarsi in triade. Si parla di equilibri non da ristabilire, ma da creare ex novo. E qui qualcosa si rompe: lei diventa madre, smette di essere moglie e si nega a questo lui che, come padre se la cava anche ma come marito è un impiastro… sarà forse colpa del mestiere che fa – Glauco Ravelli è uno chef – spolverata pop in un testo che di pop non ha nulla (e infatti lo chef ha studiato filosofia). Giulia si nega e Glauco si dispera. Poi però si consola grazie alle avventure (vere? Immaginarie?) con ogni donna che inciampa nella sua “disperazione”. Pero Glauco non smette di desiderare Giulia, Giulia non smette di negarsi ma neppure si lamenta per i tradimenti. Nel mezzo la piccola Anita, inconsapevole bilancia di questa contesa amorosa.
La prima sensazione irritante: hai l’impressione che l’autore non racconti una storia, ma aspiri alla sociologia. Ogni donna, dopo aver partorito, “mostra la nuca” al proprio marito, cioè non Glauco e Giulia eh, ma tutti i Lui e tutte le Lei del globo. Non voglio pontificare – c’è già l’autore per questo – ma mi pare umanamente riduttivo. La seconda: mentre leggevo (sforzandomi di zittire la voce dell’autore che ha sempre il bisogno di mostrare i muscoli, di farti vedere quanto sia bravo, colto, letterario) ho avvertito una sbalorditiva cecità. Scurati è avvolto da una pellicola invisibile che lo rende come impermeabile alle sfumature emotive. Tutto quello che vede e racconta è come bagnato in una lega di acciaio e testosterone, tutto è violentemente maschio-centrico. L’autore è cieco ai sentimenti dei suoi personaggi, al loro desiderio di raccontare la propria vicenda umana, è tutto preoccupato di dire la sua sulla condizione dell’uomo quarantenne maritato. E invece l’umanità imperfetta di Glauco, il suo dolore egocentrico che grida “io, io” più forte del pianto della piccola Anita a me interessava.

Continua…

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10 comments

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polimena 23/05/2014 at 12:49

Il motivo per cui frequento il tuo blog è proprio leggere post come questo espressione di una lettrice verace, vorace e senza peli sulla lingua! Grazie Chiara, continua così.

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Chiara Beretta Mazzotta 23/05/2014 at 12:50

Verace e vorace lo voglio come slogan 😉 Grazie!

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sandraellery 23/05/2014 at 20:58

Quindi 2 su 3. Un buon risultato in questa prima rosa. Il terzo da come dici è un po’ un’occasione mancata, spesso, troppo spesso, accade nella narrativa italiana. Al secondo faccio il filo da un po’. Bacione

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Chiara Beretta Mazzotta 23/05/2014 at 21:34

Son curiosa, del secondo, di sapere che ne pensi. E per le occasioni mancate già, ce ne sono e sono troppe.
Bacio!

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Adriano 26/05/2014 at 16:50

Di solito sto lontano dai libri “in copertina” superpubblicizzati e da quelli che vincono o partecipano a concorsi (infatti per scegliere un libro ogni volta sto 2 ore in libreria a cercare gli sconosciuti) ma il primo del terzetto mi intriga molto, ci faccio un pensierino

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Chiara Beretta Mazzotta 26/05/2014 at 17:37

Eh, capisco le reticenze, Adriano. Ma alle volte ci sono pure quelli che se li meritano i premi 😉
A parte gli scherzi, cerco di leggere senza pregiudizi. Alle volte ammetto di essere un po’ schiacciata dalla sovraesposizione mediatica… ché un libro viene a noia prima di averlo letto. Poi quando incappo in una bella sorpresa mi metto sui ceci da sola 😉
Alla prossima! E fammi sapere, se lo leggerai, come è andata.

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adrianoadriano27 03/06/2014 at 13:03

Ciao Chiara ti rispondo dato che ho avuto modo di leggerlo. L’ho trovato carino, ma mi manca un qualcosa. Non so forse l’autore avrebbe dovuto scavare più a fondo nei motivi del conflitto, che sono accennati solo superficialmente. Anche la caratterizzazione dei personaggi non mi sembra così profonda e chiara. Avrei forse cercato di allungare il testo per far entrare il lettore “nella guerra”, che così rimane poco approfondita. Non lo boccio completamente, ma mi dà tanto l’idea di “vorrei ma non posso”. Ma ovviamente la mia è solo un’opinione da povero comune mortale, non certo esperto di letteratura 🙂

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Chiara Beretta Mazzotta 03/06/2014 at 14:34

Ah, esperti in letteratura? Non sia mai! Noi siamo esperti di storie. I motivi del conflitto? Dici? Io penso volesse soprattutto raccontare le parti in causa in modo personale, non storico, ma umano.
Però sento a pelle quello che dici, tu volevi un romanzo di guerra, non il diario di chi la guerra la vive. E ci sta.
Grazie infinite per il commento, lo sai, mi fai felice se mi dici come è andata!
Alla prossima,

Chiara

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Adriano 04/06/2014 at 15:10

Oddio romanzo di guerra no, direi più vicino come idea al romanzo storico, suona meglio 🙂

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Chiara Beretta Mazzotta 04/06/2014 at 15:55

In effetti “di guerra” è minaccioso 😉
Ma ci siam capiti, dai!

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