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Se l’editore indipendente si allea con il Big

Date un occhio a questa copertina. Notate nulla di strano? Riconoscete l’editore? Se sì, osservate la firma nel centro. Il libro è di Feltrinelli ma “dentro” c’è anche il logo di Fratelli Frilli. Due editori per un solo libro, quello di Adele Marini.

Si tratta di una coedizione, pratica per cui un testo viene prodotto con il contributo di più editori.
La coedizione internazionale è un fatto piuttosto comune. Vale a dire? Due case editrici pubblicano la stessa edizione in diversi Paesi. Mettiamo, per esempio, che si tratti di un libro in lingua inglese pubblicato in Inghilterra che viene coeditato e distribuito in altri Paesi di lingua anglofona. Oppure si rende disponibile un testo nel mondo, traducendolo. La logica dell’operazione è lampante: sfruttare al meglio la rete distributiva di ciascuna realtà già presente sul territorio, piuttosto che doverne creare una ad hoc, e dividere le spese (soprattutto quando è necessaria una traduzione o il prodotto è particolarmente oneroso, come nel caso del libro illustrato).

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Gianluca Foglia
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Giulio Milani

In Italia è stata in realtà sperimentata un’altra forma di coedizione. Se infatti siete stati attenti, non vi sarete fatti scappare la collana Feltrinelli Indies, nata da un’idea di Giulio Milani di Transeuropa e Gianluca Foglia (direttore editoriale di Feltrinelli), che è appunto quella in cui è uscito Io non ci sto di Adele Marini. Tra marzo 2013 e luglio del 2014 sono stati coprodotti sette titoli: Nottetempo, Voland, Transeuropa, Nutrimenti, 66thand2nd e Zandonai, gli editori coinvolti all’inizio a cui si aggiunge, appunto, Fratelli Frilli.
Di questo progetto, però, addetti ai lavori a parte, non si è parlato granché. Basta fare un piccolo controllo in rete. E tanti lettori, forti e no, non si sono accorti di aver comprato un libro con il doppio marchio. «In effetti, non abbiamo pubblicizzato troppo la cosa» dice Fabio Muzi Falconi, l’editor responsabile per gli Indies di Feltrinelli. «Che si tratta di una coedizione però è evidente, basta guardare la copertina, il nome dell’editore è ben visibile di piatto, anche se la firma di Feltrinelli, in termini di gusto, è altrettanto palese nella veste grafica. Io credo che il lettore sia più interessato ad altro, al titolo, alla storia, all’autore… non all’editore. Comunque, abbiamo intenzione di aprire una pagina su Facebook per raccontare questo progetto e farlo conoscere meglio ai lettori.»

L’idea è semplice: un editore indipendente fa ricerca, magari scova e propone ai lettori autori e storie di qualità, ma non ha i mezzi per distribuire i suoi titoli sul territorio in modo capillare, non può farli conoscere al grande pubblico. Per questi motivi è abituato alla “migrazione” degli autori. Cioè il talento scovato, prima o poi, verrà notato e acquisito da un Big. Mi viene in mente Fabio Genovesi, per esempio, che ha esordito con Transeuropa, ma l’elenco è ovviamente notevole.
paron«La coedizione è un tentativo – dovremo analizzare i risultati – per capire se si può affrontare il mercato in maniera differente» dice Marco Frilli il fondatore dell’omonima casa editrice. «Sono diversi gli editori che ci tirano per la giacchetta per realizzare coedizioni, per farci cedere diritti. Noi siamo troppo piccoli e quindi di fronte al grosso editore interessato a quel determinato autore – anche se ci tuteliamo con contratti blindati – alla fine non la spuntiamo. Riusciamo, al massimo, a fare una operazione per noi economicamente vantaggiosa che allo stesso tempo ci permette di accontentare l’autore che approda nelle file del grande editore. Noi manteniamo il diritto di opzione sui successivi romanzi (per un periodo di tempo fissato per contratto) e guadagniamo uno sfogo di mercato diverso. E soprattutto smettiamo di essere considerati semplicemente un editore di “passaggio”. E poi, diciamolo, editori come Mondadori sono tutto meno che una casa editrice. Sono una società finanziaria che muove tanto denaro, che ha delle strutture commerciali imponenti, a cominciare dalle librerie alla rete vendite, che ha capacità di comunicazione e che, incidentalmente, fa libri ma potrebbe produrre qualsiasi altro prodotto. E un buon editor, uno capace di scegliere il libro giusto tra tutti i manoscritti di sconosciuti che arrivano quanto costerebbe all’anno? Non meno – tra stipendio, contributi e quant’altro – di 40-50mila euro. È più facile tenere d’occhio il catalogo degli editori indipendenti, fare le giuste offerte economiche, coinvolgere direttamente gli autori.»
Ecco e gli autori? «Noi, indipendentemente dai contratti, quando ci vengono fatte determinate proposte, interpelliamo l’autore. Diciamocelo, io posso fissare i diritti di opzione, di prelazione, di esclusiva… posso fare contratti blindatissimi ma come faccio a dire a un autore che ha avuto una grande offerta da uno come Mondadori “no, c’è il contratto, tu rimani con me”?! I contratti blindati servono solo per evitare che i diritti ci vengano carpiti con quattro lire, non certo a tenerci gli autori, no?»
E la coedizione offre appunto una soluzione. «Certo, sotto il profilo strettamente economico a me converrebbe di più prendere il libro di Adele Marini e pubblicarlo. Ma quando Fabio Muzi Falconi ci ha cercati e ci ha proposto questa sinergia, siamo stati ben lieti di accettare. Con la coedizione i diritti sono comunque di Frilli che li cede, temporaneamente, alla Feltrinelli, mantenendo però il marchio visibile, così da sottolineare che l’autore è una nostra scelta. Se la cosa funziona, noi oltre a percepire le royalty sul venduto, ci ritroveremo con un autore che possiede un pubblico più vasto e così, al prossimo libro di cui manteniamo i diritti, potremo contare su una platea molto più ampia. Ecco perché dico che stiamo “testando” questa soluzione, dobbiamo vedere come andrà.»
Insomma la posta in gioco, oltre al guadagno, è preservare il patrimonio di un editore: i suoi autori.

Vediamo cosa ne pensa Adele Marini. «Io non so come sia nata la cosa. Avevo una idea – lo scandalo dei fondi neri del Sisde, visto che come1476001_10202549983341781_1840832942_n sempre scrivo non-fiction novel – ho messo giù una trama ed è stata girata da Frilli a Feltrinelli, ed è piaciuta. Ho iniziato così a lavorare ed è stata una maratona, perché lavoro sempre moltissimo sulle fonti, sui documenti… Poi c’è stata la fase dell’editing, fatta sia da Feltrinelli sia da Frilli. È seguito un periodo di stallo, durante l’estate, perché non c’era accordo tra gli editori per la scelta del titolo e della cover. Poi alla fine Feltrinelli l’ha spuntata sull’immagine di copertina e Frilli sul titolo. E adesso speriamo che il libro abbia fortuna.»

Se gli interessi dell’editore indipendente e quelli dell’autore sono evidenti, magari meno chiaro è il vantaggio del “colosso”. Ormai i grandi gruppi editoriali paiono meno editori, nel senso romantico del termine, e più imprenditori che collocano prodotti sul mercato. Avere al proprio interno lettori che filtrino le proposte, editor che leggano e scelgano i titoli, ha i suoi costi. E una struttura più agile, una che si costituisce in relazione ai progetti da realizzare, ha costi più contenuti. Quindi la possibilità è trasformarsi, di fatto, in general contractor: diventare abili a costruire sinergie. Affidandosi appunto a editori piccoli, curiosi e attenti, e diventare il loro megafono, il loro distributore. Perché, diciamocelo, se “far cassa” eruttando best seller non è semplice, scovare talenti e non riuscire a farli conoscere, è fatica sprecata.
logo feltrinelli«Anche se Feltrinelli è un grande gruppo editoriale, lavora ancora come fanno i piccoli editori, cerca talenti, voci, quindi l’idea di sostenere le piccole realtà editoriali è centrale» puntualizza Fabio Muzi Falconi. «Ovvio, non ci dispiace neppure “farci belli” per un buon titolo scoperto e promosso! Allo stesso tempo, in effetti, c’è l’idea di creare delle sinergie, non tanto per delegare il lavoro editoriale – siamo ancora una casa editrice tradizionale – quanto per sfruttare al meglio le diverse competenze, garantendo a un titolo una distribuzione più capillare, una maggiore presenza sul territorio. Senza dimenticare la qualità.»
Ed è ovvio che mentre per l’autore l’operazione è sempre vantaggiosa, per l’indipendente interessante, per il grosso marchio il progetto deve stare in piedi. Se non si vendono copie, l’impresa è fallimentare. «Il bilancio per il momento è abbastanza positivo. È una esperienza molto stimolante collaborare con altri editori… insomma è difficile mettere insieme gusti, visioni diverse. Ma è una strada che ci piace percorrere. Certo, non abbiamo scovato il bestseller, ma diversi titoli ci hanno dato delle soddisfazioni, per esempio Adrián Bravi con L’albero e la vacca quest’anno ha vinto il premio Bergamo.»

L’idea di far circolare buoni libri, preservare le piccole realtà e gratificare gli autori mi piace. Mi garba meno la politica dei prezzi. Nelle dichiarazioni iniziali Gianluca Foglia parlava di edizioni a un prezzo “amico” sui 12-14 euro. In realtà i costi sono parecchio lievitati: 17 euro, 22 euro, 18 euro, 15… Si tratta forse di un effetto collaterale della coedizione che richiede ritocchi a rialzo per garantire margini? «No» precisa Fabio  Muzi. «Feltrinelli è una grossa realtà, ha notevoli costi, e se stampi poche copie – di norma 4mila – i prezzi rimangono fisiologicamente un po’ più alti.»
Anche sul fronte digitale non c’è da stare troppo allegri: su otto titoli solo la metà ha la versione ebook e i prezzi toccano anche gli 11,99 (quando il cartaceo costa 17). «Feltrinelli crede molto nel digitale e lo dimostra con la collana Zoom» continua Muzi. «In effetti potremmo pensare di fare qualcosa in più sul fronte ebook della collana Indies. Anche se è ovvio che ogni collana ha le sue promozioni, le sue strategie…»

Sono curiosa a questo punto di conoscere la vostra opinione. Comunque sia, d’ora in poi, osservate con attenzione la cover, perché potrà riservare sorprese. Ciò che è certo? L’identità editoriale, così facendo, diviene condivisa, perciò: dimmi con chi coediti e ti dirò chi sei.

Elenco titoli della collana Indies
Io non ci sto, Adele Marini, Feltrinelli, p. 285 (18 euro) ottobre 2014
Tutti gli uomini del rePenn Warren Robert, traduzione di Michele Martino, Feltrinelli/66thand2nd, p. 570 (22 euro) luglio 2014
Il Vangelo dei bugiardi, Naomi Alderman, traduzione di Silvia Bre, Feltrinelli/Nottetempo, p. 284 (17 euro) anche in ebook (10,99 euro) marzo 2014
L’ultima madre, Giovanni Greco, Feltrinelli/Nutrimenti, p. 382, (17 euro) ebook (11,99 euro) marzo 2014
E non è subito sera, Jenny Erpenbeck, traduzione di Ada Vigliani, Feltrinelli/Zandonai, p. 267 (15 euro)  novembre 2013
Il 49esimo Stato, Stefano Amato, Feltrinelli/Transeuropa, p. 255 (14 euro) anche in ebook (9,99 euro) ottobre 2013
L’albero e la vacca, Adrián N. Bravi, Feltrinelli/Nottetempo, p. 125 (12 euro) anche in ebook (5,99 euro) settembre 2013
Il ritorno, Dulce M. Cardoso, traduzione di Daniele Petruccioli, Feltrinelli/Voland, p. 218 (14 euro)  settembre 2013

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Fatti di parole

10 comments

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Marco Amato 30/10/2014 at 18:16

Interessante questo approccio. Visto il periodo così stantio, trovare nuove soluzioni che sfumino i pregi dei piccoli editori con le possibilità dei grandi è sempre un bene.
Non mi piacciono però termini come “contratti blindati” se si riferiscono all’autore.

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Chiara Beretta Mazzotta 30/10/2014 at 18:18

Eh lo so, ma se vogliamo fare lo sforzo di vederla dall’altro lato: non servono tanto a blindare l’autore ma a evitare che il colosso assorba l’autore senza difficoltà alcuna. E fare l’editore di passaggio non credo sia il massimo… tanta fatica e poi?

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Marco Amato 30/10/2014 at 19:19

Capisco la posizione del piccolo editore. Volendo parafrase nel significato Muzzopappa, è una posizione scomoda. Però messa in questi termini l’autore viene trattato come una proprietà sulla quale ci si butta il cappello. Lo scrittore deve sempre essere libero di poter cambiare editore a meno che vi siano grossi anticipi di mezzo. Cosa impossibile a questi livelli e ai tempi d’oggi.

Ho letto con attenzione sia la visione dell’editore grande, sia dell’editore piccolo. Chiaramente i termini dell’accordo non sono visibili. Ma se fossi il piccolo editore non giocherei con lo stesso mazzo in tutti i tavoli da gioco. Ma tirerei dal cilindro la carta dell’ebook. Tu grande ti prendi la grossa fetta della distribuzione a stampa e io da questa prendo solo le royalty. Ma io piccolo gestisco l’ebook, i cui margini sono più ampi e il mercato più limitato. E l’autore? E l’autore poi ce lo giochiamo.

Dal punto di vista del piccolo editore se gli introiti del digitale sono buoni, se i diritti all’autore vengono saldati ogni 90 giorni (anziché l’anno e passa del grande) se creo comunque un terreno fertile per il prossimo romanzo, ecco che la posizione scomoda passa all’autore. Cosa conviene il grande o le ottime possibilità che mi sta dando il piccolo?

Occorre puntare sull’innovazione prima di tutto. Nel digitale le forza tra grande e piccolo editore si livellano parecchio.

Invece, come ben evidenziavi tu nel post, la linea del digitale è trascurata in gran parte e quel poco si colloca su prezzi fuori mercato.
Si potrebbe fare di più.

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Chiara Beretta Mazzotta 30/10/2014 at 19:54

Concorde sul digitale. Si può fare di più.
Ma attenzione: l’autore anche se “blindato” in realtà riesce a fare ciò che vuole. È solo una questione di soldi, soldi che l’editore spallato mette sul piatto per averlo con sé. Ecco perché questo tipo di contratti non serve per tenere gli autori. Servono “benefit”, serve essere un editore utile che ti permette di crescere.
L’accordo prevede che i diritti (di commercializzazione) passino dall’autore a Frilli e Frilli li cede, per un periodo stabilito, a Feltrinelli.

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Natascia Mameli 30/10/2014 at 18:20

Già trovo che ci sia una bella contraddizione nel termine ‘Feltrinelli Indie’. Dove sta l’indie?
Da da pensare poi il fatto che nella distribuzione, se cerchi ‘Io non ci sto’ accoppiato con Fratelli Frilli il risultato è ‘nessun articolo corrisponde alla tua ricerca’, perché il libro è catalogato come edito da Feltrinelli

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Chiara Beretta Mazzotta 30/10/2014 at 18:25

(È edito Feltrinelli, Frilli lo trovi nella cover.)
Quindi per te il problema è che l’editore indipendente viene fagocitato dal marchio?
Te lo chiedo perché molti lettori l’editore non lo notano neppure. E mi interessa capire.

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sandraellery 30/10/2014 at 22:13

Io l’editore lo guardo eccome, ma non influenza l’opinione finale. Adoro Marcos Y Marcos, per dire, ma l’ultimo Osimo mi è piaciuto molto meno di Bar Atlantic ad esempio. 66thand2nd spero che abbia fortuna perchè lavora benissimo, molto molto molto meglio di tanti big.

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Chiara Beretta Mazzotta 30/10/2014 at 22:29

Bar Atlantic, be’, è un libro perfetto, tipo quei cerchi che fai belli, tondi, precisi e ti vengono così, senza sforzo (apparente). Come puoi replicare? Ogni cosa che viene dopo è un po’ un tradimento verso quella perfezione.
Comunque.
Concordo sui prezzi (il commento prima) e concordo sull’editore.
Mi ha fatto specie, indagando tra gli amici lettori, che in pochissimi se ne fossero accorti di questa faccenda della coedizione. Molti credevano che la Marini fosse il primo esperimento in tal senso.
E comunque: Transeuropa è stato l’editore che ha scoperto Genovesi. E ho detto tutto! 😉

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Natascia Mameli 31/10/2014 at 11:57

diciamo che lo noto io perché, essendo la Frilli una casa editrice genovese (come me), io, per ordinarlo, lo cercavo sotto quei criteri di ricerca. Capisco che un lettore (o libraio) non genovese non se ne accorga neanche, però questa è ancora una città in cui dire che un prodotto è Genovese (con la maiuscola perché ormai di genovese a Genova è rimasto davvero poco… presto il quotidiano locale verrà stampato a Torino!) è un incentivo all’acquisto. Per adesso…

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sandraellery 30/10/2014 at 22:09

La mia opinione è questa: due righe di post e ho pensato “ma sì dai è quella cosa del libro della Sicilia stato americano”, un romanzo che mi aveva incuriosita ma non ho comprato per il prezzo, nel giro di poco tempo è arrivato nella mia biblioteca, e l’ho preso lì. Quindi dico no per il prezzo, dico sì per l’opportunità che si dà ad autori non ancora affermati, e da lettrice dico ancora che alla fine giudico, come sempre, il testo. In ultima battuta mi chiedo se il libro fosse stato edito solo Transeuropa, editore comunque notevole che stanò il Brizzi Frusciante, sarebbe arrivato in biblioteca? Non credo, perchè le novità sono sempre scarse.

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