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Quota di partecipazione? No, grazie.

Gli esordienti, oltre ad andare a caccia di un editore, cercano occasioni per farsi leggere e confrontarsi con i professionisti del settore. Spesso concorsi e premi impongono una tassa di iscrizione ma ci sono esempi virtuosi che lo dimostrano: battere cassa non è obbligatorio.

I concorsi e i premi a pagamento mi paiono una occasione sprecata e lo spreco è non farli gratis. Non è obbligatorio indire alcunché, se lo si fa, sarebbe professionale trovare sponsor e finanziamenti, non pretendere soldi dai partecipanti e prevedere un premio per i vincitori. Lo scopo dell’impresa? A mio avviso, dovrebbe essere la pubblicazione. Chi scrive vuole essere letto, quindi ha bisogno di essere pubblicato (da un editore, è superfluo dirlo, ma in editoria meglio essere didascalici!).

Concorsi letterari con quota di partecipazione

Eppure basta farsi un giro in rete per verificare che la tassa di partecipazione manca di rado: alcuni premi la fissano intorno ai 100 euro, altri ne chiedono poche decine ma tutti spiegano con dovizia di particolari la necessità della quota: comitati, letture, valutazioni, professionisti, schede, giurie, la crisi… ma il succo rimane. Si chiedono soldi. E alle volte capita pure che il concorso si concluda con un nulla di fatto, ché i concorrenti erano scarsini ma i soldi, inutile dirlo, non vengono restituiti.

Adesso immaginate un premio che permetta a chiunque di partecipare. Non con un raccontino eh, facciamo le cose in grande, qui si parla di romanzi. E ciascuno può mandare tutti i dattiloscritti che vuole. Non c’è alcun limite minimo/massimo di battute, basta che i testi siano inediti (conta qualsiasi riproduzione, totale o parziale, in rete e non) e non siano di genere, perché qualche paletto lo vogliamo mettere. Quindi, niente fantasy, gialli, polizieschi… Prevediamo un comitato di lettura con almeno sette professionisti del settore, perché questa dovrebbe essere una occasione di confronto con persone competenti. E il premio? Non la sola pubblicazione ma anche una somma di denaro. Che ne dite di 25.000 euro? Bastano come anticipo? Calcolando la triste media di quelli odierni (date un occhio qui), direi di sì.

Premi che i soldi li danno agli autori

Non sto inventando, questo premio esiste e si chiama Neri Pozza – c’è pure il Neri Pozza giovani, per gli autori sotto i 35 anni – è arrivato alla seconda edizione (qui trovate il vincitore della prima) e quest’anno ha ricevuto ben 1.293 testi da valutare. Il comitato di lettura è composto da Francesco Durante (giornalista e critico letterario), Stefano Malatesta (giornalista e scrittore), Silvio Perrella (critico letterario), Romana Petri, scrittrice), Sandra Petrignani (scrittrice), Giuseppe Russo (direttore editoriale), Marco Vigevani (agente letterario). Il prossimo 26 giugno verranno annunciati i 12 finalisti e il vincitore della sezione giovani. Preciso che il premio deve essere obbligatoriamente assegnato e non si può suddividere tra i partecipanti.

Quindi, quando vi dicono che non si possono fare premi e concorsi senza quota di partecipazione, avete 25mila buoni motivi per ribattere che sono palle.

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12 comments

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miscarparo70 19/06/2015 at 10:59

Conosco il premio. Neri Pozza non sarà una big, ma è una Casa che mi pare seria, con un buon nome. Tutto molto bello, ma mi è rimasto un minimo dubbio.
Hanno selezionato 1300 manoscritti in meno di 100 giorni. Non so se paghino (me lo auguro) chi fa la prima scrematura, comunque ci vorranno almeno tre/quattro persone: per quanto l’80-90% possa venir scartato dopo due-pagine-due, rimarranno pur sempre almeno 100-200 manoscritti da vagliare più attentamente. Tre/quattro persone per tre mesi fanno un anno-uomo, cioè 25.000 euro contributi compresi. Che aggiunti ai 25.000 del premio fanno 50.000. Una bella cifra. Il vincitore sarà (sperabilmente) un testo da mandare in stampa com’è, senza un’ora di editing, impaginazione, varie ed eventuali. A 10 euro sulla copertina bisogna venderne 5.000 per andare a pari. Sono tanti, per un esordiente. Mancano le coperture per le spese di stampa, di distribuzione, un minimo di grafica per la copertina, l’ufficio stampa e le presentazioni.
Senza contare che il Sig. “Neri-Pozza” (cioè il proprietario) vorrebbe forse mettersi in tasca almeno un euro.
E qui torniamo all’inizio e al mio dubbio 🙂

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Chiara Beretta Mazzotta 19/06/2015 at 11:26

Partiamo dal presupposto che l’organico dell’editore si dedichi a questo, le spese si ridimensionano parecchio. E ritengo che qui il peso notevole ce l’abbia la collaborazione con la Fondazione Pini (e altri enti). Se hai uno sponsor è tutto più facile.

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Serena 19/06/2015 at 13:38

Te l’ho già detto che ti amo?

(no, seriamente: mi autoaccusavo di essere una tirchiona impenitente perché i concorsi con la quota li scarto senza leggere altro, per principio. E tu guarda, non sbagliavo poi tanto. E con un’associazione ho anche indetto un concorso, abbiamo ricevuto una cinquantina di racconti, tutti letti, tutti commentati, ore e ore di lavoro senza chiedere una ceppa di niente. Certo che si può. Si chiama passione. O idiozia, dipende dai casi.)

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Chiara Beretta Mazzotta 19/06/2015 at 14:05

Ahahahahahah! Accolgo questa dichiarazione, lusingata 😉 Scherzi a parte, certo che si può fare. Capisco che i big non vivano di sola passione e dovendo pagare consulenti e collaboratori – mi pare il minimo – debbano avere un budget. Ma per questo ci sono gli sponsor. No?

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sandraellery 19/06/2015 at 16:25

Avevo pensato seriamente di partecipare, occorre però che neppure una riga del testo sia mai apparsa in rete, e io qualche pezzetto sul blog l’ho messo, poca roba, per cui ho chiesto, mi hanno risposto “manda, poi vediamo.” Alla fine, la stesura del romanzo è andata per le lunghe, ero convinta di finire per la scadenza del concorso, ma poi è stato proprio impossibile a meno di voler troncare lì la revisione e immaginando molti partecipanti non aveva senso mandare qualcosa di non finito, e bloccarlo per le tempistiche di valutazione del concorso, senza poterlo proporre altrove. E poi le cose o si fanno bene o non si fanno e ad aprile il manoscritto non era fatto bene. Però è chiaro che è un concorsone che non può non fare gola. Anche se i vincitori delle edizioni passate non mi pare, mi informai un po’, abbiano sfondato. Tornando ai concorsi con le tasse, be’ al peggio non c’è mai fine, tipo quelli che ti chiedono di infilare i soldi in una busta, spedirli e ciao, o quelli che ti mandano il bando via mail, dopo che tu (cioè io) hai inviato loro un manoscritto, per cui cosa fai? Gli rimandi lo stesso, ché magari aggiungendo 10/15 euro diventa più appetibile? Ne parlammo, ma mi garba ribadirlo. Buone cose, Chiara.

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Chiara Beretta Mazzotta 19/06/2015 at 16:42

Ah le gioie dei concorsi… sappiamo bene, sappiamo.
Tornando al premio: questo è solo il secondo anno. O meglio la seconda edizione. C’è stato quindi un solo vincitore nell’edizione 2012-2013 che si chiama Marco Montemarano. Sfondato no, ma non è necessario sfondare per un esordiente! È necessario esordire con costrutto. Siamo un po’ vittima di questa concezione consumistica che cannibalizza il percorso. O sfondi o vattene. Chi sono e quanti sono quelli che sfondano?! Alle volte chi sfonda poi sparisce… 😉
Un bacio!

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sandraellery 19/06/2015 at 16:47

Hai ragione, del resto non è stato certo il mancato sfondamento a farmi desistere. Ero proprio impreparata.

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Chiara Beretta Mazzotta 19/06/2015 at 17:22

Ahahahha sfondamento è perfetto per descrivere lo stato dell’editoria 😉

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Barbara 19/06/2015 at 17:21

Val la pena spendere 100 euro di qua, 100 euro di la, per anni, in concorsi vari…o metterli tutti assieme e pagare un editor e/o un agente professionista?
Su due piedi, io opterei per la seconda. Che magari non esclude concorsi validi, come questo.

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gianni 24/06/2015 at 09:30

Riguardo i tanti concorsi, leggendo anche solo i bandi di alcuni, sembrano proprio fregature. Riguardo il premio NP: sono rovinato! 😀 😀
Nel senso: ho scritto thriller, gialli e fantasy e per “costruirli” molti pezzi li ho fatti leggere pubblicandoli su internet!
Battute a parte, non di rado chi prova a scrivere si vuol confrontare con gli altri, e ormai ci si confronta su internet; come? Costruendo una storia e facendole fare un percorso di prova su blog, oppure pubblicando una dozzina di copie con qualche print-on-demand e distribuendole per ricevere commenti e critiche. In questi casi diventa impossibile partecipare a molti concorsi.
Spesso ho sentito e letto consigli – giusti – dicevano di provare, provare a spedire comunque le proprie creazioni, senza il suddetto ciclo di confronto-pulizia che, indubbiamente, fa fare esperienza. Quindi domando: ha ancora senso l’inedito puro? (domanda sincera, senza ironia, senza doppio senso…)

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Chiara Beretta Mazzotta 24/06/2015 at 09:36

Capisco perfettamente quello che dici. Diciamo che, semplicemente, gli organizzatori vogliono limitare il campo e sperano di proteggersi da copiature, testi già in parte stampati e rivisti e altre amenità.

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gianni 24/06/2015 at 09:50

Vero. Non avevo pensato a questo.

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