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Le fascette dei libri: chi strilla più forte?

In certi casi definirle creative sarebbe poco, le fascette e i relativi strilli sono in effetti una delle invenzioni più spassose dell’editoria. 

Numeri (gonfiati), informazioni (se va bene), marketing e marchette… tutto scritto a caratteri cubitali in una specie di cintura di carta che avvolge i libri. Parlo – lo avrete capito – delle fascette promozionali. Impossibile non notarle perché hanno colori sgargianti e differiscono dalla copertina, così da richiamare l’attenzione del lettore tanto – sperano gli editori – da indurlo a comprare il libro.

Genio puro!

Se pensate siano una novità, sappiate che c’erano già nell’Ottocento. Sonzogno, per esempio, metteva le proprie promozioni in copertina. Pare però che siano nate negli Stati Uniti.

Grazie al Post, scopro che il primo a utilizzare uno stillo sarebbe stato il poeta Walt Whitman, nel 1856, che nella ristampa di Leaves of grass, Foglie d’erba mise una frase dello scrittore Ralph Waldo Emerson. Il termine blurb, cioè strillo, compare invece per la prima volta sulla cover di Are you a Bromide? di Gelett Burgess – pubblicato nel 1906 da B. W. Huebsch – e da allora abbiamo imparato a conviverci.

Yes this is a Blurb

Fascette e quarte di copertina

Francamente digerisco di più le fascette delle odiose quarte (di copertina) strillate, primo perché la fascetta si rimuove facilmente e poi perché lo spazio sulla cover talvolta viene occupato con indegni spoiler. A conti fatti è meno dannosa una inutile frase tra virgolette. Il peggio? Certe prefazioni che:

  1. ammazzano la curiosità del lettore.
  2. Contengono il meglio di ciò che seguirà, come i trailer fatti male.
  3. Mi fanno sentire una guardona che rimira l’autore della prefazione in faccende onanistiche affaccendato (e l’egocentrismo non è mai precox).

Strategie di comunicazione

Le strategie di comunicazione sono diverse. C’è chi punta sui numeri e fa comparire la fascetta solo dopo una o più ristampe (chiedetevi quante poche copie abbiano stampato ogni volta, però!). Tenete poi presente che, anche a voler essere onesti, i numeri delle vendite sono ipotetici. Sapremo forse quante copie sono state distribuite nelle librerie ma i resi? E le vendite reali? Per avere dati certi servono i consuntivi di vendita e quelli arrivano parecchio dopo.

Ci sono poi gli endorsement: quote e frasi elogiative di scrittori e personaggi noti che dovrebbero convincerci della bontà del testo. Sappiamo però che i signori in questione vengono pagati per farlo o gli viene chiesto di farlo… cosa che depotenzia un po’ il messaggio, diciamo così. Per alcuni quello del fascettista è quasi un secondo lavoro: certi a conti fatti scrivono più fuori dai libri che dentro (e a vederla così forse non è neppure una cattiva notizia). Diverse fascette poi, quando si è certi che il libro non venderà una mazza, si possono pure convertire in epitaffi.

Fascette story

Un grande classico da fascetta sono i premi e i riconoscimenti. Perché ovvio, non appena un autore si aggiudica lo Strega o il Campiello, in caso la notizia ci fosse scappata, ecco che compare la fascetta a ricordarcelo. E serve, perché il libro vende parecchio di più. Tanto che, spesso, si segnala la sola partecipazione, la presenza in cinquina… Anche se, visti certi premiacci, acchiapperebbe di più un “escluso dal premio tal dei tali per eccesso di talento”.

Fascette tecnicolor

Non dimentichiamo il filone cinema. Se da un libro è stata tratta una serie o un film, sarete i primi a saperlo, statene certi. Locandine, il faccione degli attori, fotogrammi… non si butta via niente ché, al massimo, si ricicla in fascetta.

Si è detto e si dice molto male delle fascette. Nella maggior parte dei casi, a me strappano un sorriso e sarò loro eternamente grata perché hanno il merito di aver istigato Alberto Forni ad aprire il suo Fascetta Nera (se non lo conoscete, rimediate all’istante!).

Non sapete che farvene? Usatele come segnalibri. E occhio: il male dell’editoria sta sempre dentro i libri, non fuori.

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9 comments

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sandra 12/01/2016 at 19:00

Non ci siamo, neppure come segnalibri vanno bene: la carta è moscia! 😀 la fascetta più incredibile? Nel senso che no, non puoi proprio crederci: il fenomeno dell’anno, il più venduto dell’anno. C’è un affollamento ai vertici di queste categorie che manco per il firma copie di Volo. Sono buffe, ecco. Però lo spoilerone sulla quarta va pure lui evitato.
Occupo lo spazio pubblico per dirti che sto per mandarti una mail, urg. parere su un editore. Scusa, grazie. Bacione

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Daniele 13/01/2016 at 11:14

È vero, la fascetta non serve nemmeno come segnalibro: io uso carte da gioco ed etichette dei vestiti, più raramente biglietti pubblicitari. Mi tentano anche i segnalibriin stile gaggiao di Giramenti, ma con i prezzi che hanno, non comprandone due ci può uscire un libro in mega-economica.

Però, le fascette regalano impagabili momenti trash! XD
Mi piacerebbe essere un fascettista (pagato) ho sempre un sacco di idee cretine!

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pornoscintille 12/01/2016 at 20:44

Bello ritrovare qui tutte le cose che penso anch’io (ho smesso di leggere le quarte di copertina da anni: un autore impiega 70 pagine a tessere una tela che il brillante autore della quarta ti svela al primo rigo). Le fascette le uso come deterrente: non compro quasi mai libri che ne hanno una 😉

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Chiara Beretta Mazzotta 12/01/2016 at 21:29

No, povere e inconsapevoli storie intercettate senza il loro permesso! 😉

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El cugino especialista del Parente che... 13/01/2016 at 09:55

“… una guardona che rimira l’autore della prefazione in faccende onanistiche affaccendato (e l’egocentrismo non è mai precox)” (cit)

Che dire, una delle migliori del decennio 😀

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Titti il gatto 13/01/2016 at 16:01

In Italia una fascetta con scritto: ‘Vendute 6 milioni di copie’ lascia un po’ perplessi!!! Siamo noi che dovremmo essere un po’ più furbi e comprare libri di scrittori emergenti che non sono ancora vittime dell’esigenza delle grandi CE di vendere a tutti i costi… 😉

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Barbara 13/01/2016 at 17:35

Eh, fate presto voi!
Ma se una fascetta che pubblicizza la serie tv tratta dal libro fosse stata l’unica cosa che ha letto il commesso della libreria? Per cui “ah si, l’ho letto in una fascetta…è arrivata oggi, qui nello scatolone…ah ecco, sì, il titolo è questo, ha ragione!” 🙁

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Natascia 14/01/2016 at 07:50

Purtroppo da libraia ti posso dire che la fascetta molte volte fa la differenza nella scelta del libro, da parte del cliente. Io sciorino una decina di descrizioni di libri diversi e a loro cade l’occhio sulla fascetta di un libro e scelgono quello, anche se non c’entra niente con quello che mi avevano chiesto. 🙁

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Paolo Sturchio 11/12/2018 at 15:12

Fascetta nera è una meraviglia! Non sapevo fossi sostanzialmente la concausa della sua apertura, grazie Ho scoperto quel sito grazie a Valeria Pallotta (che forse conosci: è promotrice editoriale presso Laterza), frequentando il suo laboratorio di promozione editoriale in università a Milano. Grasse risate a denti stretti

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