Le nostre perdute foreste – Chiara Mezzalama

Le nostre perdute foreste – Chiara Mezzalama

LE NOSTRE PERDUTE FORESTE
di Chiara Mezzalama, edizioni e/o, pagine 224, anche in ebook

“Senza le sue braccia mi sento informe, sparpagliata, come se non fossi più una persona ma un ammasso di pezzi, di sensazioni confuse, come se la mia schiena crollasse, gli organi cadessero a terra, come se non fossi altro che questa confusione che mi abita, questa tristezza senza fine. Invece il mattino arriva, dopo la notte di spavento, devo tirare fuori dal letto quest’accozzaglia di corpo, alzarmi, preparare la colazione, guardare i miei figli con gli occhi arrossati, inondati e ciechi, la bocca secca, un gusto di metallo e di sangue nella gola. E adesso?”

Si sono incontrati. È stato il destino. Non che tutto fosse perfetto però perché si sono incontrati ma si sono anche dovuti lasciare subito. Ciascuno al proprio posto. Lontani.

Lei con una famiglia che si rompe, un anno intero passato cercando di impedire il crollo di questo matrimonio e poi, dopo mesi di tentennamenti e di strappi, suo marito la lascia mentre è in una città diversa, quella della libertà e della ribellione – ma che fai, molli tutto per dedicarti alla scrittura? Sì – lui dentro a una famiglia rotta ma che ancora non lo sa, anzi, forse non lo saprà mai.

A tenerli uniti un filo di parole, la telefonata del mattino, i messaggi. E l’amore. Il desiderio che sconfiggere l’assenza e la distanza e di ritrovarsi in una stanza foresta “che era diventata vasta come l’universo, profonda e calda come un rifugio nel cavo di una quercia”.

L’amore nonostante tutto, anche nel periodo più folle, quello della malattia, del Covid, dei limiti alla libertà, delle geometrie strette. Si sono incontrati, questo basta.

E poi un giorno chiama una volta, due volte, tre volte. Maledetta segreteria. Che succede? Un litigio, un problema con i figli, una chiamata dalla casa di riposo dove è ricoverata la madre di lui, che sprofondava il giorno dopo giorno in una solitudine che lo fa soffrire… o forse no, forse il motivo è un altro.

Ma alle volte la vita ti regala due avverbi contro i quali è impossibile combattere “mai più”. E non c’è gara contro un mai più, c’è solo un vuoto che ti risucchia e travolge.

Se perdi qualcuno, lo sai, il panico in cui precipiti sembra un burrone senza il fondo. Non appena ti muovi, senti male dappertutto e scopri che c’è ancora spazio per cadere giù. E allora provi a stare fermo, a replicare i gesti di tutti i giorni perché questo filo della consuetudine è un copione scritto che ti tiene insieme e ti permette di andare avanti e non pensare.

È un libro questo che è un gomitolo di dolore che parla a chi sa ma anche a chi, per sua fortuna, non sa che cosa significhi. Ma la magia più grande che ti regala e che in questa sottrazione ciò che emerge è l’amore, la pienezza di qualcosa capace di rendere una vita rigogliosa come una foresta.

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