Un film di George C. Wolfe, scritto da Shana Feste e Jordan Roberts con Hilary Swank, Emmy Rossum, Josh Duhamel, Stephanie Beatriz, Jason Ritter.
Ci sono film che arrivano al botteghino con una patina di polvere ché sembrano già girati, visti e pure già criticati. Capita quando regista e sceneggiatore decidono di vedersela con un conflitto classico – la malattia, in questo caso – ma non riescono ad affrontare il tema da alcuna angolazione originale. Cosa che invece accade a mio avviso in Still Alice o in Quasi amici, pellicole in cui – vuoi per delicatezza con cui è raccontato il vissuto doloroso del protagonista, vuoi per l’abilità di non scadere mai nel patetico – la storia è capace di parlare allo spettatore (e toccarlo). Il resto? Ha, appunto, solo l’aria del dejà vu.
In Qualcosa di buono – ennesimo pessimo titolo italico piacione (You’re Not You è quello originale che racchiude il senso dell’intero film) – abbiamo Kate, una bellissima ed elegantissima Hilary Swank sposata con Jill (Josh Duhamel) altrettanto aitante marito. Peccato che Kate un giorno si ammali di SLA. Ha 35 anni e la sua vita bella, piena, ricca sembra svuotarsi del tutto. Mentre il male fa il suo corso, stanca di dover dipendere dal marito (che la tratta sempre più come una malata e sempre meno come la donna che ama), Kate decide di assumere una “assistente”.
La prescelta è Bec (Emmy Rossum) che non somiglia manco lontanamente a una efficiente Candy Candy. È una studentessa del collage ma sembra la figlia ribelle di Marylin Manson. Fuma, beve, va a letto con il primo che capita e quando ha una relazione “stabile” ce l’ha con un professore sposato (e stronzo). Insomma, lo sceneggiatore vuol proprio essere sicuro che tutti l’abbiamo capito: è una spostata.
E come copione comanda la spostata si troverà alla grande con miss eleganza, tutta regole e Manolo (Blahnik, ovvio) sconvolgendole la vita quel tanto che serve (per girare il film). E il resto? Non è (solo) noia ma sono lacrime. Tante, tante, tante, tante lacrime. E anche se la Swank soffre da Oscar e la Rossum tenta il tutto per tutto per non essere solo un cliché, il film non decolla e non sorprende. Mai.
Se cercate uno sblocco emotivo per farvi un sano e liberatorio pianto a mio avviso lo avete trovato. Ma il film, come detto, è uno di quelli che potete raccontare alla perfezione, anche se non lo avete visto. Si sa, il dolore (purtroppo) ci trova tutti anche troppo preparati…
6 comments
Uhm, un Quasi Amici al femminile direi.
C’è la possibilità di vederlo con Josh Duhamel seduto accanto?? 😉
questa settimana niente rifugio al fresco per me: ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo 😀 spero non abbia quello che considero il peggior difetto di libri e film, non decollare, già, guarda alla fine preferisco un film brutto brutto, la bruttezza ha un senso. E per le lacrime, be’ ho i miei metodi casalinghi di induzione. Bacione felice di ritrovarti
e magari non si vedono nemmeno le tette in sto film?
film del cazzo…
Ah no, non voglio sbloccarmi. Aspetterò qualcosa di cattivo!
Occhei, ti tengo aggiornata 😉
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