Mondadori ci sarà al Salone del Libro di Torino 2018

Mondadori ci sarà al Salone del Libro di Torino 2018

Parla Enrico Selva Coddè e ci fa sapere che le case editrici del gruppo Mondadori parteciperanno al Salone di Torino 2018 ma precisa che la loro fiera è un’altra.

Mondadori ha scherzato? Per questo motivo non si è visto al Salone di Torino 2017?  Desidera ricucire i rapporti con Torino? Ammette che l’esperimento milanese è stato fallimentare e a tratti imbarazzante (senza contare il bagno di sangue economico)? No, perché avrebbe dichiarato – stando alle interviste riportate sui giornali – che la “sua” fiera è quella milanese.

Se volessimo un manuale di elefantologia in cristalleria, eccolo. Pronto all’uso. Enrico Selva Coddè, l’amministratore delegato Area Trade del grande polo dell’editoria, Mondazzoli insomma, dichiara – ridendo, pare – che siccome Torino ha una tradizione l’anno prossimo non potranno non esserci, quello dopo chi lo sa.

Evidentemente Torino ha una tradizione a singhiozzo. O forse è come l’allergia che, un anno sì e un anno no, compare e ti frega… No, no, aspettate: «Semplicemente non c’erano i tempi, i modi per farlo. Secondo me l’errore è stato accendere la diatriba Milano-Torino quando gli intenti e le finalità erano ben diversi» (intervista rilasciata a “Il corriere della Sera”).

Accendere la diatriba? Decidere che tutti i big avrebbero disertato il Salone, cioè l’evento libresco italiano; litigare con gli editori indie, costringerli (per questioni etiche, di budget e logistiche) a scegliere tra Salone ed evento milanese; tirare su in fretta e furia una fiera senza capo né coda e piazzarla proprio a un mese da Torino è stato un modo per ribadire intenti e finalità diversi?

«A noi convincono Torino, Mantova, Pordenone e molte altre iniziative. Condividiamo questa visione partecipativa, ma una cosa è la fiera dell’Aie, altra cosa sono eventi più o meno ben riusciti, più o meno ben gestiti, più o meno cari. Ci devono essere temi, sostenibilità e visione. Avere trent’anni di storia, come il Salone, ha un suo peso, una sua importanza.»

Ecco il punto. Enrico Selva Coddè di Mondadori dimentica che Aie è l’associazione di categoria degli editori, quindi dovrebbe tentare di rappresentarli e fare i loro interessi (quantomeno accogliere le opinioni e far finta di ascoltarle). E un conto è voler realizzare un evento di respiro internazionale che sia una occasione di sviluppo per il settore, di promozione della lettura e di consolidamento (perché la cultura deve generare profitti altrimenti ti saluto!) altro è fare uno sgambetto.

La fiera dell’editoria italiana milanese si è mossa con la leggiadria di Godzilla e con l’etica di Wolf of Wall Street. È partita come un panzer e ha dato l’idea di voler spazzare via l’esistente – il Salone – e sostituircisi o, al massimo, mentre i suoi promotori erano impegnati a far euro a palate, lasciare a Torino le briciole (ricordate quando proponevano: da noi si fa la fiera con gli editori, cioè si fanno i soldi, e al Salone facciamo la libreria e gli eventi?).

Questa è Tempo di Libri e l’amministratore delegato di Mondadori forse non se ne è accorto. Adesso ha cambiato tutto: il team, la location, il periodo (si terrà dal 12 al 18 marzo). Ma anche stavolta andrà a danneggiare qualcuno: Book Pride, la fiera dell’editoria indie, che si terrà come di consueto in marzo stavolta dal 23 al 25, cioè una settimana dopo la fiera milanese e, volente o nolente, dovrà gestire questa concorrenza.

Il problema? Quando ti crei una pessima reputazione metti a rischio gli obiettivi e finisci col fare ombra anche ai buoni contenuti e ai progetti validi che proponi. Il guaio? Rischiano di perdere in molti, primi tra tutti i lettori.

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