Diana Lama: quel viaggio in 600 verso il Nord

Diana Lama: quel viaggio in 600 verso il Nord

La storia di un esordio. Ce la racconta Diana Lama. 

Come ho esordito? È stato un sacco di anni fa, e se ci ripenso mi rendo conto che avrebbe potuto essere anche prima, perché dai venti ai trent’anni ho cercato tra gli amici qualcuno con cui scrivere un giallo, senza trovare nessuno.
Perché?
Perché pensavo di essere pigra, senza abbastanza forza di volontà, troppo impegnata (un lavoro ce l’avevo già, facevo il medico, ricercatore universitario), troppo timida, non in grado di autogestirmi, priva di autocritica, scarsa di coraggio, eccessivamente presuntuosa, insomma tutta una serie di ubbie perché assolutamente non osavo nemmeno pensare che, da sola, sarei riuscita a scrivere qualcosa nel genere che da quando ero una bambina di otto anni, leggevo, masticavo, metabolizzavo e digerivo e che costituiva la passione della mia vita.

Troppo pigra per scrivere da sola, però appassionata, e ho cercato per dieci anni.
Intanto sognavo di scrivere almeno una lettera da fan alla redazione del Giallo Mondadori, ma mi sembrava un azzardo anche quello.
Poi, quando di anni ne avevo trenta, un giorno ero nella vasca da bagno e parlavo con Vincenzo de Falco, amico e compagno di classe (eravamo a telefono, lui non era nella sua vasca, almeno non credo). Esce fuori che Vincenzo, che fa l’avvocato e ha già scritto poesie, vuole sperimentare il genere giallo.
Detto fatto, avevo trovato il partner.

Iniziamo a scrivere insieme. Il giovedì pomeriggio, a casa mia, un posacenere a testa, a fine giornata almeno venti mozziconi per ciascuno, litri di caffè, risate, psicoanalisi reciproca e distruzione sistematica delle idee dell’altro. Io con penna e carta, lui già computerizzato e dopo un po’ mi sono arrischiata anche io alla tastiera. Telefonate notturne, pizzini durante le feste, comunicavamo in ogni modo compresi i segnali di fumo, era l’epoca pre-cellulare, pre-Facebook, pre-internet, in effetti mi rendo conto che detta così sembro un po’ dinosauro, e di sicuro lo sono. Partoriamo un libro, Nell’ombra, lo spediamo al Premio Alberto Tedeschi del Giallo Mondadori, giusto così, perché per me era il massimo dell’aspirazione di un giallista esordiente. Non ci calcolano proprio, vince qualcun altro. Noi imperterriti ci rimettiamo a scrivere, altro caffè, sigarette, psicanalisi dell’avversario e brani di romanzo stracciati in faccia all’altro, tanto divertimento e tanta amicizia, e nasce Rossi come lei. Lo spediamo al Tedeschi senza alcuna speranza, anche perché ormai siamo convinti che è un premio per addetti ai lavori, scrittori seri anche se esordienti, giornalisti, gente che bazzica nel settore, quelli che scrivono le lettere alla redazione, mica due sfigati ignoti come noi, un medico e un avvocato (nemmeno penalista, tra l’altro).

Imprevedibilmente, vinciamo. Io in quel periodo vivevo per lavoro a Boston e quando ce lo comunicano dalla Mondadori crediamo dapprima che sia uno scherzo di un nostro compagno di classe (Emanuele, non fare lo stronzo eccetera eccetera), ma alla fine riescono a convincerci che davvero, Rossi come lei è il vincitore del Premio Alberto Tedeschi del 1995 e uscirà come Giallo Mondadori. Così andiamo a Segrate, con la 600 di Vincenzo, due emigranti della scrittura, e poi c’è l’incontro con i mitici Gianfranco Orsi e Lia Volpatti, c’è il Noir in Festival con la premiazione, c’è la copertina del nostro Giallo con i nostri nomi, c’è l’ingresso in un mondo che mi era sempre sembrato troppo lontano per poterlo anche solo sognare.
Quello fu l’esordio.

Poi dopo un po’ ho scoperto che potevo scrivere da sola, che non ero tanto pigra, e sono venuti Solo tra ragazze e La sirena sotto le alghe, editi con Piemme, una quarantina di racconti pubblicati con tutti i maggiori editori italiani, le traduzioni dei miei romanzi in Francia, Germania, Russia e Canada, un racconto sulla mitica Ellery Queen Mystery Magazine in America. Pochi mesi fa è uscito L’Anatomista, con la Newton Compton, l’ultima creatura che se la sta cavando egregiamente nel grande mare dei libri pubblicati ogni anno in Italia.
Sono già al lavoro su un nuovo libro, effettivamente pigra non sono, e nemmeno di scarsa volontà come temevo, con Vincenzo siamo sempre amici, anche se la sua creatività ha preso strade diverse. Ripenso a quel viaggio in 600 verso il Nord con grande tenerezza, due scrittori esordienti, ma davvero esordienti, che non credevano nemmeno loro a quello che gli era successo, in un’epoca e un mondo che non è poi tantissimi anni fa, ma che sembra lontano un millennio.

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3 Comments

  • Qualcosa che mi piacerebbe vivere. Che bello 🙂 ti posso dire giusto questo perché sorrido e non mi viene in mente niente di serio da scrivere..

  • bravissima !

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