Andamento lento. Nessun libro per oggi, una cinquantina il primo di settembre, una ventina l’8… siamo ben lontani dalle centinaia di titoli di qualche mese fa. Per poco? Vedremo.
Diciamocelo: si vivacchia e tu, al 50 per cento blogger-libresca-di-sicuro-insuccesso, sai che c’è chi sta peggio di te. E no, non ti senti meglio: il tuo altro 50 per cento rientra nella sventurata categoria.
L’editoria galleggia come un tappo di sughero nella crisi, ma la crisi non è economica ma strutturale, ideologica e di intenti. I pochi soldi sono un sintomo, non la patologia. Il settore pare un carrozzone, antiquato, pieno di facce note, presunti talenti, santi, eroi, geni, tromboni… ma le figure trasparenti che sanno davvero fare il proprio mestiere quante sono? Quelli che rispettano i lettori in primis, gli interlocutori in genere, e pure dipendenti e collaboratori? Ciò che è certo: per le lamentele è sempre stagione, ma se c’è da schierarsi, sostenere non dico una battaglia ma una idea, ecco che i più svaniscono per preservare il proprio orticello. Il problema è che così si mantiene in vita la fuffa e nessuno impara più niente perché chi sarebbe capace di insegnare si rompe le palle di farlo.
Nel frattempo trovare “casa” a un libro è più difficile che inciampare in un congiuntivo su Facebook. I testi proposti sono “carino ma…” oppure “bellissimo ma in che collana potrei mai metterlo?”. Tutto vero, tutto possibile ma le pressioni dall’alto, le aspettative, le soglie, i budget… stanno togliendo la spina alla curiosità e annientando l’identità delle case editrici.
Se ai boss devo garantire certi obiettivi di vendita, se sono lontanissimo da raggiungerli nonostante gli sperati (orridi) bestseller, se in corsa devo acciuffare titoli pregando di recuperare terreno, se invece di leggere son sempre in riunione per definire una presunta (risate del pubblico) linea editoriale, se prima di leggere un titolo lo mando in “visione” a una pletora di lettori (nonpagati/sottopagati/qualificati ad cazzum), se non ho idea di cosa pubblichino gli altri, fare bene non è difficile, è impossibile.
Nel frattempo un agente letterario, ogni mattina, si sveglia sapendo di dover correre fino allo sfinimento per procacciarsi un editore che accetti i suoi testi, sperando che paghi le royalty, non fallisca/svanisca/impazzisca a breve. Dicono sia più facile trovare un super diamante da 232 carati. Dicono.
L’autore (se riesce ad arrivare in fondo all’impresa di scrivere un testo degno) cerca un editore di qualità. Uno che paghi. Poi almeno un editore che i soldi non li chieda. Qualche mese dopo lo stesso autore pensa che un editore con un minimo di distribuzione – anche se lo sanno pure le piante grasse che no, non paga e mai lo farà – sia, non un inizio, ma una fortuna (= botta di culo irripetibile).
E mentre all’estero sembrano orientarsi verso la “disintermediazione” qui da noi la filiera si allunga all’infinito. L’agenzia che ti legge, l’agenzia che ti valuta, l’agenzia che ti fa l’editing… sì, perché il mio mantra “l’editing deve essere gratuito e te lo fa l’editore” è diventato, in parte, una menzogna. L’editing deve fartelo anche l’editore (quantomeno deve prevederlo) ma ormai gli agenti devono presentare agli editor delle case editrici testi “in ordine”. E chi te li mette in ordine?
Per l’autore significa sottoporsi a una trafila infinita, rischiando di sborsare quattrini e non ottenere nulla perché gli anticipi sono una pratica in estinzione e per incassare i diritti bisogna presentarsi così da chi di dovere. E visto che riuscire a vendere 5mila copie è ormai da eroi, avete idea di quanto poco incassi un autore di norma!? Sempre che l’editore si trovi, chiaro.
Adesso, altro che casa editrice, la prima vera impresa è trovare un agente. La casa editrice più che l’obiettivo è un miraggio. E quando gli autori/sognatori ti chiedono i nomi degli editori validi – perché è meglio sognare protetti – ci metti sempre meno a rispondere.
No, non perché parli veloce.
4 comments
Tutto vero, anni, di più, ma che rientro triste! Quasi quasi ti mando di nuovo in ferie! 🙂
Ma io son carica non negativa. Il realismo serve per spaccare le corna a chi non mi insegna a chi non fa a chi rompe e basta.
E l’abbronzatura per ora tiene!
😉
Articolo realista, giusto, non pessimista, il realismo della ragione. Ho impiegato 2 anni per trovare un agente. Ho commesso degli errori di valutazione, tutta esperienza mi dico ora, ma soprattutto ho incontrato tanta gentaglia. Mi sono sentita dire: “scusa, non ricordo se ti devo dei soldi, sai sto diventando nonna e ho perso la testa e anche il pc è vecchio.” Resoconti farlocchi e dirtti invecchiati pure loro. E ora che ho un agente dignitoso manca tutto: soldi, coraggio, energia. Mi sono sentita chiedere “con quale marchio vedresti bene il tuo libro?” Pare sia di difficile collocazione, ho a mia volta chiesto quale libro non lo sia oggi e ho cominciato una ricerca chirurgica di chi può essere interessato, spulciando i catologhi degli editori e il loro approccio con eventuali nuovi autori. Insomma l’autore che dà una mano all’agente.
Tutto vero e molto triste! E ancor più triste vedere che trovano casa delle vere ciofeche. Testi scopiazzati e poco originali, scritti malamente e vuoti più delle zucche ad halloween, però, come le zucche, molto colorati ed esteticamente accattivanti. Quando li apri, tutto finisce dopo la sinossi e se mentre leggi pensi ad altro riesci anche a finirli.
Sono sempre più convinta che bisognerebbe insegnare a leggere.
Ho letto nella recensione a un libro che amo: “romanzo davvero originale e particolare. Solo per questo l’autore merita una lode e solo per questo probabilmente non sempre verrà capito e apprezzato. Ma r imane il fatto che è un bravo scrittore.”
Com’è possibile che non si capisca e non si sappia apprezzare un libro scritto con stile e perfezione e che racconti una storia originale? che cosa dev’essere un romanzo più di questo per essere un capolavoro? E qualcuno sa dirmi perché Harmony vende così tanto? Per non parlare dei romanzetti stupidi della Newton?
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