Fortuna, il buco delle vite

Fortuna, il buco delle vite

E per gli Scelti da voi, grazie infinite a Romina Raciti per la sua recensione.

Paul Sweeney diceva: «Capisci di aver letto un buon libro quando giri l’ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico».
Ora posso affermare con certezza di aver capito esattamente il senso di questa frase, perché quando ho girato l’ultima pagina di questo straordinario romanzo, ho provato un terribile senso di abbandono. L’ho scoperto quasi per caso, leggendo una recensione su un noto blog letterario. Dopo averlo letto, ho lasciato il libro sulla mia poltrona preferita accanto alla finestra vista lago, dove ogni tanto mi rilasso leggendo quando le faccende di casa me lo permettono, come se in questo modo non ci fosse un addio definitivo tra di noi. Ogni tanto mentre cucino o aiuto mio figlio con i suoi odiati compiti di matematica, il mio pensiero ritorna alla vita, anzi, alle vite di Fortuna e ho quasi l’impressione di averle vissute anch’io con lei, perché l’autrice è stata talmente brava a descrivere situazioni e stati d’animo che non mi è stato difficile immedesimarmi nelle sue gioie e nei suoi dolori.
Ho avuto il piacere di conoscerla in una tetra cella di una prigione ruandese mentre aspettava la sua condanna a morte, l’ho accompagnata lungo gli oscuri corridoi che la conducevano al patibolo e ho avuto modo di ripercorrere con lei i suoi passati. Così, all’improvviso, Fortuna è ritornata alla sua tenera giovinezza in uno sperduto borgo come tanti di una piccola provincia italiana, si chiama di nuovo J. Rizzutelli la bambina con i capelli rossi come l’inferno e una malformazione alla spina dorsale che in paese tutti chiamano “il buco della vita”, accanto a lei c’è nonna – Umberta Prima Rizzutelli – un’eccentrica signora di mezza età con i capelli ossigenati e le gonne corte per mostrare a tutti le belle gambe che le ha donato la natura. Umberta è una donna con un’anima pura che ha saputo reinventarsi alla fine di un matrimonio violento e senza amore.
Nonna e nipote vivono un rapporto simbiotico, fino a quando una malattia dal nome sconosciuto porta via la donna e lascia la ragazzina in una disperazione che non sembra avere via d’uscita. Mi sono venuti i brividi e ho pianto di rabbia nel leggere le pagine dedicate all’adolescenza della piccola J. perché non è stata affatto spensierata come quella della maggior parte dei suoi coetanei, lei l’ha condivisa con due mostri che le hanno succhiato tutte le energie e la voglia di vivere, l’anoressia e la bulimia, non ha mai partecipato a una festa, non ha mai avuto delle vere amiche con le quali uscire e divertirsi e non c’è mai stato un ragazzo che le abbia fatto la corte, perché si è sempre sentita brutta e goffa per colpa della sua malattia.
Poi, all’improvviso, uno spiraglio di luce: la consapevolezza di essere ormai una donna adulta ma di non aver mai vissuto un attimo di autentica felicità. Questa è la molla che la spinge a fuggire dall’amatissima casa del portone verde, dove ha trascorso l’infanzia con nonna Umberta per raggiungere Roma. Ma una grande città come la capitale può diventare una trappola mortale, per gente che non è stata abituata a badare a se stessa come è successo a lei.
Così in pochi giorni la povera donna si ritrova a vagare per strada fino a diventare Piccoletta la barbona. Trascorre quasi dieci anni in quelle condizioni, ormai non crede più in niente, è rassegnata, aspetta soltanto la morte come liberazione, quando improvvisamente arriva nella sua vita Nadir un bellissimo pediatra ruandese. Altro non si può aggiungere, se non che in questo romanzo nulla è scontato.
I temi trattati sono molteplici, dalla disabilità fisica ai problemi alimentari che sono trattati con un linguaggio duro ed efficace, ho provato una fitta al cuore perché mi sono riconosciuta nella giovane J. Rizzutelli e la sua ossessione per un corpo che avverte sgradevole, al problema dei barboni che affollano le strade delle nostre grandi metropoli, fino ad arrivare al genocidio dei tutsi che è avvenuto tra l’aprile e il luglio del 1994, una storia estremamente tragica, che prima di leggere questo romanzo non conoscevo.

Fortuna, il buco delle vite, Jolanda Buccella, Ciesse Edizioni, p. 592 (22 euro) anche in ebook

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