Se il selfpublisher non “balla” da solo

Se il selfpublisher non “balla” da solo

Autopubblicarsi è più semplice (alla latina) ma non più facile, perché tutto ciò che di norma spetta all’editore è sulle spalle dell’autore. Non basta, insomma, aver scritto un libro. 

Mi capita spesso di parlare di selfpublishing, sul blog però di solito non recensisco titoli di autori autopubblicati.

In realtà avevo previsto una rubrica dedicata, ma il progetto è sfumato: non riuscivo a trovare proposte che mi convincessero davvero. Magari c’era la storia ma il testo era poco fruibile (impaginazione impossibile, refusi…) oppure spiccavano delle pagine convincenti ma la qualità, nel complesso, era ondivaga. Altre volte c’era una “voce” ma la trama risultava debole. Così ho lascito perdere. A conti fatti stare dietro alle uscite “tradizionali” è già una impresa impossibile.

Ho sempre pensato che il self avesse un limite ontologico: la mancanza di competenze, oltre a quelle dell’autore intendo. Ché la filiera editoriale – anche se abbiamo sempre da ridire noi lettori! – quando c’è (e lavora bene) fa davvero la differenza.

Ecco che durante BookCity mi sono imbattuta in un progetto di selfpublishing sui generis. Uno di quelli in cui l’autore ha già pubblicato ma sceglie comunque questa strada e lo fa avvalendosi della competenza di diversi professionisti. Parlo di Cristiana dalla Zonca, giornalista, si occupa della comunicazione per una azienda digitale, vive a Trieste e nel 2010 ha pubblicato con Giunti Amore chiama amore risponde. Ha insomma seguito la classica trafila: ha inviato il romanzo – seguendo il consiglio di Susanna Tamaro che lo aveva ritenuto molto buono e particolarmente adatto per Giunti – e con tempi molto ristretti il testo è arrivato in libreria. Ed è andato bene anche in versione digitale.

«Mi solleticava l’idea di testare di più il formato di digitale, che a mio avviso avvicina di più il lettore al libro: lo considero più versatile e pratico rispetto al cartaceo.» Ed ecco che poi è arrivata una nuova storia da raccontare: «A tempo di donna è nato da una esperienza emotiva molto forte perché l’ho scritto durante la malattia del mio papà. E ho avvertito il bisogno di trasmetterlo subito. Volevo che il messaggio venisse veicolato in quel momento e non si piegasse alle naturali tempistiche di una casa editrice». La storia ci racconta le vicende di quattro donne, diversissime per età e storia, in quel di Trieste. Ma il vero protagonista è il tempo che alle volte sfugge e altre pare non scorrere mai e solo in certe (e rare) occasioni ha lo stesso passo della vita.

Cristiana però non ha fatto da sola. Ha chiesto prima di tutto la collaborazione della Claudia Ronchi Communications, un ufficio stampa, e Davide Moroni si è occupato dell’editing «Chi scrive non può vedere certe cose del suo testo, è necessario un vaglio esterno e ci tenevo particolarmente che fosse un uomo a revisionare il testo, volevo un punto di vista maschile forse più obiettivo visto che il romanzo parla di donne. Il gruppo è prezioso, perché ti dà la possibilità di avere un testo di qualità e quindi di emergere in un mare tanto vasto.»

Il team è andato oltre: hanno ideato infatti una campagna molto particolare per sondare la risposta della rete: «Ovvio che ci deve essere il libro, il contenuto. Ma a mio avviso si deve anche solleticare il lettore dandogli forse qualcosa di più. E comunicare significa sperimentare. Quindi non solo pubblichiamo in ebook ma facciamo una campagna digitale particolare».

E quindi? «Abbiamo fatto in modo che i personaggi vivano davvero in rete e sui social. Perciò un personaggio è contattabile su WhatsApp, ha la sua musica su Spotify, le sue playlist, un’altra è su Facebook legge e risponde alle mail, un’altra Twitter… tutte convergono sul sito internet, tranne una, la malata terminale, ma per sapere il perché dovrete leggere il libro».

Qualcosa mi dice che questo tipo di comunicazione diventerà la norma… Se avete voglia di sperimentarla fatevi un giro sul sito: troverete anche delle pillole del libro oppure mandate una mail all’autrice. E se vi interessano i personaggi del libro, potete mandare un messaggio ad Anna, la teenager del gruppo, il suo numero è 327.0431614, ascoltare le canzoni con le quali si è innamorata su Spotify o mandare una mail a Maria Rosa, che nel romanzo è una carcerata. Sara, la trentenne incinta, avrà un profilo Instagram per postare foto. E ovviamente potrete leggere il libro, disponibile in tutti gli store.

E se volete ascoltare l’intervista, cliccate play!

E se sei un autore e hai scelto il Self Publishing, dai un’occhiata anche qui.

Articoli suggeriti

10 Comments

  • Sta roba è una figata pazzesca anche per una capra socialmente ferma al paleozoico come me! Bravissimi tutti!

    • Guarda ero straconvinta che ti sarebbe piaciuto!

      • Non oso immaginare l’epocale sbattimento che ci sia dietro un’idea del genere, tra l’altro.

        • Direi un gran concerto con un gran lavoro dietro e pure davanti, ché la parte difficile a mio avviso arriva adesso: gestire il tutto. E comunicare in modo continuativo. Sono curiosa di vedere che cosa accadrà.

  • Mo’ non ti vorrei smontare il fomento per aver trovato un self publisher “degno” ma uno/a che è giornalista e ha già pubblicato con una casa editrice grossa, grazie al caspio che è in grado di autopubblicare un libro di questo nome. 🙂

    • Ma non smonti il fomento (ah, che bella parola 🙂 )! A me piace il progetto di comunicazione, l’approccio. Della serie si può fare “da soli” ma sul serio. Ché da soli, significa senza l’editore non senza serietà.
      E poi sì, concordo con te. Il libro lo sto leggendo e si vede che l’autrice è una giornalista e ha già pubblicato. E mi ha offerto l’occasione di spiegare perché non riesco a parlare di self. Non è chiusura è che se consiglio un libro ci tengo sia degno di questo nome.

      • E mi ha offerto l’occasione di spiegare perché non riesco a parlare di self

        Eh, è proprio questo il punto: il selfista medio non solo non scrive niente di assimilabile ad un libro “vero”, ma figuriamoci se si fa venire in mente un progetto multimediale di contorno (e, nel caso, figuriamoci se investe in un ufficio stampa per farlo sapere a tutti).
        Io sostengo – e i fatti mi danno ragione – che il self è una buona scelta se hai già una platea a cui indirizzarti. Se sei un vip, un blogger, un giornalista, un autore affermato, insomma un qualcuno che ha delle persone interessate a leggere quello che scrivi, beh, hai già dei potenziali acquirenti a cui rivolgerti. Perchè il nocciolo è tutto lì: se non hai chi compra il tuo libro, il self è perdente.

        • Eh, niente, stasera non riesco a litigare con te manco un po’. Sono d’accordo porca miseria! 😉
          Il self è perdente per colpa della qualità che latita. Se si potesse “pescare” nel calderone pervasi da spirito d’avventura non sarebbe male. Uno lo farebbe pure. Ma abboccano certe sòle.

          • Per pescare lì in mezzo devi chiamarti Mario Borghi e avere uno stomaco di ferro. Tu ce l’hai? Io no :p

          • No, no, no. Ripeto ci ho provato ma ho mollato il colpo.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *