Editoria è chi l’editoria la fa (e si lamenta poco)

Editoria è chi l’editoria la fa (e si lamenta poco)

In editoria ci si lamenta spesso, però di rado si passa dal lamento all’azione. Di solito cala il silenzio che è, come direbbe Josh Billings, “uno degli argomenti più difficili da contestare”.

Editoria delle meraviglie! Editori che chiudono strozzati dai debiti e lasciano dietro di sé una scia di fatture non pagate lunga quanto la Recherche (poi riaprono con un altro nome o, date le competenze, vanno a fare i consulenti).

Autori che non trovano case editrici disposte a pubblicarli, a meno di non proporre progetti sicuri, magari sponsorizzati. Autori che credevano di aver trovato l’editore ma poi il libro non esce una, due, tre volte… si sa, il mercato editoriale è volubile.

Agenti che non incassano le royalty e diventano agenzie di recupero crediti. Agenti che vedono contratti firmati “saltare” perché la parola non vale più e pure la firma ha i suoi problemi. Traduttori che se lavorano, non vengono pagati o non lavorano proprio, perché sostituiti da chi chiede meno (meglio se chiede nulla).

Redattori retribuiti a suon di briciole che revisionano, editano, correggono bozze… cioè fanno i libri, da soli (e se sbagliano, è tutta colpa loro). Uffici stampa che si travestono da traduttori, domestici, autori, ghostwriter ma di rado si trasformano in uffici stampa pagati.

Colpa della crisi? Può darsi. Ci sono però delle faccende che non capisco, voi magari sì, perciò vi chiedo se è  normale quanto segue.

L’editore lo faccio per passione!

Non vi siete un tantino seccati di questa solfa? Non vorreste sentirvi dire: lavoro in editoria e l’editore lo faccio per guadagnare un mucchio di soldi ché sono bravo di brutto!? Con ’sta boiata de “lo faccio per passione” fare bene sembra un accidente non l’obiettivo. Così certi appassionati (tra una intervista e una ospitata in tv) occupano spazio e rubano ossigeno, consolidando l’idea che quella editoriale sia una impresa a perdere ché la gente non legge e bla bla… Mai pensato che alcuni non sappiano fare gli imprenditori e basta?

La correttezza paga

In rete da qualche mese gira una campagna a tutela dell’editoria di qualità: #lacorrettezzapaga. Dopo le segnalazioni pubbliche di alcuni operatori del settore, alcuni blogger hanno deciso di non recensire titoli di case editrici che, è risaputo, non pagano i propri collaboratori. Presa di posizione scomoda, certo, e imperfetta ché a farne le spese sono gli autori (spesso inconsapevoli). Ma l’obiettivo era costituire una massa critica tale da sfavorire certi comportamenti. Il giorno prima tutti a lamentarsi e quello dopo? Dove siete finiti?

Il lavoro va pagato

Sì, dico a voi, voi che fate assistenza sociale a soggetti tanto deviati da essere certi di a.) essere indispensabili b.) fare cultura in Italia. Personaggi buffi che fanno gli alternativi ma quando c’è da pagare scivolano nel cliché e “sai la crisi mi strozza”. Perché non li strangolate voi? Perché non li mollate con la cultura a terra? Scappate, lasciateli lì a trivellare con metodo il fondo del barile. Migrate in un settore dove pensate di meritare una retribuzione. E, quando sarete svaniti, gli appassionati sfruttatori dovranno cannibalizzarsi tra loro in un tripudio di parassitismo incrociato!

Pubblicare ma non a tutti i costi (i tuoi)

E tu che scrivi bene, che hai storie valide, sì tu, ma proprio con quell’editore appassionato dovevi pubblicare? Hai finto il nulla quando ti hanno affiancato un editor delle medie che lavorava con il wifi di McDonald’s – ché l’editore all’avanguardia cambia sede come Lady Gaga pettinatura – e pure quando il poveretto è stato licenziato e il suo pc venduto su eBay per pagare la bolletta della luce, tu grandi sorrisi e presentazioni impegnate. Tu che elargisci tirate etiche in difesa del Toporagno di Sumatra, adesso che l’editore sta per farsi ingoiare dal Nulla di Fantasia (e lo sai) senza pagarti le royalty (e lo sai!) non hai argomenti a parte le “tue ragioni”, cioè il bisogno patologico di finire sullo scaffale?

Il Centro per il libro fantasma

Editori, librai, autori, editoria tutta! Voi lo sapete che c’è un centro per il libro e la lettura, il Cepell, che dovrebbe portare a zonzo le storie e farle conoscere? Non lo sapevate? E come mai se è lì per aiutarvi? Scrivetegli, intasategli il centralino, usatelo, fategli domande, accertatevi che sia vivo e non il frutto di una scia chimica allucinogena!

Risposte invisibili

Vi è piaciuta la risposta del Premio Calvino? No? Non ve la siete persa, tranquilli, non è mai arrivata. Altro che le mezze stagioni, non ci son più le frasi fatte di una volta: domandare è illecito e rispondere è scortesia. (Magari dovrei chiedere lumi alla polizia postale, dicono sia piuttosto informata.) E a voi che avete partecipato, a voi che faticate perché il Premio sia serio e di qualità, a voi che fate gli agenti, gli editor, gli autori sta bene così? Ma che davero davero?

Io sono ottimista, si sa, ma stavolta per adocchiare un orizzonte roseo tocca sganciarsi dal sistema solare. Sotto due soli, chissà, tutto apparirebbe meno cupo…

Però non è la crisi, signori: l’editoria è fatta da chi ci lavora. E a voi garba così, è evidente. Quindi tenetevela e parlatene bene, benissimo! Ché è roba vostra! Se no al prossimo lamento, al prossimo borboglio, imbraccio la penna e sparo.

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