Tutta la verità sulle schede di valutazione (a modo mio)

Tutta la verità sulle schede di valutazione (a modo mio)

Cosa sono le schede di valutazione? Cosa significa leggere e valutare dattiloscritti? Vi racconto la mia.

Colpevole, vostro onore. Sono una editor e nella mia agenzia leggo e valuto dattiloscritti di autori a me ignoti e cerco storie e libri che valgano la spesa del lettore, quindi la pubblicazione.

Con cosa ho a che fare? Personaggi ridicoli, folli, inconsistenti; storie strampalate, zoppe, trame interessanti ma sulle quali ci sarebbe da lavorare scritte con un italiano sghembo. Voci cristalline dal potenziale evidente e idee che ti inchiodano alla pagina. Gli ultimi due casi sono rari, ma sono quelli che ti spingono a fare il tuo lavoro e sono una motivazione sufficiente.

Cosa significa valutare un testo e scrivere una scheda?

Come funziona? Ricevo un testo da un agente o da un editore o è lo stesso autore a mandarmelo. Il testo è accompagnato sempre (li pretendo) da una breve biografia e da una sinossi (il riassunto, puntuale e senza omissioni, della storia, cioè dei fatti in ordine cronologico).

La sinossi è, in effetti, una rogna: se non sai riassumere la tua storia, la tua storia potrebbe avere dei problemi. Ma alle volte c’entrano la paura, l’ansia da prestazione e la mancanza di abitudine (abituarsi a riassumere le storie lette è preziosissimo!).

Guai a scrivere che la propria storia non si può riassumere o che pretendete che l’interlocutore legga tutto. La sinossi non è una scorciatoia per non leggere il testo ma è essa stessa uno strumento di valutazione: ci dice come l’autore vede il proprio lavoro e come voleva raccontare la propria storia, evidenzia lacune e criticità, chiarisce passaggi lacunosi o nebulosi.

Una buona bio? Tre righe per dire chi siete, punto e per inserire tutte le informazioni che c’entrano con i libri, l’editoria e il vostro percorso finora. Occhio: una bio spocchiosa o saccente è pericolosa. Se qualcuno ti sta simpaticissimo sulla carta non ti aiuta a essere obiettivo quando devi giudicarlo.

Di solito, in agenzia, facciamo una analisi preliminare. E la prima valutazione (gratuita) tocca sempre a me. Leggo la sinossi e la bio, apro il file del dattiloscritto e leggo un po’ di cartelle. E decido se proseguire o no (di solito gli autori cercano un editore, inutile far pagare loro per una scheda se è lampante che è il testo è pieno di guai) a meno che l’autore voglia proprio una valutazione (autori già rifiutati o in stallo).

Sei sicuro che il tuo dattiloscritto sia ben impaginato e leggibile?

Dopo averlo aperto, fisso il dattiloscritto per un nanosecondo e nel 70 per cento dei casi lo impagino a modo mio, che è solo un modo più fruibile e semplice. Ho ricevuto di tutto, ormai non faccio un plissé. Il meglio è stato un saggio, carattere Vivaldi, su finta pergamena invecchiata.

Leggo. E mentre lo faccio mi segno alcune cose nel testo perché, insieme con la scheda, all’autore mando il file rimpaginato con le segnalazioni (vedere aiuta a capire). Leggo e mi segno i problemi di scrittura: vocativi mancanti, “d” eufoniche, accenti ballerini, “h” che latitano, frasi fatte o ingarbugliate, le ripetizioni, la prosa pomposa, quella banale. Poi, arrivata alla fine, stacco. E ci ragiono su.

Nel frattempo incontro l’autore, in agenzia e al telefono, e gli anticipo ciò che troverà nella scheda. nel frattempo lo conosco, gli faccio delle domande, capisco meglio di ciò che ha bisogno. Perché la scheda deve servire per migliorare, non è un voto!

Quando mi pare di avere la faccenda chiara in testa, ultimo la scheda. Ecco perché alle volte arrivo in ritardo. Non sempre mi pare di avere tutti i problemi a fuoco, così aspetto. così come succede di aver bisogno di tempo per individuare i suggerimenti più efficaci.

Inutile dire che se il testo è pieno di problemi, ci sono parecchie cose da dire. Un testo buono, al contrario, richiede occhi molto attenti. C’è sempre qualcosa su cui lavorare e l’entusiasmo è un pessimo consigliere. Soprattutto oggi che gli editori cercano testi “pronti”. Dieci, dodici anni fa bastavano una buona penna o una buona idea, e in casa editrice erano felici di lavorare sul testo. Oggi se qualcosa non va, sono dolori: i “no” piovono di continuo, meglio non fornire facili appigli.

Quando l’editor viene valutato

Quando si preme “invio” (in realtà io uso We Transfer per tracciare le “spedizioni”) e mandi una scheda di valutazione (soprattutto se sono autori che non ho incontrato, succede se arrivano da alcuni agenti e da alcuni editori) è come a essere valutata fossi io. Eccolo il contrappasso dell’editor, subisce quel che fa.

Come reagiscono gli autori? Dipende dagli autori, ovvio! Ecco alcune delle reazioni.

Autore interessante, storia collocabile

Oltre ai complimenti, fai qualche piccola obiezione e/o critica ché ogni storia è perfettibile, ma nel complesso applaudi. Tutti felici. Mai avuto rimostranze per una scheda positiva in dieci anni e più di carriera.

Postilla: non sapete il dolore, quando questi testi non trovano “casa”. E sì, succede.

Autore interessante ma testo di difficile collocazione

Genere improbabile o molto poco richiesto sul suolo italico (fantascienza, fantasy classico, commedia grottesca); genere accettabile ma gli agenti con cui collabori hanno pacchi di storie simili in attesa di collocazione e vale il triste “chi prima arriva meglio alloggia”; protagonista/i della storia odioso/i (quelli antipatici da noi non vanno, signori, o comunque mettono ansia agli editori e quindi pure agli agenti), il tema è particolarmente indigesto (il gioco d’azzardo è una dipendenza che non garba, fanno eccezione gli ex vip afflitti dal suddetto); genere interessante ma mal collocato (un thriller ad Aulla non si può fare, scegliete una città europea o internazionale, scegliete una metropoli anche se non esiste, oppure non scegliete il thriller). Autore soddisfatto per gli elogi ma incattivito contro l’editoria e la sua cecità, l’appiattimento generale, i non lettori eccetera… gli editori non amano collaborare con chi è sul piede di guerra.

Mai discusso con questi autori. Nella maggior parte dei casi sanno bene qual è il problema. Alle volte siamo anche riusciti a selezionare le  idee fino a trovare un buon compromesso tra “ciò che voglio e mi piace raccontare” e “collocabilità del testo”.

Autore interessante ma storia con gravi(ssimi) problemi

Per esempio una trama sfilacciata, personaggi verbosi, pagine e pagine non necessarie, elucubrazioni, elementi autobiografici, dialoghi macchinosi… qui la faccenda si complica.

C’è l’autore che accoglie le critiche e ti ringrazia e mentre lo sta facendo si mette al lavoro (questo pubblica, garantito!)  ma nella maggior parte dei casi l’iter è il seguente.

  • Autore legge la scheda e ringrazia.
  • Rilegge la scheda e si irrita, no non per le critiche, per le lacune/errori/mancanze evidenti della tua scheda.
  • Scrive a te/all’agente/all’editore facendo rimostranze per gli errori presenti nella scheda.
  • Editor contatta autore per cercare di colmare le lacune, essere più chiaro e magari pure utile.
  • Autore si offende ulteriormente e manifesta disappunto per l’idiozia dell’editor, la sua incapacità e la grave incompetenza dell’agente/editore che si avvale di un demente di editor (rifiutando così un testo di indubbia qualità).
  • Segue mail conclusiva in cui si chiarisce all’agente (incompetente) e all’editor (demente) che il servizio di valutazione è gravemente mancante (= una merda), la scheda è arrivata in ritardo e non è scritta bene (segue elenco di lacune stilistico-espressive) e se Tizio, Caio e Sempronio pubblicano non vede perché lui no, lui che ha scritto dieci libri, dieci!

Agli inizi, affranta per il disappunto dell’autore (e ferita nell’ego, ovvio), tentavo l’impossibile: risolvere con spiegazioni, approfondimenti, telefonate e mail.

Oggi passo al piano B: incasso e annuisco mentre ripeto ad altra voce “sono una merda e ti ho scartato, sì, ma se avessi comprato la tua storia in libreria, da lettrice avrei chiesto i danni”.

Questi autori, spesso, poi ti riscrivono piccati, dicendo che hanno pubblicato. E nel 99 per cento dei casi l’editore è un Eap (un editore a pagamento).

Autore con storia illeggibile

Di solito è davvero poco preparato: non ha frequentato corsi, né letto manuali e alle volte è anche un lettore ondivago. Ciò che gli dici è accolto a mo’ di rivelazione. Dopo aver letto la scheda, ti ringrazia per la tua schiettezza.

Mai avuto problemi con queste persone che (grazie al cielo) non pubblicano ma, spesso, diventano dei lettori molto molto attenti.

Anche gli editor sbagliano? Certo che sì!

Ho commesso degli errori? Eccome! In generale, direi che sono stata troppo ottimista. Un personaggio forte, una trovata narrativa degna di nota mi son bastati per interessarmi a una storia e pure entusiasmarmi un po’ (troppo). Grazie al cielo ci sono gli agenti, pragmatici, a ricordarmi che collocare un testo è una impresa.

E poi ci sono stati i refusi – scappano anche agli editor – il ritardo nelle consegne, il pezzo della vecchia scheda che rimane in quella nuova… in una decade temo di aver fatto di tutto un po’. Ogni volta che scrivo una riga, però, ci penso e mi angoscio. Ogni volta che casso una storia o faccio una critica, ci penso e mi angoscio.

E sia chiaro: nessun editor sano di mente rifiuta un testo buono o che ritiene buono, e nessun agente sano di mente, lascia che i suoi editor rifiutino i testi buoni. Cui prodest? Un romanzo che funziona è raro, signori! Cioè, io sarei così cretina da dirti che il tuo romanzo fa schifo perché Saturno è in trigono con Plutone?!

Può succedere che un editor sbagli? Ovvio. Che non colga le potenzialità di una storia? Ovvio. Che prenda una cantonata bestiale? Ovvio. C’è qualcuno che ha pronunciato la sventurata frase “maddai a chi fregherebbe leggere la storia di un maghetto?!” e ha rifiutato Harry Potter (e adesso conta granelli per le clessidre). Succede di sbagliare anche se, finora, nella mia lista di autori scartati, quelli che hanno avuto grande successo sono stati: nessuno.

Un fiume di dattiloscritti

Il punto è: avete idea di quanti dattiloscritti si devono leggere per trovare un autore per cui valga la pena lottare? Sì, lottare, perché una storia buona e ben scritta, spesso, viene comunque rifiutata. “Carina ma non mi ha stregato… bella, ma in che collana la metto?! Ho appena pubblicato un romanzo che tratta lo stesso tema, mi spiace” questo succede quando, sulla carta, tutto pare essere favorevole. Figuratevi quando non è così!

Quindi, quando in una scheda* leggete una critica, avete due opzioni: aggrapparvi a tutto per screditare il critico e quindi disinnescare il suo giudizio negativo (se un pirla dice che non valgo, il problema è del pirla mica mio) oppure prendere quella critica negativa e trasformarla in un’arma di miglioramento di massa (e la massa è la storia che avete scritto). Una critica è un consiglio, non un problema. Il problema c’è se non sei capace di usarlo quel consiglio.

*Una scheda non deve mai essere inutile, né oscura. Quindi, quando non capite, quando avete dei dubbi, parlatene sempre con chi l’ha redatta. Una scheda fatta al 90 per cento da una sinossi, non è una scheda è una furberia. Una scheda che contiene indicazioni generiche è una fregatura? Dipende. Spesso l’autore ha lacune piuttosto marcate e tocca partire dall’ABC per cercare di essere utili. In generale: badate a cosa vi offrono, prima. Se avete pagato per un giudizio sintetico, non potete lamentarvi se mancano indicazioni precise. Una scheda inadeguata può essere riscritta, discutetene ma badate sempre che a parlare sia la buona fede e non la vostra arrabbiatura per il rifiuto.

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27 Comments

  • Perché gli editorS non capiscono il pathos del scrittore, ecco, tutto qui.

  • Devi essere davvero tosta per fare il tuo lavoro Chiara e questo post è davvero interessantissimo oltre che divertente.

  • Ho sempre ringraziato chi mi ha evidenziato brutture. Credo sia la cosa migliore da fare, se non altro per aver perso tempo dietro alle mie parole. Poi mettere in pratica i consigli è una faccenda separata. Perché alla fine si teme che il consiglio sia una sorta di intimazione al conformarsi agli altri. E si tende a voler fare l’opposto. Sarebbe bello capire come e quando mettere in pratica i consigli, ecco. Diciamo che in alcuni casi l’ho capito, in altri forse no.

  • Molto carino, simpatico e vero questo post. Come sono divertenti e puntuali anche le fotine che lo corredano. Ma quanto tempo impieghi per trovarle?

    • Uh, quella delle fotine è la parte che mi diverte di più! È la mia “pausa” preferita tra un lavoro e l’altro. Mi metto lì e spulcio. Alle volte trovo qualcosa di bello e anche se non è in tema lo archivio. Di solito tutto torna utile…

  • Che bello questo post Chiara! Io penso che un problema possa anche essere quello della nausea da lettura tra manoscritti e libri che leggi per piacere/per informarci sulle novità. Poi un testo brutto e scritto male deve essere una gran fatica finirlo! Sono del tipo che quando legge la scheda sta già lavorando sulle magagne, come ora. Mi sa che finisco in serata 😀 Io poi voglio dirlo, senza gli appunti di Chiara sarei stata nei guai, o meglio ero nei guai e lei mi ha tirata fuori. Ci vuole anche la volontà dell’autore che alla fine è come se nuotasse e dalla riva Chiara butta un salvagente. Se poi l’autore non è in grado di afferrarlo o si fa lusingare dalla barca dell’EAP che lo chiama seducente dicendo “ma che nuoti a fare? Ti piglio io con la rete.” sono affari suoi. Affonderà dopo.

    • Tutto sta nel bilanciare. Manoscritto ostico, ottimo libro, manoscritto rognoso, libro divertente… E son due tipi di lettura diversissimi. Un libro me lo leggo anche in un pomeriggio. Un manoscritto lo devo suddividere in una settimana, come minimo.
      E per la volontà, certo. Se manca la barca affonda. Io sono per lavorare comunque, anche quando il testo proprio non va. Rimettere a posto e concludere, significa rispettarsi e rispettare il tempo che si è investito in quel progetto. E tutta la fatica è un prezioso esercizio di scrittura che verrà valido poi. O se non lo sarà mai valido, servirà per diventare un lettore più attento. Mica poco.

  • Nel tuo incipit ti dichiari colpevole! Io ti darei l’assoluzione con formula piena, per il desiderio e la passione (e l’ironia) che fai trasparire “dalla verità” del tuo lavoro. Un manifesto di sprizzante gioia per tutti coloro che compiono lavori monotoni, brutti o che disdegnano.

    Però le 4 quattro categorie che identifichi di autore e storia fanno riflettere. Ti domandi e mo’ a quale appartengo io?

    • Sprizzante gioia mi garba assai! 😉
      Le categorie son semplificate. Diciamo che ho tirato fuori un the best of 😉

  • Opporcaputtana ( tuttattaccato alla Peppe Lanzetta, ma senza l’acca esclamativa che ‘n si sa mai ) Chiara e mo’? Io non lo sapevo proprio che il tema del gioco d’azzardo fosse inviso agli editori. Certo avrei dovuto capirlo che, se dopo Goldoni e Dostoevskij l’unico altro “Giocatore” era quello di Baldini, qualcosa sotto ci doveva essere.
    Eh sì che me l’han letto in due case editrici del “primo cerchio” e ho pure la scheda tecnica del nostro amico muto (il Premio Calvino ) che lo ha segnalato. Solo a Pisa era piaciuto e l’avrebbero pure pubblicato, ma l’ 1% su un ebook mi sembrava come puntare su Delfo campione del mondo, una certezza, ma ingiocabile.
    Amen, mi butterò sul sesso.

    • Urca, mi è partita un’H a nemesi…

    • Caro Hector, e manco io lo sapevo (finché non è accaduto) ma potrei farne altri di sventurati esempi. Il sesso. però, come puoi ben vedere dagli scaffali delle librerie tira sempre 😉

  • Molto molto utile. Grazie!

  • Apprezzo il tuo sistema che prevede la lettura della sinossi solo alla fine della valutazione. Scrivere la sinossi è difficile, ma soprattutto è difficile riuscire a infilarci dentro un briciolo del fascino della storia (sperando che ne abbia).

    • La sinossi è difficilissima! Lo so. Ma se si hanno tanti tanti problemi a scriverla, spesso, problematica è la storia. Comunque è molto utile. La storia nuda (senza belletto insomma) si valuta meglio. Un autore dovrebbe partire da una frase (l’idea) fare uno schema e poi la sinossi. E, dopo, scrivere. Buttare 50 cartelle è diverso dal cancellare 5 righe. Ciao, Grazia!

      • A rendere difficile scrivere la sinossi è la pretesa di renderla una quarta di copertina, mi sa…

  • Mi ero perso questa splendida lezione. Chapeau!

  • E che lavoro meraviglioso che fai!… Imbattersi in “un saggio, carattere Vivaldi, su finta pergamena invecchiata” dev’essere un’esperienza strepitosa. Da invidia! 😀

  • Articolo interessante, istruttivo, da leggere e rileggere. Mi piace molto il tuo metodo di lavoro… Il che significa che ti manderò qualcosa di mio solo in stato di ebbrezza e in preda ad un violento attacco di coraggio leonino. Una tua stroncatura mi farebbe passare definitivamente e totalmente all’uncinetto.

    • Serena! Maddai, no 😉 L’idea non è proprio quella di stroncare ma di lavorare con e sulle parole. Per dire: gli autori che più mi danno soddisfazioni hanno anche buttato dei libri. Storie che no, proprio non andavano. E adesso pubblicano eccome! Insomma, tocca combattere il cliché dell’autore infervorato che butta giù un capolavoro. Come dicono i secchioni “scrivere significa riscrivere”. Bacio, Serena! (e mentre lo scrivo penso all’hashtag #Serenastaiserena ahahahahaha!)

      • XDDDD Bellissimo! #Serenastaiserena

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